Di Giuseppe Scandizzo
Partire dalla gestione dell’immondizia a Capaccio-Paestum per giungere a suggerire al nostro caro lettore cosa fare per facilitare il progresso. È una questione di definizioni: che cos’è l’immondizia, la spazzatura, la feccia, ‘a mmunnezz? È una questione di contenitori: la poubelle (cestino in francese), basket (in inglese), il secchio dell’immondizia… Immondizia, ha qualche assonanza con immondo: che non è degno di stare al mondo, che deve essere buttatto, scartato, appunto nascosto allo sguardo e agli altri sensi. Contenutisticamente pensando, l’immondizia ha a che fare con ciò che è ormai morto, non più utile, che ha adempiuto al suo compito, che è servito, che non è svuotato del suo contenuto del suo significante; a’ mmunnezz è lo scarto dell’effetto desiderato, il contenitore privato della sua ragione di esistere. Penso a quelle due o tre volte – solo in Italia mi è capitato – di assistere ad un terzo, un estraneo che fermo al semaforo butta il pacchetto svuotato dall’ultima sigaretta mentre si accende l’ultima sigaretta… E rivedo me che passavo nei pressi di quell’incrocio e con lo stesso automatismo con cui il Tizio buttava il pacchetto di sigarette dal finestrino, raccoglievo il pacchetto accartocciato da terra e lo restituivo al legittimo proprietario dicendo: “ti è caduto qualcosa dal finestrino”, mentre il tale aspirava il fumo dell’ultima sigaretta appena accesa. È L’immondizia resuscitava e acquisiva una nuova missione, non più contenitore a tempo di sigarette, ma memento a quell’unico fortunato autista che vedeva il proprio pacchetto di sigarette rimproverarlo per aver non solo intossicato la propria esistenza, ma anche aver trasformato l’incrocio in una discarica.