“Ma a chi vuò fa scapezzà”, fu la risposta che Donato Zottoli, il fante altavillese che aveva fatto la prima guerra mondiale nella stessa trincea del futuro Duce, diede proprio a Mussolini quando quest’ultimo lo volle incontrare a palazzo Venezia per ringraziarlo, con il regalo di una motocicletta, non solo delle nottate passate a tenere la candela accesa a quel caporale che scriveva tanto ma anche della volta che gli salvò la vita. E’ una delle tante storie de “Sulla Piana del Sele non splendeva mai il sole”, l’ultima fatica editoriale di Rosario Messone, 61enne ingegnere e già docente nelle scuole superiori. Lo pubblicano le edizioni Palladio di Franco Di Matteo. Si tratta di una trentina di storie tutte, o quasi, ambientate ad Altavilla, e tutte in bilico fra storia e fiction. “Ho voluto tutelare la privacy di molti. Per questo molti nomi li ho cambiati”, racconta l’ingegnere – scrittore, che è sempre al centro della narrazione, perché in quelle storie ci è capitato di straforo o se le ha fatte raccontare direttamente dai protagonisti. “Ti ricordi quando…”, “Ma come finì la storia di…”, ci capita ancora spesso di interrogarci su memorabili fatti paesani, per la verità sempre poco edificanti. Il merito del libro di Rosario Messone è di riportare alla memoria una “Spoon River” paesana che ha dei capitoli che non sempre è il caso di seppellire nell’oblio. Messone si muove a suo agio, soprattutto nelle storie che partono dagli anni Cinquanta e s’infrangono su di un Sessantotto, che da noi si fece attendere ma che ha trasformato nel profondo le mentalità ed i modi di fare. A grandi passi si viaggiava verso la modernizzazione e fa sorridere e pensare la ricostruzione di un’assemblea in una casa privata, con l’intervento di Giuseppina Gonnella, più nota come la santona di Serradarce. E’ lo stesso autore del libro, già studentello attento e scettico, ad accorgersi dell’ingannevole messinscena che era stata messa in piedi ai danni di un gruppo di contadini di Olivella, riuniti per ascoltare la parola di quel “Sant’Alberto” che parlava per bocca della donna. Molto suggestiva è anche la ricostruzione di un fatto avvenuto alla fine degli anni Ottanta all’interno del convento di San Francesco dove, la sera del 13 giugno, la giornata più sacra da queste parti, sparirono i soldi – almeno venti milioni delle lire di allora – che la gente, extra questua, dona a S. Antonio. E’ un vero giallo “a camera chiusa”, risolto brillantemente dal maresciallo dei carabinieri allora in carica: Vincenzo Santaniello. Oreste Mottola [email protected]
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