A Bellosguardo, venerdì 29 marzo 2019, si parla si “Resto al Sud” nell’aula consiliare del comune. Il “celebrante” e Geppino Parente, sindaco in carica accompagnato da Antonio Manzo, direttore de “la Città che modera il dibattito, Antonio Marino, direttore della Bcc di Aquara e Antonio Pandolfo della Bcc Montepruno. Al loro fianco Cristiano Campitello un giovane determinato a “restare”.
Relatore Vincenzo Durante, responsabile nazionale di Resto al Sud.
Tutto il dibattito si incentra su come convincere i giovani, una volta conclusi gli studi, a restare in paese illustrando le tante risorse messe in campo sia a fondo perduto sia a titolo di prestito senza oneri di interessi con due anni di preammortamento.
Non c’è che dire! Si tratta di un’idea che va stimolare e sostenere la volontà di chi ha voglia di mettersi in gioco nella terra dei padri. Con l’allargamento della platea dei destinatari fino alla soglia dei 46 anni l’incentivo apre anche a chi, per vari motivi, ha voglia di cambiare lavoro o ripartire dopo un licenziamento mettendo in campo l’esperienza consolidata nel tempo.
Da quanto riferito alla platea dal dott. Durante Resto al sud ha avuto un successo misurabile già in termini positivi già dal primo anno per il numero dei progetti finanziati e per quelli candidati in via di valutazione.
Si tratta di finanziamenti destinati ad attività che si caratterizzano per rispondere alla domanda nel mercato turistico e dei servizi alla persona: parrucchieri, bar, pizzerie …
Attività, per la verità, che già danno occupazione ai tanti giovani che escono dalle scuole professionali presenti sul territorio come le 5 del settore alberghiero.
Resta forte il problema della fuga dei cervelli che, completati gli studi lontano dal paese natio, trovano più facilmente impiego in altre realtà italiane o addirittura all’estero.
Allora la questione della desertificazione delle aree interne rimane poco scalfita da “Resto al Sud” come da altre che pure hanno trovato qualche riscontro in tante realtà situate a valle (come il Vallo di Diano) che sulla fascia della Costiera Cilentana.
Nelle aree interne la problematica principale, come si predica da tempo, è quella di rallentare la partenza di chi ancora resiste ad operare attivamente per fornire servizi ai meno attivi: cioè i pensionati.
A cominciare dai servizi alla persona che sarebbero appannaggio del Piano di Zona ma che sono del tutto inadeguati a garantire assistenza a domicilio ai tanti anziani che voglio concludere la loro esistenza la dove sono nati. Sto parlando di infermieri, accompagnatori per andare a fare la spesa, andare in chiesa, al cimitero, in posta, da un amicoa …
Poi ci sono i servizi destinati al mantenimento in efficienza le abitazioni: riscaldamento, impianto elettrico e telefonico, elettrodomestici, fornitura di gas, pulizia settimanale, sicurezza, smaltimento dei rifiuti …
Infine, incentivare la manutenzione straordinaria al patrimonio immobiliare abbandonato che crea scoramento a chi vive in vie poco abitate con pericoli di crolli e con erbacce che crescono dappertutto. Questo consentirebbe ai pochi artigiani del legno e del ferro, idraulici ed elettricisti, piccole imprese edili e di imbianchini di continuare ad essere operativi e, soprattutto, a restare nei borghi dove hanno messo su famiglia.
Senza trascurare un altro grande bacino di risorse umane costituito dagli operai forestali dipendenti nelle Comunità Montane del territorio. è stata la loro presenza, tante volte bistrattata, a mantenere viva la “vita2 nei borghi delle valli dell’area parco. Una loro stabilizzazione darebbe più certezze alle loro famiglie e più stimoli a restare …
Prestando attenzione a questi aspetti sarebbe più semplice attrarre uomini e donne che, dopo aver vissuto la loro vita lavorativa in contesti più “congestionati” dal “logorio della vita moderna” potrebbero decidere che continuare la loro esistenza il luoghi più tranquilli, ma non meno sicuri, perché la qualità dei servizi sono garantiti, efficienti e, per questo, efficaci.
Questa ipotesi non è di semplice realizzazione, ma allo stato non si vedono all’orizzonte alternative che, pur a fronte di ingenti investimenti, abbiamo più possibilità di successo.
I sindaci dei comuni delle aree interne che, finora, le hanno provate tutte entrando in ogni progetto di sviluppo come comprimari come i GAL (Gruppo di Azione Locale), Progetto di sviluppo delle aree interne, Patto territoriali, Ecc., potrebbero finalmente essere attori interessati nel processo di ricomposizione del tessuto sociale e civile dei paesi che amministrano.