Il nuovo anno scolastico è iniziato con le scene di sempre: ragazzini timidi, grembiule bianco e fiocco rosso/azzurro/rosa, varcano per la prima volta il portone di scuola con il viatico del bacio delle mamme ansiose ed amorevolmente accolti dai maestri, i più grandicelli emozionati temono e pregustano l’impegno del primo anno delle medie, signorinelle e giovincelli apparentemente più disinvolti sperimentano la validità della scelta delle superiori.
Dopo le prime settimane di assestamento il lavoro scolastico, dopo il lungo weekend della Festa di tutti i Santi e la Commemorazione dei Defunti, marcia ormai spedito, lungo binari consolidati da decenni di esperienza. Così è nelle città e nei piccoli centri di tutta Italia. Così è nei paesi piccoli e grandi del mio Cilento. Eppure questo come i più recenti anni scolastici si sono aperti all’insegna di alcune novità, che i ministri della Pubblica Istruzione hanno pubblicamente sottolineato positivamente per la loro straordinaria carica innovativa. Ne sottolineo alcune, che a me paiono le più significative: Autonomia, Carta dei Servizi, Aule aperte nel pomeriggio, attività exrtracurriculari.
L’autonomia ha dei risvolti amministrativi di grande rilievo e che fanno leva sulle capacità del direttore e preside-manager. Ma l’aspetto più rivoluzionario va ricercato nell’autonomia didattica con libera scelta di programmazione, metodologia, strumenti e tempi di insegnamento. E, a tal proposito una classe docente preparata e motivata ha un campo di azione vasto e stimolante che consente l’apertura della scuola al territorio, che con il ventaglio ricco delle sue tematiche penetra nelle aule con ventate fresche e dirompenti di attualità. E la carta dei servizi consente e sancisce la partecipazione al processo educativo di una pluralità di soggetti in un fecondo rapporto di collaborazione e di interazione tra docenti e genitori e alunni, esaltando collegialità e la trasparenza della programmazione e della gestione delle risorse. Un dibattito lungo decenni è finalmente approdato alla consapevolezza, si spera definitiva e generalizzata, che l’enorme patrimonio delle strutture scolastiche non può rimanere inutilizzato e che, invece, aule, biblioteche e laboratori vadano aperti di pomeriggio alla corretta e feconda fruizione di docenti, alunni e collettività, sperimentando strade nuove di ricerca e di approfondimenti culturali, praticando attività che il normale programma scolastico antimeridiano non consente. E penso al teatro, alla musica, al cineforum, alla fotografia, alla sapiente arte della manualità in un raccordo con l’artigianato praticato e diffuso sul territorio e, inoltre a tutto lo sconfinato mondo delle diavolerie dell’informatica. Ma penso anche, e soprattutto, all’uso intelligente delle biblioteche, che dovrebbero essere dotate di testi di storia, arte e cultura relative al territorio. La produzione che riguarda aspetti non secondari della storia, dell’arte dell’economia che il Cilento ha conosciuto uno sviluppo sorprendente. Certo c’è molta paccottiglia in giro ma non mancano i testi rigorosi, seri e di qualità. Ma quante scuole ne dispongono nonostante le insistenti pressioni dei coraggiosi editori locali, primo fra tutti Glzerano? Eppure la conoscenza di quei testi consentirebbe ai ragazzi e perché no, anche ai professori di riappropriarsi della propria memoria storica, esalterebbe l’orgoglio di appartenenza al territorio. Accenderebbe il desiderio di approfondirne la conoscenza e farebbe scattare la molla della necessità e della in dilazionabilità di censire, catalogare e tutelare i Beni Culturali in tutta la variegata gamma della loro articolazione: storica, artistica, monumentale e ambientale. Le biblioteche scolastiche vanno aperte alla fruizione di tutta la collettività, dal momento che spesso quella della scuola è l’unica esistente in molti dei nostri paesi, dove i sindaci menano vantano se potenziano il campo sportivo e finanziano la sagra, dove il parroco gongola se per la festa del Santo Patrono si bruciano milioni in fuochi d’artificio, luminarie e concerti pop, rock o country, ma l’uno e l’altro si guardano bene dall’impostare un serio discorso sull’apertura e sul funzionamento di una biblioteca. Nessuna meraviglia, quindi, se nel nostro territorio fioriscono palestre e scuole di danza ma difettano le librerie. Neppure centri come Paestum e Velia, fari di civiltà e di cultura, possono vantarne una. In compenso i nostri ragazzi affollano gli stadi per seguire le gesta dei loro eroi domenicali e si accalorano agli opposti confronti lungo l’arco dell’intera settimana. Evviva i nostri padri nobili: Parmenide, Zenone e Giambattista Vico. Per non citare che i grandi. Sono serviti e dall’aldilà ci guardano orgogliosi e soddisfatti!!!