“Lotterò fino alla fine con coloro che non si vogliono fare il vaccino. Il nostro è un atteggiamento di assoluto rispetto fino al 30 settembre, dopo tiriamo le somme della nostra campagna vaccinale e chi non ha fatto il vaccino non ha più scuse”.
Lo disse il 27 agosto il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani. “Dopo quella data – dichiarò – chi non ha fatto il vaccino sta a casa: queste persone non provino a venire nei luoghi pubblici perché la loro non vaccinazione per scelta è una cosa inconcepibile nell’economia e nell’interesse di una comunità che vuole superare l’emergenza sanitaria”. Il governatore, inoltre, aggiunse “Stanno partendo le lettere di sospensione per gli operatori sanitari no vax, che in Toscana sono circa 4.500. Chi non intende vaccinarsi non può prendersi cura degli altri”.
E’ da mesi, forse da quando è iniziata la pandemia, che sto affrontando il tema con un mio caro amico no vax del Cilento. Sto cercando di capire quali sono le ragioni che lo hanno spinto a non vaccinarsi per scelta e a rinunciare a delle libertà che prima aveva. Tra l’altro il mio amico non ha la minima intenzione di vaccinarsi neanche in futuro. La sua è una scelta che ha fatto in maniera ponderata. Prima andavamo al cinema, al ristorante o in pizzeria insieme. Ora non lo potrà più fare lui che non è vaccinato e neppure io che vaccinato lo sono, o meglio, in teoria io potrei fare tutte e tre le attività ma da solo non con lui. Questa decisione comporta una serie di rinunce per sé e per gli altri, ma chi fa la scelta di non vaccinarsi ne è ben consapevole. Ciò, alla lunga può portare anche a una vera e propria discriminazione dei vaccinati nei confronti dei non vaccinati.
Parlandone col mio amico ho scoperto che all’interno della società italiana esiste una profonda divisione tra coloro che sono favorevoli e coloro che sono contrari alla vaccinazione, ma s’intravedono anche dei punti di contatto che apparentemente non ci sono. Si mette in risalto ciò che divide e si fa fatica a prendere coscienza dell’essenziale che unisce chi è vaccinato da chi non lo è. Sia chi sostiene che il vaccino è il solo strumento di salvezza, sia chi sostiene le più svariate e sfumate posizioni contrarie al vaccino concordano sullo scopo delle loro scelte. In entrambi i casi la scelta mira ad allontanare il dolore e, soprattutto, la morte. I primi si sentono maggiormente minacciati dalla malattia, i secondi – all’opposto – si sentono maggiormente minacciati dal rimedio alla malattia, dal vaccino appunto. Si rifiuta la vaccinazione per lo stesso identico motivo per cui la si abbraccia: evitare la sofferenza e la morte. E proprio come due veicoli, che dovendo raggiungere la stessa meta mediante strade diverse sono destinati ad incontrarsi, così questa divisione è destinata a dileguarsi.
La mera sopravvivenza e la mera autoconservazione è l’unico “valore” in cui i popoli si riconoscono: tener lontano il dolore e ancor di più tener lontana la morte.
L’attuale discussione sulla vaccinazione rischia di far perdere di vista l’aspetto più importante della fase storica che stiamo vivendo: la scalata della scienza per divenire il centro del potere, poiché solo la scienza ha il potere di dare ai popoli ciò che essi stanno iniziando sempre più a mettere al centro del loro agire: tener lontani dolore e morte. Al di là dei vaccini e delle feroci polemiche ad essi collegate è questo il sentiero che la nostra civiltà sta velocemente imboccando.
Tutto risolto? Dobbiamo solo attendere che la scienza mostri la propria potenza e la propria futura onnipotenza? Niente affatto. Al contrario i “veri” problemi iniziano solo dopo aver preso coscienza dell’inevitabilità del dominio della scienza a cui la nostra civiltà è destinata. Quando questo scenario mostrerà sempre più il proprio volto, ognuno di noi sarà costretto a chiedersi se esiste e qual è il limite oltre il quale non è disposto ad andare per ottenere ciò che d’altronde vuole: allontanare il dolore e la morte.