Negli ultimi giorni, dopo la pubblicazione delle graduatorie del bando della “Rigenerazione urbana”, è cresciuto un forte dibattito, tra gli Enti locali e anche sui media, relativo alle “dimensioni territoriali” delle misure di investimento statali e in particolare del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza. Secondo Uncem, è il tema centrale per il Paese, per il nuovo Governo e per il nuovo Parlamento. Lo poniamo da due decenni in ogni occasione. Ci lavoriamo da sempre e in particolare, sul PNRR, dal 27 luglio 2020, data di avvio del percorso del Piano. Non vi è crescita e uscita dalle crisi (climatica, ecologica, energetica, pandemica, economiche) senza territori più uniti e più coesi. Il PNRR deve colmare non solo una sperequazione territoriale nord-sud, bensì anche, al nord, come al sud, al centro e nelle isole, una sprequazione territoriale forte tra aree urbane delle grandi Città e zone rurali, montane interne fatte di tanti piccoli Comuni. Se ne esce e “si vince” solo insieme. Le contrapposizioni non servono e abbiamo sempre parlato di un “patto” necessario che va costruito per evitare crescenti disuguaglianze, divisioni, squilibri.
Quando giovedi è stata pubblicata la graduatoria della “Rigenerazione urbana” per i Comuni con meno di 15mila abitanti e per i Comuni in forma associata, è diventato forte quanto inopportuno il tentativo di mettere sud – regioni con Comuni che prendono tutte le risorse – contro nord che prende niente, come era già successo per i grandi Comuni, quando poi, in primavera, le risorse a disposizione erano state integrate dal bilancio dello Stato. Ed era lanciato il bando per i Comuni “più piccoli”. Che è finito nello stesso modo dei “grandi”. Con l’Indice di vulnerabilità sociale e materiale preso come parametro per la graduatoria. Errore reiterato. Sapevamo che sarebbe finita come è finita giovedi, bastava leggere il bando. Eppure occorre evitare di creare, con le analisi e commenti che sbagliano il punto, ulteriori sperequazioni e disuguaglianze. A farne le spese sarebbe ed è proprio il meridione. Oltre al centro-nord che non viene finanziato. Con l’uso di indici come l’IVSM o altri parametri dati dai bilanci dei Comuni, non si premia il merito dei progetti. Si fanno graduatorie finte e distorte, che fanno male ai Sindaci e alle comunità. Finanziare così, in quel modo, non ci serve. Crea solo polemiche, genera arrabbiatura contro Stato e Ministeri, contrappone i Sindaci. La logica stessa dei bandi non aiuta a risolvere i problemi e non dà risposte alle esigenze dei territori e delle comunità.
Dobbiamo evitarlo. E la cosa più immediata da fare è annullare quel bando della “Rigenerazione urbana”, individuare parametri migliori, metodi diversi di valutazione dei progetti che sono necessari. Non servono i ricorsi di Comuni e non basta annullare la graduatoria. L’assegnazione delle risorse è da rifare in modo efficace e rispettosa dei territori, delle esigenze delle dimensioni territoriali per una vera “rigenerazione urbana” nei Comuni con meno di 15mila abitanti. Non servono al Paese le separazioni generate tra chi ha o meno risorse per investimenti. Si riscriva tutto. E si faccia più attenzione alle geografie nella piena attuazione del PNRR e nella assegnazione di altre risorse. Alle polemiche sostituiamo impegno civico per rigenerare unità nel Paese. Ripartendo dai paesi e dai loro migliori progetti.