Come erano arrivati quei cinturoni da Altavilla a Trastevere nella più incredibileincrebile collezione archeologica d’Italia? Trovati nel 1937 a Scalareta di Altavilla riappaiono nei nove piani del palazzo del tenore Gorga a Trastevere, Roma. Il tenore preferito da Puccini, il primo a impersonare Rodolfo. Una storia che mi ha fatto scoprire una giovane professionista locale che, per il momento, non nominiamo perchéperchè non ho avuto il suo consenso alla divulgazione. Una storia da film che ne apre tante altre e ci srotola, senza preamboli, il tema della conservazione integrale di ciò che si è rivenuto nelle campagne di scavo. Questione che, soprattutto a Paestum, assume i contorni della leggenda e pretende di riscrivere diversamente le storie dell’accumulazione primaria di alcune fortunate dinastie imprenditoriali. Per il mio paese la dimensione è diversa e mai finora era stata affacciata.
I SOSPETTI: Il passaggio automatico verso lo Stato di ciò che sotto la terra veniva trovato “doveva” metterci al riparo dai flussi di commercio clandestino degli antichi reperti. E invece no, è proprio dall’ufficialità del catalogo di una mostra sui cinturoni militari dei soldati romani che arriva la prima conferma al sospetto che vede molte dei reperti delle antiche vestigia altavillesi dispersi chissà verso dove, forse anche a Malibu dove c’è la collezione del Getty Museum.
IL VIAGGIO DEI CINTURONI. Resto al focus della mia narrazione. La storia dei cinturoni che portavano i soldati delle popolazioni italiche meridionali del III secolo, ottimamente descritti dall’archeologo napoletano Domenico Mustilli nell’ultimo anno nel quale è funzionario delle Antichità e Belle Arti diventando poi un riverito professore di Archeologia all’Università di Napoli di seguito incaricato dal fascismo di dirigere la missione archeologica italiana nell’Albania che stava per essere invasa. Parla anche di quelli altavillesi, trovati soprattutto a Scalareta, la nostra frazione più vicina a Albanella. E’ grazie alle precise note di Mustilli che tra i Cinturoni italici della Collezione Gorga riemergono quelle “cose nostre”, succede grazie a Sannibale Maruzio, autore di uno studio particolareggiato finanziato dai francesi, reperti per per fortuna passati allo Stato italiano, per via dello stratosferico debito con l’erario accumulato da Evan Gorga, dovrebbero essere addirittura essere restituiti a coloro ai quali sono stati predati dal ricco mercato antiquario all’epoca fiorente più oggi. Reperti che avrebbero dovuto essere nei musei di Salerno o di Napoli.
PERCHE’ SERVE UN PICCOLO MUSEO LOCALE. La vicenda autorizza subito un’altra domanda, questa sì dagli esiti inquietanti, su quanto del ricco corredo di oggetti archeologici emersi da vari scavi, sempre casuali, dalle nostre campagne sia oggi catalogato e disponibile al Provinciale di Salerno o al Nazionale di Napoli. Ma se il nostro comune non si è mai posto finora il problema di un luogo adatto alla sicura conservazione e all’adeguata valorizzazione (sì, il piccolo museo – antiquarium) il mio punto di domanda è sicuramente retorico e velleitario. Mi auguro solo, a questo punto, che la discussione sulla conservazione di ciò che è stato già trovato non venga spento dall’ennesima ondata di indifferenza. Il segnale che arriva da Roma è assolutamente serio… se i cinturoni trovati a Scalareta negli anni Trenta e da noi consegnati alle Belle Arti (tanto il professore Mustilli ci scrive un pregevole saggio) poi passano all’ingordo (si, nel senso buono) collezionista c’è qualcosa che non funziona!
LA MIA PROPOSTA. Un’iniziativa concreta sul tema va assunta dalle istituzioni sulla consistenza e le condizioni di conservazione del nostro patrimonio archeologico è sempre più urgente. Vanno evitate altre sparizioni e ci dobbiamo rendere conto di come ottenere il “rimpatrio” di ciò che oggi nella migliore delle situazioni è disperso nel buio di alcuni sotterranei dove sono allocati i depositi di alcuni musei. Sulle tombe trovate al Feo (zona Madonna della Neve, Carillia) ne ha scritto in passato Nadia Parlante e non era affatto azzardato il paragone con il Tuffatore. Vogliamo o no farcele restituire allocandole in luogo opportuno? All’inizio degli anni Ottanta sembrava essersi aperto un periodo “buono” con studiosi prestigiosi (Paolo Peduto e Werner Johannovski) e un sindaco che ci credeva e li sosteneva per davvero (Rosario Gallo). Poi sono seguite tante chiacchiere e fumo, per finire a oggi dove non è sopravvissuta nemmeno la cartellonistica che indica dove sono i principali siti d’interesse archeologico. Non va affatto bene! La nostra storia passata e recente non va messa così nel dimenticatoio e, forse, ci è stata anche già rubata! Mi piacerebbe sapere dove è quell’anfora a cannelures, reperto di San Lorenzo, decorata a bande rosso brune e che serviva per contenere l’olio sacro. Dopo essere stata esposta nella mostra internazionale dedicata ai Normanni dove è stata riposta? Perchè non può essere ammirata ad Altavilla? Consegno anche queste mie considerazioni – sfogo alle giovani amministratrici del mio comune. Augurandomi che l’archeologa (Giovanna Di Matteo) e l’esperta di europrogettazione (Katja Taurone) trasformino i miei borbottii tipici del vecchio zio un po’ fissato in un’altra delle linee di potenziale sviluppo moderno di questo nostro paese. Che si cominci, almeno con il rimettere in funzione la vecchia cartellonistica!