di Gaetano Puca [email protected] Nel 1820 presero parte alla dieta dei carbonari Giuliano Arcangelo e Gorga Giuseppe di Roccadaspide. La polizia da qualche tempo cercava il carbonaro Gennaro Quaglia. Intanto, Giuliani Arcangelo, Gorga Giuliano e Giustiniano, Schiavetti Michele e Antonio, Quaglia Donato e Scarziello Antonio si erano riuniti presso la casa del Quaglia. Ai moti del 1828, organizzati dalla società segreta la Filadelfia, guidati dal canonico De Luca, con l’aiuto dei fratelli Capozzoli di Monteforte Cilento, i rocchesi non presero parte, perché i luoghi di scontro furono concentrati nella zona di Palinuro. Nel 1841 erano iscritti alla Giovane Italia tra gli altri Costabile Carducci di Capaccio che poi guidò i moti del 1848, anche cittadini di Roccadaspide come Antico Carmine, Vitolo Pietro e Gabriele. L’animo liberale dei rocchesi non si era assopito, nemmeno nel 1848, quando appunto Costabile Carducci dal gennaio iniziò la rivolta nel Cilento. Vitolo Francesco di Roccadaspide faceva parte della Guardia Nazionale. All’indomani del 15 maggio, i membri della Guardia nazionale si sciolsero. Ognuno ritornò nei paesi di origini, ove continuarono ad armarsi e a ribellarsi. Ciò avvenne anche a Roccadaspide. I rocchesi furono incoraggiati da Luigi Albini, venuto da Albanella. Facevano parte del gruppo Rosario Ferrara, Cortazzo Michele, Troncone Giovanni, Glielmi Giuliano, Arancione Giuseppe e Gorga Benedetto. La rivoluzione fu ripresa a giugno. Una colonna partì da Capaccio e dal Cilento per Roccadaspide, ove avvenne uno scontro armato. Ebbero la meglio i rivoltosi e le autorità locali dovettero concedere i soldi della pubblica amministrazione. Il risultato fu positivo anche per la partecipazione di rivoltosi di Castello, Felitto e Roccadaspide. Presero parte attiva con i rivoltosi, il parroco Antico Francesco, (Antico) Gerardo, Capuano Giuliano, Scorzelli Giacinto e Gabriele, Ferraro Rosario, Giuliano Maurizio, Eugenio e Lorenzo, Gorga Francesco, Vitolo Girolamo e Vincenzo, Tufani Carmine e Fancesco, Caccavelli Gabriele, Moscatelli Giuseppe e D’Elia Giuseppe. Poi la colonna continuò il cammino e da Roccadaspide raggiunse Sant’Angelo a Fasanella. Il risultato finale fu disastroso. Vi fu la morte del Carducci nei primi giorni di luglio ad Acquafredda di Maratea. I rivoluzionari di tutto il Cilento si riunirono a Trentinara per costituire l’ultimo baluardo di difesa. Furono assediati e sconfitti dai Borboni al comando del Gen. Recco. Seguirono le repressioni. Molti furono condannati a morte, all’ergastolo, ad anni di carcere e molti a sorveglianza speciale. Giuliani Guglielmo di Roccadaspide fu un sorvegliato speciale. Antico afferma “… Negli anni successivi al 1871 e per l’intero secondo decennio post-unitario, saranno più volte segnalate dalle autorità di P.S. per la loro attività sovversiva… Tufani da Roccadaspide, comune agricolo del Cilento, che aveva aderito all’internazionale.”. Tufani copriva la carica di sindaco e di consigliere provinciale. Oltre il Tufani, a Roccadaspide, i sospettati per la fede repubblicana furono Vitolo, Passeri Gabriele, Iuliano Lorenzo. Della famiglia Giuliani è doveroso ricordare il deputato don Gaetano e Maurizio, capo rivoluzionario e strenuo combattente dei moti cilentani del 1848. Giuliani Maurizio, dopo il 15 maggio del 1848 fu capo dei rivoluzionari di Roccadaspide. Seguì la colonna guidata dal Riccio che giunse a Sant’Angelo a Fasanella. Ritengo doveroso ricordare anche Tufani Carmine di Roccadaspide perché prese parte anche alla battaglia sul Volturno, l’ultima estrema difesa dei Borboni di fronte a Garibaldi.
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