L’analisi che il profeta Geremia fa del fallimento ai suoi tempi del ceto dirigente d’Israele, che ha determinato la deportazione del popolo a Babilonia come schiavo e, di conseguenza la distruzione di un regno, trova molte rispondenze con la situazione attuale. Infatti, in una situazione come l’attuale un ceto dirigente molto litigioso e sostanzialmente inconcludente non prometto molto di buono. Se poi si considera la dirigenza locale ad emergere può essere solo un caritatevole silenzio di fronte al nulla che avanza.
Dopo aver fatto esperienza di tante discutibili guide, che ci hanno fatto precipitare in una condizione di vuoto riempito solo da un convulso consumismo, continuiamo a chiederci: dove andare?
La liturgia della Parola di questa domenica, nel riconoscere che Dio rimane fedele all’Alleanza e, di conseguenza, nell’invitare a non perdere la fiducia, ricorda di consolidare la propria speranza nell’azione del Messia. È la missione di Gesù, impegnato a istruire per indicare la meta dove dirigersi, che coinvolge anche noi. Solo Cristo rivela vera passione per l’uomo. Egli è la nostra pace perché invita a superare le divisioni dell’umanità. La rivoluzione di Cristo rimpiazza la volontà di dominio col messaggio di redenzione affidato ai discepoli. Senza cibo nella bisaccia o denaro nella cintura, sono pronti ad andare per il mondo per testimoniare la loro fede fondata sulla fiducia in Dio.
Nel passo evangelico letto questa domenica vengono descritte due situazioni: la stanchezza dei discepoli e lo smarrimento della folla. Gesù manifesta la propria sollecitudine per i primi e non si sottrae alla missione di consolare gli altri. Così esercita il magistero e i suoi, osservando, imparano come è fatto il cuore di Dio perché Cristo insegna prima ancora che con le parole, con l’empatico sguardo, tenero e compassionevole.
L’evangelista Marco descrive un’altra caratteristica del delicato animo di Gesù. Egli invita gli apostoli, di ritorno dalla missione stanchi ma entusiasti per i risultati ottenuti, a rimanere un po’ in disparte con Lui per riposarsi e radicare ancor più il senso di comunità, gesto di grande sensibilità che oggi andrebbe reiterato con maggiore frequenza per consolidare, ad esempio, nel presbiterio il legame tra vescovo e sacerdoti. Infatti, se si pone al centro di una comunità il Signore, il senso di unità si percepisce più corroborante e coinvolgente.
Gesù, nostro amico, invita in disparte a riposare in sua compagnia e così sentire la provvida presenza di Dio che riempie il cuore. È il perfetto proposito per vivere serene vacanze, auspicio per un viaggio di riposo e sperimentare piacevoli convivenze. Gesù fornisce l’esempio ed organizza momenti di pausa, necessari per far riposare lo spirito e consolidare mente e cuore. Egli sa scorgere, oltre le apparenze, il senso di stanchezza e di smarrimento, la mancanza di un approdo sicuro, perciò rassicura, incoraggia a scegliere sempre il bene, nonostante le delusioni e la mancanza di un premio immediato per le fatiche sostenute.
Il mondo potrà continuare a sperare finché c’è chi si commuove per l’uomo. Gesù mostra tenerezza di madre nei confronti dei discepoli, coglie la stanchezza nei loro occhi. Non considera prioritario assicurarsi circa i risultati positivi della missione perché per lui viene prima la persona e la salute del cuore, frutto di una sua partecipe compassione.
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