Giacomo il minore, il familiare più vicino a Maria, rompe il silenzio nel quale era precipitato il gruppo per commentare: “Nell’impotenza sta la resa, l’abbandono e l’affidamento a colui che si dona con infinito amore. La grazia modifica l’io. La provvida potenza del Signore raggiunge ogni cuore liberandolo perché la verità infonde sicurezza. Lo ha detto Maria, che ha sperimentato questa sensazione a Cana quando, durante il banchetto nuziale, si rese conto che fiducia e obbedienza sono autentici traini per lo spirito deluso, abbattuto, incapace di risollevarsi soprattutto quando l’amore non s’impone ma si propone, quando, come è capitato alla donna samaritana incontrata da Gesù, basta farsi trovare lasciandosi guidare senza paure e senza fuggire. Per Gesù, l’incontro con le persone non fu mai un caso. Egli si è seduto sull’orlo di qualsiasi pozzo della nostra coscienza per attendere che, prima o poi, chi ha bisogno si accosti, pronto perché il miracolo si ripeta. Infatti, a illuminare la vita vissuta nell’oscurità è il dono di un amore grande e gratuito, invito a ribaltare l’esistenza, senza paura di perdere presunte certezze perché occorre sapersi guardare dentro, oltre la quotidianità. Questa è stata anche la nostra esperienza personale”.
La Maddalena, rivolgendosi a Giacomo che evoca questi episodi, aggiunge: “Lo so, costa fatica, ma non ci dobbiamo spaventare o preoccuparci se l’acqua è torbida o limpida. Importante è mettersi in discussione, cioè rimuovere acque stagnanti nell’io abbandonandoci all’amore che, come un mare in tempesta, porta a galla non solo i detriti, ma anche tesori nascosti. Come me, la samaritana ha trovato la sorgente, finalmente libera di guardare la sua vita con occhi diversi, pronta a lasciare la brocca, peso della propria esistenza con tutte le fatiche, rovesciata per terra perché disposta a riversare il suo quotidiano in Dio. Per Gesù, l’amore non è stata un’abitudine. Egli lo rinnova ogni volta che ci raggiunge e ci rende testimoni in grado di esprimere un amore riconosciuto, non cercato, non meritato, non donato, essendo partecipi di una grazia liberante che permette di sentirsi amati e di poter amare.”
“Ho notato anche”, prosegue Giacomo, “che Maria ama ricordare episodi che hanno come protagoniste, insieme al figlio, le donne. Ella ritiene che lo stile di vita di Gesù sia stato veramente il suo primo messaggio; penetrandolo, s’intuisce il segreto della sua persona. La voce del Maestro incantava le folle non solo perché, utilizzando una particolare flessione e timbro, arrivava direttamente al cuore, ma anche perché il messaggio rispondeva a quanto l’uditorio sentiva il bisogno di ascoltare. Lo aveva dimostrato in un modo tutto particolare mentre noi distribuivamo i pani ai bambini seduti sull’erba divisi secondo i gruppi di appartenenza. Lo avevano sentito mentre, con convincente dolcezza, spiegava che il pane è come l’amore vero che non finisce mai, tanto che nelle ceste che ci passavamo rimaneva sempre abbondante. Gesù continuava invitando ad avere fede perché con essa si possono smuovere le montagne, compiere le azioni più difficili, fare cose apparentemente strane perché più si ama e più amore si riesce a dare.”
“Quante volte mi hanno raccontato dei gesti amorosi di mio Figlio verso i sofferenti, fin da quella prima volta in casa di Pietro”. Riprende Maria. “Se vedeva qualcuno in lacrime accostarsi a Lui per una parola di conforto si chinava per aiutarlo; erano gesti usuali del suo agire. Quella volta conferì vigore al corpo di una persona anziana e, soprattutto, le risanò il cuore febbricitante, magia dell’amore che sa ridare gusto e sapore alla vita liberandola dal male e rischiarandola da ogni opacità. Al cospetto della sofferenza, Gesù non rimane indifferente, entra dentro la dimensione personale moltiplicando i gesti di benevolenza, amando l’altro così com’è, in tutta la sua debolezza. E’ lo stile del Padre. Quando con estrema delicatezza Gesù allunga la mano e solleva l’altro, il suo amore innalza alla primitiva dignità sanando dalla condizione di cronico malanno, sovente collegato al vuoto della solitudine interiore. Allora, tutti coloro che lo hanno incontrato con fede, risanati, rinascono grazie al suo tocco. Il miracolo sta nel fatto che tutti si rialzano elevandosi alla dignità di figli pronti a servire gli altri, riconquistata dignità che riconosce a ogni persona la capacità di affrontare la propria vita in tutti i suoi aspetti.”
“Posso ritenere, Maria, che uno dei giorni più tristi per te sia stato quando tuo figlio abbandonò casa”. Insinua Marta.
“Lasciare tutti i beni e il lavoro mi fece capire che aveva deciso d’iniziare la missione; da allora cominciai a temere per la sua vita ricordandomi delle parole di Simeone”.
Giacomo il minore riferisce: “Maria possedeva una dote speciale nell’interpretare persino i motivi più reconditi dei sospiri del figlio; col suo speciale intuito aveva la possibilità quasi di leggergli i pensieri. Consapevole che non poteva arrestare la sua missione, aveva scelto l’unica possibilità che le era rimasta: condividerne il destino, anche a costo di lancinanti dolori, come aveva sperimentato quando Gesù era andato a Nazaret per godere per l’ultima volta della quiete della casa materna e, dopo una notte insonne trascorsa a parlare e a pregare, si dovettero scambiare per l’ultima volta i saluti. In quella circostanza, essendo presente, imparai a controllare la mia impulsività riflettendo sull’intensità del rapporto madre-figlio e quanto delicato fosse l’animo di Gesù, convincimento che si rafforzò quando lo vidi piangere alla notizia della morte di Lazzaro. Le lacrime calde che vergavano il suo viso erano il segno della profonda nostalgia per una vita di amicizia con la famiglia di Betania”.
La Madre di Gesù continua a descrivere lo sguardo penetrante, comprensivo, limpido del Figlio col quale sapeva raggiunge il segreto del cuore e così farsi carico del dolore altrui. Allora niente e nessuno poteva fermarlo, sempre pronto a prendere l’iniziativa. Si trasformava in un amico speciale senza nulla chiedere, condivideva in silenzio i sentimenti di chi con gli occhi poneva domande angoscianti e attendeva risposte di speranza. A questo proposito Maria commenta l’episodio della vedova di Naim appreso dalle donne che seguivano il figlio provvedendo ai suoi bisogni.
“Gesù invitò la madre, straziata dal dolore, a non piangere; intervenne offrendosi gratuitamente senza domandarsi chi fosse o valutarne gli eventuali meriti. Nel vedere già amava, al punto da soffrire con chi si commuoveva e così la sua tenerezza diventava già salvezza. Quella mamma rispose con la mimica del volto dal quale traspariva intenso stupore; mentre col silenzio rimarcava l’impotenza dinanzi al mistero della morte. La risposta della donna in gramaglie, la quale non si aspettava che Gesù potesse mutare il lamento in danza, dimostra che soltanto l’amore riesce a sconfiggere la morte donando nuovi occhi per vedere al di là del muro freddo del nulla e orecchi per sentire la buona novella che la logica umana ritiene indicibile. Così, ritornando calda nelle braccia tremanti della madre, quella giovane vita dimostra che Gesù può indurre anche la morte a non apporre il suo definitivo sigillo nero. Questa nuova verità libera, svegliando dagli incubi di un’esistenza spezzata, rompe le catene della solitudine propria degli spiriti affranti. Gesù trasforma quella vedova donandole speranza, mentre tutti i presenti hanno appreso che non vi è fine se si condivide la fiducia dell’amore”.
Questa preziosa rivelazione circa l’animo di Gesù commuove gli ascoltatori fino alla lacrime; intanto sollecitano Maria perché continui ad evocare gli episodi più significativi della vita del Maestro.
Ella allora inizia a raccontare cosa era avvenuto nei pressi della piscina di Siloe: “I lamenti dei piagati echeggiavano sopravanzando i mormorii di stanchezza e i gemiti di disperazione. Poche preghiere non riuscivano a coprire gli effetti dell’inconsolabile sensazione di sofferenza. Tra i tanti disgraziati, a colpire il piccolo gruppo che faceva corona a Gesù fu un vecchio paralitico; il cui mucchio di ossa a stento era nascosto da stracci. Aveva il volto scavato, le rughe erano conseguenza di anni di fame e di sofferenze patite da un corpo scomposto perché malamente addossato al muro. I suoi occhi sbarrati erano il segno più evidente della stanchezza di vivere. Improvvisamente, a parole di partecipata compassione seguì una carezza che ravvivò il viso e gli fece aprire le palpebre. Quello del paralitico era diventato lo sguardo incredulo di chi stava sperimentando qualcosa di nuovo ai propri piedi. Dopo decenni, le dita si muovevano generandogli un lancinante dolore per lo stato di totale e invincibile immobilità patita in precedenza. Il suo respiro divenne agitato perché un’irrefrenabile forza lo induceva ad alzarsi. Cominciò a barcollare per la sensazione minacciosa di vertigini; temette di ricadere carponi. Afferrò la mano di Gesù, che intanto aveva allungato il braccio in segno di trepido aiuto, mentre un amichevole sorriso si stampava sul volto di mio Figlio e il vecchio comprese che ormai era stato sanato. A stento percepì il comando che gli intimava di raccogliere le sue cose e andare via. In questo tumulto di sentimenti, com’era possibile ricordare le severe prescrizioni relative al sabato?”
Così s’interrogava Maria ricordandosi dei continui contrasti con gli scribi più conservatori.
“Per quanti sabati quel paralitico aveva pregato e sperato invano di vedersi sollevato da quella misera esistenza e allontanarsi per sempre da quel luogo di dolore? Affrettò, quasi incredulo, il passo per guadagnare l’aria aperta costretto a socchiudere gli occhi per proteggerli dai raggi del sole. Era abbagliato dall’azzurro luminoso del cielo e in quel momento comprese che ormai lo attendeva una vita nuova perché gli era stata concessa un’altra opportunità”.