Questa monografia, curata sapientemente da Italo Abate e da Maria Grotta, ha il pregio dell’utilità e della piacevolezza, in quanto viene a delineare uno straordinario scenario di storia e cultura dell’isola di Procida, sia da un punto di vista artisticoarcheologico che antropologico. È un percorso costruito sulla tematica della mediterraneità, raffigurato dalle Tre Grazie di Pompei, dove tria virgines, in dolce armonia, si scambiano reciprocamente doni ex animo. Questa immagine delle Tre Grazie dell’aliquem aliqua re dono è il contenuto di questo progetto culturale. La prefazione, dalla carezzevole scrittura, è curata con fine acume, da Silvio Mastrocola. Procida è l’isola dell’eterno ritorno: <>. L’isola di Procida è sicuramente, come tante altre piccole comunità del Mediterraneo, un esemplare modello di questa “alchimia sociale”, rileva finemente Mastrocola, di questa “accattivante epifania del passato e del presente”, che viene rivissuta in un eterno ritorno, modulato dal delicato ritmo delle onde del mare e dai colori variopinti delle case. La tradizione, la cultura e il mito di “Graziella” vengono rinnovati ogni anno durante “La sagra del mare” con l’elezione della donna più bella di Procida; vengono ripresi i temi del romanzo (1849) di Alphonse de Lamartine, in cui si narra l’amore tra un giovane ufficiale francese, approdato sull’isola, dopo un rovinoso naufragio, e la splendida Graziella, fanciulla procidana, che, alla partenza del suo amato, si ammalerà gravemente, e, prima di morire, gli manderà la sua treccia in segno di amore eterno. Nell’Introduzione, curata da Italo Abate, studioso di ambiente, territorio e Mediterraneo antico, viene sottolineata la diversità di questa piccola isola flegrea rispetto alle vicine isole di Ischia e di Capri. La sua mediterraneità è ravvisabile anche per la vicinanza ai Campi Flegrei, per il forte legame con il mare nostrum e per lo straordinario rapporto dell’architettura con scambi e culture diverse. Il paesaggio ha uno stretto legame con la mediterraneità e un “equilibrio vitale” con le due tipiche produzioni dei carciofi e dei limoni, quest’ultimi indicati con il colore di flavus latino, giallo vivo o giallo oro, per significare la luminosità e la bellezza dell’isola. Anche i gabbiani e gli odori della vegetazione di Vivara, le zagare degli orti sono parte fondamentale del paesaggio, di origine vulcanica. Storia, cultura e ambiente interagiscono e tutto partecipa alla natura originaria dell’isola, in perfetta armonia, sopravvivendo alle nefaste sfide della modernità; anche per questo è stata proclamata Capitale Italiana della Cultura 2022, per creare una visione dello sviluppo oltre l’orizzonte del caduco e del quotidiano. <>, come scrive in modo illuminante Italo Abate, <>. Una loro frattura potrebbe inficiare il processo di cambiamento, perché il tutto deve essere veicolato attraverso il presente. La forza pulsante di questa isola è fatta di mitologia e storia, architettura e ambiente marino, di letteratura, di geologia, fauna marina e avicola, di arte e religiosità. Anche le opere artistiche ritraggono la vitale energia di Procida, attraverso le diverse figurazioni simboliche della mediterraneità. L’intento di questa monografia è quello di mettere insieme tutti i molteplici aspetti dell’isola, dalla mitologia alla storia, dall’ambiente alle memorie letterarie. È un quadro organico che riguarda i diversi aspetti dell’isola, sullo sfondo di tutta la cultura dell’area dei Campi Flegrei e dell’arcipelago flegreo. Dalla trasposizione letteraria dell’Isola di Arturo di Elsa Morante o dall’ambientazione di film di successo, in un felice connubio di cinema e letteratura; nel 1993 Massimo Troisi concluse proprio a Procida le riprese de Il postino, tratto dal “Postino di Neruda” di Antonio Skármeta. I riferimenti letterari sono molteplici, ne citerò solamente pochi: <> (Giuseppe Marotta). Elsa Morante ne delinea un ritratto preciso: <>. Il critico d’arte Cesare Brandi così la descrive: <>. Una parte della narrazione è riservata alla mitologia che conserverebbe nel sottosuolo i resti di Mimante uno dei giganti sconfitti nella lotta contro gli dèi dell’Olimpo. Il mito aleggia nella vicina area dei Campi Flegrei, percorsi da eroi e poeti, per scendere nell’Ade come Odisseo ed Enea, Dante e Virgilio; altri personaggi, in tempi più remoti, erano scesi negli Inferi come Orfeo, Eracle, Teseo e Piritoo. Un empatico legame è quello con il mare e i suoi naviganti, che con i vascelli e i pescherecci hanno dato vita al commercio e alle sue tradizioni nautico-marinare. Questo rapporto risale alla storia dei micenei, già presenti a Vivara fra il XVII e il XVI secolo a.C., come vengono attestati dai frammenti delle ceramiche elladiche e dalle ceramiche coarse, che confermano la presenza sull’isola di questo popolo di navigatori. Non mancano le bellezze dell’isola di Vivara con la sua storia e la diversità vegetale del ginestrino delle scogliere, il mirto, il corbezzolo, il gabbiano corso, il più interessante rappresentante avicolo dell’isoletta. La sua storia è segnata anche dal Palazzo d’Avalos, cittadella, dimora del cardinale Innico d’Avalos, con la sua tipica architettura rinascimentale. L’isola rappresenta il luogo dell’immaginazione, l’energia non sopita dell’anima del luogo, bella e fascinosa. È questa una condizione necessaria e sufficiente, per attivare il cambiamento nel tempo sull’onda della continuità di un cambiamento lento, ma continuo ed incessante lungo il versante delle memorie del passato con una nuova combinazione con il presente, per creare nuovi scenari futuri e per guardare oltre l’orizzonte. È il presente, l’unico tempo reale su cui occorre riflettere, per costruire scenari futuri, praesens de futuris, scrive Agostino nelle Confessioni, XX. Italo Abate è del parere che il futuro va meditato con profondità di pensiero, per affrontare delle realtà che saranno completamente dissimili dal passato e anche molto diverse dal presente. Giovenale elogia Procida e la sua “appartata tranquillità”: <>. Due gioielli di ambiente e natura: Procida e Vivara è lo studio rigoroso e documentato di Maria Grotta, naturalista ed esperta in valutazione di impatto ambientale, valutazione di incidenza e ingegneria naturalistica. Esse fanno parte dell’Area Marina protetta del “Regno di Nettuno”, queste due isole flegree <>, scrive la studiosa, con un patrimonio geologico di alto valore scientifico. Vivara è anche un sito di particolare interesse per la sua flora e fauna, la coltivazione dell’olivo e della vite, di alcune pregevoli specie di orchidee selvatiche e arbusti tipici della macchia mediterranea; è da segnalare la nidificazione fino al 2020 del gabbiano corso, specie endemica del Mediterraneo, particolarmente protetta anche per la sua rarità. Carla Pepe (Università Suor Orsola Benincasa di Napoli) prende in considerazione Vivara e le ricerche archeologiche: Vivara nell’età del Bronzo con i relativi giacimenti archeologici, qui individuati, e portati alla luce sulle terrazze naturali a strapiombo sul mare. Nel 1997, oggi Università Suor Orsola Benincasa, è stato inaugurato un laboratorio archeologico dedicato allo studio e alla documentazione dei reperti provenienti dall’isola di Vivara. Altri contributi sono di Micla Pennetta: Paesaggio costiero attuale ed antico dell’isola di Procida con un’attenta indagine sulle modificazioni morfologiche del settore costiero dell’isola di Procida, che ha permesso di stabilire che una subsidenza generale ha certamente contribuito all’evoluzione costiera Olocenica dell’isola. Cesare Azan, attento studioso del mondo classico, ha tracciato un quadro esaustivo di Procida <>, con un’esegesi puntuale e scrupolosa dell’“isola e del suo nome”, rilevando la sua particolare empatia per quest’isola e per questo mondo di pescatori, di marinai e di gente di mare. Con una prosa limpida ed avvincente, lo studioso coniuga il suo personale felice incontro con Procida con le testimonianze delle memorie letterarie: Eneide, Virgilio, IX, vv.715-716, Orazio, Odi, XVIII, vv.19-22. L’indimenticabile Baia di raffinata bellezza e di galanti incontri sentimentali, viene privilegiata dai romani, per la licenziosa libertà, esente dal rigido “mos maiorum” e per le benefiche acque termali; ricordata da Giovenale, nelle Satire, III, vv.4-5, da Properzio, da Marziale, essi rappresentano Baia come luogo di “lussuriosi intrighi” e di sfrenata libertà, placido approdo per chi desiderava un soggiorno di quiete, ma anche di divertimento. Un interessante excursus letterario, dal Medioevo ai giorni nostri, è, quindi, quello di Cesare Azan. Da Boccaccio a Pontano e all’altro famoso umanista Jacopo Sannazaro, che ne decanta la bellezza, ponendola al di sopra delle isole greche. La vicenda romanticosentimentale di Graziella si intreccia dialetticamente con amore e morte, nelle pagine del romanzo dello scrittore francese Alphonse de Lamartine e pubblicato nel 1849. Procida è “l’Isola di Arturo,” nel romanzo di Elsa Morante. Arturo Gerace è il protagonista, che scopre sé stesso e il mondo degli adulti, lontano da Procida, per andare incontro al suo destino di vita. “Un connubio felice” è anche tra il cinema e la letteratura: si intrecciano così in una combinazione artistica la letteratura e il cinema: “Il Postino di Neruda” di Antonio Skármeta. Procida è stata dichiarata dal 1999 la “città-rifugio”, per scrittori ed intellettuali perseguitati. Un naufragio misterioso conclude questa rassegna, ricordando quanto accadde al malandato piroscafo “Ercole”, il 5 marzo del 1861; il naufragio più misterioso della storia risorgimentale, dove perse la vita all’età di 29 anni Ippolito Nievo,
autore del romanzo pubblicato postumo: “Le confessioni di un italiano”. Seguì un’inchiesta, da parte di Stanislao Nievo, con un romanzo-inchiesta, Il prato in fondo al mare (1974), sulla ricerca del vascello e di alcuni documenti importanti smarriti misteriosamente. Le indagini di questa monografia su Procida proseguono con un taglio scientifico, partendo dalle caratteristiche geotettoniche del vulcanesimo attivo dell’Italia meridionale (Campi Flegrei, Vesuvio, Isole Eolie, Etna) alla Storia geologica dell’isola di Procida con <>. Paola Petrosino e Ines Alberico, nella loro illuminante nota, corredata di una ricca bibliografia, offrono, nelle loro considerazioni conclusive, una valutazione abbastanza esaustiva sul ricco patrimonio geologico dell’isola di Procida e sulle molteplici possibilità di fruizione che esso offre e la valenza sociale che assume la geo-diversità, la cui fruizione può tradursi in un incremento della resilienza del territorio flegreo con un programma di valorizzazione del patrimonio geologico, dal valore culturale comparabile a quello del patrimonio artistico e naturalistico. Tutto ciò contribuisce a sviluppare il senso di appartenenza delle comunità e a incentivare l’economia. Dettagliate e ricche di informazioni sono le pagine dedicate a Vivara, <> (Simonetta Volpe). La sua diversità vegetale viene trattata da Annalisa Santangelo, un sito particolarmente interessante anche per la sua flora e fauna. L’attuale nome dell’isola di Procida deriva dalla parola greca “prochyo”, messa fuori dal mare o da una derivazione etimologica dell’aggettivo proto-latino praecidaneus (vendemmiale), che ben si addice alle caratteristiche di quest’isola per la produzione dell’uva. A Giovenale viene raccontato da Umbricio, che Roma era diventata una città invivibile, pertanto, era da preferirsi una vita modesta, ma tranquilla dei piccoli centri della Campania, alla caotica e malfamata Suburra, quartiere popolare di una città ellenizzata, dove la confusione non era esente da pericoli. Marcello Gigante individua nel IX libro dell’Eneide una citazione su Procida e nella poesia delle Georgiche il paesaggio naturale è tutto campano e, in particolare modo, i Campi Flegrei sono presenti nel libro delle Georgiche, testimoniando il grande impegno di Augusto per questo territorio. Nel Bellum Poenicum di Gneo Nevio, III secolo a.C., era riportato il nome di Procida come nutrice di Enea; l’eroe l’avrebbe sepolta nell’isola a cui avrebbe dato il nome. Virgilio avrebbe, poi, sostituita Caieta, sepolta sul continente, a Gaeta, di cui sarebbe stata l’eponima. (Pasquale Pisaniello). Ne Il limone di Procida: una produzione campana da valorizzare, Claudio Di Vaio delinea un panorama completo della produzione campana di questo rinomato agrume e uno studio approfondito sul “Limone di Procida”. Dà dei cenni storici della sua origine nell’India settentrionale, introdotto in Italia durante l’epoca delle invasioni arabe (sec. IX-XI). La presenza del limone nell’area napoletana è sicuramente riconducibile all’epoca romana, la cui testimonianza è nei numerosi dipinti e mosaici ritrovati negli scavi di Pompei ed Ercolano. I romani lo considerarono un frutto prezioso, perché ricco di molecole antiossidanti e per le sue proprietà dimagranti, quasi un farmaco naturale, per i suoi effetti benefici. Il limone procidano ha caratteristiche proprie, a differenza di quello sorrentino e dello sfusato della costiera amalfitana; le particolarità di questo agrume sono legate al microclima, che caratterizza l’isola e ai terreni vulcanico-sedimentari di cui risulta costituita l’isola. Massimiliano Marazzi e Federica Bertino mettono in luce, attraverso le ceramiche micenee dell’isolotto di Vivara, le testimonianze di ceramiche micenee e la presenza di un insediamento dell’Età del Bronzo sull’isola di Vivara, nell’ambito delle interconnessioni marittime tra l’Egeo e il Mediterraneo occidentale nel corso del II millennio a.C. I ritrovamenti vivaresi si caratterizzano per la ricca presenza di fabbriche ceramiche elladiche, comprendenti oltre 250 frammenti. La produzione sull’isola di Vivara di ceramiche coarse di tipo egeo assume particolare rilevanza; dalle analisi chimico-fisiche effettuate su questi frammenti si è potuto desumere che questi vasi sono stati fabbricati in situ con argille locali, proprie dell’area flegrea.
Un excursus naturalistico dei fondali costieri delle isole di Procida e Vivara è l’interessante contributo di Maria Cristina Gambi. Questa isola e i fondali circostanti, di origine vulcanica, presentano caratteristiche geologiche, oceanografiche e climatiche che le rendono uno scenario naturalistico di grande interesse per le tematiche inerenti alla conservazione del patrimonio naturale. Questo contributo vuole offrire una sintesi sulle conoscenze, sia storiche che attuali, dei popolamenti dei fondali marini dell’isola di Procida e Vivara e del canale di Ischia e sulla “tropicalizzazione” del Mediterraneo, che sta alterando la biodiversità, la biogeografia e l’ecologia complessiva del bacino del Mare Nostrum. Il titolo di questo lavoro si ispira a quello di Anna Maria Ortese (1953): “Il mare non bagna Napoli”. Per quanto si riferisce a Procida, però, questo titolo vuol dimostrare perfettamente il contrario, perché il mare di Procida è un elemento identitario, <> dell’isola. Una nutrita bibliografia arricchisce questo eccellente contributo. Il testo viene completato da un articolo sulla religiosità di Procida e sul culto per il santo patrono dell’isola: san Michele. La fede e la passione per la ricerca procedono di pari passo. Non a caso la pietà religiosa dei pescatori e la loro incrollabile fede hanno saputo ricevere dal cielo dei veri miracoli (Clotilde Sarnico) Nel complesso processo di rigenerazione e valorizzazione dell’assetto architettonico non poteva mancare una programmazione per il futuro del Palazzo d’Avalos. Rosalba Iodice ha fatto una ricostruzione storico-architettonica, ricordando che questo prezioso gioiello di architettura rinascimentale è stato la residenza del cardinale d’Avalos e giardino dell’eden per Carlo III e Ferdinando IV di Borbone e cupo penitenziario con annesso opificio. Il suo futuro è nella sfida di rigenerazione di questi anni, nell’elaborare la forte funzione simbolica del bene culturale in un percorso multidisciplinare e di produzione dei saperi in tutta l’area dei Campi Flegrei, meta degli ozii creativi dei greci e dei romani, del golfo di Napoli e del Sud Italia. Gli aspetti nutrizionali, la fitoterapia legata alla medicina del carciofo sono stati trattati, in modo egregio, da Mauro Mori e Gennaro Piccirillo. Ricordato da Columella per la sua funzionalità sull’intestino e il suo controllo sul glucosio e il colesterolo nel sangue, favorisce la secrezione biliare, da parte delle cellule del fegato e l’assorbimento dei grassi, regolando il metabolismo lipidico. L’illuminato Carlo III di Borbone lo definì, “il Re dell’Orto”. Fu apprezzato dai romani per il suo gusto raffinato dolce-amaro e per la sua benefica azione protettiva. In Campania, la sua presenza fu determinante, dopo la storica eruzione del 79 d.C., che coprì tutto il territorio, sottostante del vulcano, di eccezionale fertilità, propiziando negli orti “il miglior dono fatto dal Vesuvio con l’eruzione”, che seppellì Stabiae e Pompei. “Il mondo del Gabbiano corso”, una specie endemica del Mediterraneo, che nidifica a Vivara, è uno studio accurato e scrupoloso di Maria Grotta, naturalista e vicepresidente di Ambiente e Cultura Mediterranea. I gabbiani, in particolare, più che gli altri uccelli, sono il simbolo della libertà psicologica, sempre, “in perpetuo volo” ed espressione pura della libertà. La classificazione di questa specie un tempo si riferiva soltanto all’aspetto esterno (caratteristiche fenotipiche), mentre attualmente è possibile utilizzare anche le analisi genetiche di comparazione (caratteristiche genotipiche applicate alla filogenesi), rileva Maria Grotta. Viene focalizzato l’attenzione principalmente sul gabbiano corso, perché si tratta di una specie poco numerosa ed è l’unico gabbiano endemico del Mediterraneo; anche perché a Vivara nidifica, da qualche anno, la colonia più numerosa del Golfo di Napoli e della Campania. L’autrice, con un’indagine attenta e scientificamente ineccepibile, approfondisce, da vera ornitologa, il mondo complesso di questo uccello in tutte le sue sfaccettature: mutazioni, variazioni di piumaggio, dimensioni, distribuzione sul territorio, le varie specie sulla base dell’affinità del DNA mitocondriale. La storia di quest’isola è tutta scritta nel suo mare, rileva Salvatore Di Liello, fin dall’età micenea. Muovendo dall’esegesi della sua architettura, Procida anima un’officina intellettuale di grande interesse e per quanto defilata, la sua centralità mediterranea è dirompente. Roberto Pane ritrovava qui più che altrove, nelle sue ricerche <>. Nel 1928 paragonava le case della Corricella ad una scenografia cubista; le architetture di questi luoghi sono “razionali” ancora più dell’architettura contemporanea. Il percorso di ricerca di questa monografia è completo; un lavoro, a tutto tondo, dove in questo autentico meeting of the minds di intelligenze e di passione, non c’è stato nessun aspetto di questa isola meravigliosa, che non sia stato fatto oggetto di studio e di analisi: letteratura, storia, archeologia, ornitologia, agricoltura, arte, religione, architettura. La composizione antologica ha reso esaustive in questa monografia le tante anime della mediterraneità di Procida e non poteva mancare anche un percorso artistico, che, attraverso la creatività, ha definito l’identità di un’isola e lo spirito del suo popolo con la sua energia vitale e positiva.
Carlo Di Lieto