Nel passo odierno del Vangelo Gesù, parlando ai suoi discepoli, annuncia il suo destino, la sua passione e la sua morte. Sono parole davvero dure, intrise di sofferenza e dolore che Pietro non accetta. E’ stato appena messo a capo della Chiesa, vuole fermare l’attimo, rimanere in quel momento di speranza vittoriosa.
Ama il suo Maestro, non vuole vederLo soffrire e, conservando un pensiero prettamente umano, si oppone quasi con rimprovero alle affermazioni del Signore. Di fronte alle prospettive di vita indicate da Gesù rivela tutta la sua fragilità. Per questo viene severamente ammonito.
Gesù, poi, descrive la figura del vero discepolo dicendo, in particolare, che chi vuole salvare le sicurezze raggiunte non solo non le proteggerà ma le perderà.
Ci invita a seguirLo. Non è certo un obbligo ma un atto di libertà. Chi vuole seguirLo deve innanzitutto cambiare mentalità. Come fare? La risposta del Vangelo è chiara: rinnegare se stessi, prendere la croce, perdere per trovare.
Condizioni che potrebbero essere interpretate in modo sbagliato. Infatti rinnegare non significa annullare, appiattire; semplicemente smettere di pensare solo a noi stessi, vivere riconoscendo e valorizzando ciò che è bene e non tendere alla ricerca della ricchezza, del piacere, del potere.
Non dobbiamo conformarci alla mentalità di questo mondo, ma rinnovare il nostro modo di pensare per poter discernere la volontà di Dio. Costruire la vita sull’impegno, sulla responsabilità dei doveri, sulla condivisione del bene con il nostro prossimo, scegliendo di non rispondere alla violenza e alle provocazioni. Combattere l’indifferenza verso i poveri, il razzismo, lo sfruttamento, l’egoismo.
Prendere la croce è scegliere per noi qualcosa della vita di Gesù, tenere lo sguardo su di Lui, abbracciando il suo modo di vedere le cose. In una società come la nostra che ci insegna ad essere diffidenti, a cercare di evitare ogni più piccola sofferenza, a vivere una vita estranea all’esperienza del dolore, Gesù ci chiede di accogliere la parte debole della vita che diventa per noi salvezza.
Non sempre è facile pensare e agire come farebbe Gesù. A nessuno piace il dolore e la sofferenza. Quante volte vorremmo correggere l’agire divino proprio come Pietro. Non condanniamo perciò l’apostolo. Seguiamo invece Gesù, viviamo disposti a perdere tutto, anche la vita, per incontrarLo, per trovare la vita dello spirito, la vita vera anche quando ciò comporta salire verso il Calvario.
Il modo migliore di conservare la vita non è quello di custodirla come un tesoro prezioso; la vita è come l’amore, la si conquista donandola per qualcosa per cui ne valga veramente la pena.
Condividerla perciò con i nostri fratelli rendendola preziosa a vantaggio della vita di tutti. Così non ci si priva ma ci si arricchisce. Ricordiamoci che” noi siamo ricchi soltanto di ciò che doniamo” (dal libro Sulla liturgia della Parola di L. Rossi).