di osni
L’evento del 6 novembre scorso, consumatosi nella sala Mucciolo della sede centrale della BCC di via Magna Graecia è stato di quelli per gusti prelibati, giammai sofisticati o elitari. La performance del prof. Paolo Apolito, docente all’Università di Roma e antropologo dal carattere graziosamente affabile, ha riservato al privilegiato uditorio momenti di narrazione di rara emotività e lampi di apprendimento di gradevole assimilazione.
Il saggio dal titolo “Ritmi di festa”, edito da Il Mulino, è stato presentato dal suo autore nella maniera meno informale e accademica, argomentando con lo stile del racconto elegante sulla natura dell’uomo, contemplato in diversi momenti storici e nella molteplicità delle circostanze sociali più diverse. Apolito, fine dicitore, nel suo preambolo, rivela di aver eseguito l’interpretazione nei posti più impensabili ed impossibili, perfino in una chiesa, in un appartamento privato e all’interno di un pullman sulla linea Roma-Salerno. Mai avrebbe creduto, però, di dover esibirsi in una banca, evidentemente considerato un luogo distante finanche dalla possibilità più remota di potervi accedere in veste di narratore. E resta piacevolmente sorpreso quando, dall’introduzione del direttore della BCC, Giancarlo Manzi, apprende che questi, anni addietro, ha sostenuto l’esame di Antropologia Culturale presso la sua cattedra. Sarà per questo che egli ha sfoggiato un’esecuzione ispiratissima, armonizzandosi con gli stessi ritmi di una scrittura da tramutare in partitura, un vezzo ed un segreto di chi delle parole scritte è abituato ad ascoltare il suono e gli accordi fonetici. Un bravo scrittore, in fondo, è uno che scrive fuori dallo spartito, ad orecchio, naturalmente. E Apolito lo è. Non sempre gli uomini di cultura lo sono e non necessariamente sanno comunicare quel che custodiscono. Ma, il nostro gentile saggista lo fa in maniera eccellente, tant’è che alla fine del suo impegno in tanti gli manifestano il proprio entusiasmo. C’è, addirittura, chi lo abbraccia, manifestandogli calorosamente un apprezzamento che sa di spontanea gratitudine per una serata trascorsa all’insegna del racconto puro e ricercato insieme.
Il docente universitario, infatti, ha il grande merito di far intendere dovunque e a chiunque concetti di natura meramente antropologici, senza affatto svilirli di contenuto e di significato scientifico. Così, senza essere un addetto ai lavori o uno studente universitario, si rende possibile, attraverso il parlato intimistico di chi racconta ad arte storie intrecciate, avere percezioni rivelatrici e gioire di concetti che nobilitano l’esistenza stessa dell’umanità, intenta a contornare di musicalità le azioni della quotidianità.