Come da ricorrenza nella giornata di oggi tutta l’Italia (e non solo) festeggia la festa dei lavorati. L’episodio che ha ispirato la data nella quale attualmente, in molti Paesi del mondo, si celebra la Festa del lavoro o dei lavoratori, avvenne a Chicago (Stati Uniti) il 1° maggio del 1886. Quel giorno, infatti, era stato indetto uno sciopero generale in tutti gli Stati Uniti con il quale gli operai rivendicavano migliori e più umane condizioni di lavoro. La protesta andò avanti per tre giorni e il 4 maggio culminò con una e propria vera battaglia tra lavoratori e agenti di polizia. Undici persone persero la vita in quello che sarebbe passato alla storia come il massacro di Haymarket. Avvenimenti barbari figli di un altro tempo fortunatamente dimenticato, anche se non in tutte le parti del mondo dove tanta gente lavora ancora in condizioni disumane.
Ma com’è la situazione in Italia. Gentiloni a inizio 2018 aveva esultato in base all’ultima stima dei dati Istat sul lavoro nello stivale. I dati mostrano anche un calo della disoccupazione e un calo della disoccupazione giovanile. Buone notizie, ma non tutti condivisero l’entusiasmo di governo e PD. Sindacati e opposizioni fecero infatti notare che i nuovi posti di lavoro sono quasi tutti instabili e precari e che il tasso di disoccupazione in Italia è ancora tra i più alti in Europa (soltanto Spagna e Grecia vanno peggio di noi).
Infatti nel terzo quadrimestre del 2017, ultimo aggiornamento dei dati Eurostat, il numero di dipendenti a termine ha toccato un nuovo massimo storico a poco meno di 2,9 milioni di persone. Valori quasi triplicati, in effetti, rispetto a due decenni prima. Prendendo gli ultimi dati disponibili e relativi a novembre 2017, troviamo di nuovo un massimo storico per l’Italia, dove i precari sono il 16,3% del totale. A inizio 2004 erano 5 punti percentuali in meno. Chiaramente c’è da valutare anche la durata dei contratti, ci sono quelli a 3/4 anni che danno maggiori garanzie ma troviamo anche circa 88mila persone il cui rapporto di lavoro ha vita brevissima: meno di un mese. Queste persone secondo i dati Istat risultano “occupate”, ma probabilmente non c’è bugia più grande di questa.
Altra piaga del nostro tempo è il lavoro in nero. Sono infatti 3 milioni e 300 mila i lavoratori in nero. La crisi ha costretto tante persone ad accettare un impiego pur che sia, anche per pochi euro. In pratica, segnala uno studio realizzato dal Censis per Confcooperative, la metà dei disoccupati colpiti dalla crisi negli anni passati è stato risucchiato nell’illegalità: nel periodo 2012-2015, mentre nell’economia regolare venivano cancellati 462 mila posti di lavoro la schiera di chi era occupato illegalmente è cresciuta di 200 mila unità toccando quota 3,3 milioni (+6,3%) a fronte di 21,1 milioni di regolari (-2,1%).