Dopo otto anni di blocco e lunghi mesi di trattative, i rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici hanno cominciato a passare dalle parole ai fatti. Tuttavia, alla fine, non tutto ciò che luccica potrebbe dimostrarsi oro. Si verificherebbe, infatti, un inedito assoluto per i rinnovi contrattuali: gli aumenti “con l’elastico”.
Le buste paga di oltre due dei tre milioni di dipendenti pubblici entrano infatti in una sorta di altalena che vede aumentare gli stipendi in questi mesi, per poi perdere un pezzo a partire dal 1° gennaio prossimo. Dal 2019 i lavoratori (e solo quelli con gli stipendi più bassi) potrebbero perdere circa 30 euro in busta paga.
Il meccanismo, purtroppo, prevede un incremento generalizzato del 3,48%. Cosa che avrebbe garantito l’aumento promesso (85 euro medi lordi mensili ) soltanto a coloro i quali percepiscono stipendi alti. Per i ministeriali gli aumenti vanno dai 63 ai 117 euro lordi. A ciò si era aggiunto un ulteriore mini aumento, tra i 21 e 25,80 euro, definito elemento perequativo e destinato agli statali con i contratti più bassi. Quest’ultimo elemento è a tempo determinato, vale infatti fino a dicembre 2018, per un totale di 10 mensilità.
Tradotto, a partire da gennaio 2019 i dipendenti di Regioni, scuola pubblica e sanità perderanno circa il 24% dell’aumento previsto. Tradotto in cifre, questo vuol dire che ogni dipendente verrà sparire dai 20 ai 30 euro sulla propria busta paga, rispetto agli 80 euro inizialmente previsti di aumento.
Questi aumenti temporanei, una volta esaurita la loro durata, andranno a intaccare soprattutto gli stipendi degli statali che guadagnano meno per una somma pari a circa 20 euro mensili. Dal 2019 questo “elemento perequativo”, dunque, sarà destinato a sparire a meno di non trovare ulteriori risorse per renderlo “strutturale”.
Fonte: lentepubblica.it