Chi presiede la catena istituzionale della Campania, per la gran parte amministrata dal Partito Democratico (Regione, Area metropolitana, province e comuni); è schierata nel sostegno di Stefano Bonaccini, attuale governatore dell’Emilia Romagna. Per Elly Schlein, la sua avversaria più accreditata dai sondaggi, non sembra esserci possibilità di rimonta. Men che meno per gli altri due candidati: Gianni Cuperlo e Paola De Micheli.
L’attesa della conclusione della fase di mobilitazione lascia molte porte chiuse a chi, iscritto, simpatizzate o elettore avrebbe voglia di partecipare al dibattito che, comunque, si sta sviluppando in merito alla scelta da fare, oltre ai candidati, alla linea politica che dovrà essere il nocciolo duro del rilancio ideale, prima, ed elettorale dopo.
Un partito che ha da tempo perso la “bussola” politica di come si fa ad attrarre energie, idee e chi ha voglia di essere parte attiva. Alle nostre latitudini, ha affidato alle stesse persone presenti nelle istituzioni che dovrebbero essere selezionate, candidate e “controllate” dalla base degli iscritti, la facoltà di scegliersi quelle che più sono funzionali alla scalata, alla gestione e al mantenimento del potere.
Già al tempo in cui i partiti tradizionali e popolari (Dc, Pci e Psi) le sezioni erano dei luoghi con le porte chiuse e le finestre sbarrate. Con la costituzione del Partito Democratico, anche i residui riti assembleari ancora presenti nel Pci furono assorbiti dalla pratica gestione del potere demo-cristianizzando il nuovo soggetto politico.
È vero che non sarà in occasione della campagna per le primarie il momento buono per abbattere un sistema che ha resistito ad ogni tentativo di dare spazio alla base.
Ma essendo giunti ad un punto di non ritorno per i destini del Partito Democratico, mai caduto così in basso da decenni, forse il tentare il tutto per tutto per ricostruirlo dal basso potrebbe essere la vera novità politica del prossimo futuro.
L’annuncio dovrebbe essere fatto senza timori reverenziali nei confronti di chi gestisce il potere a livello locale. Per sindaci e amministratori c’è una sola strada per conservare ruolo e funzioni: amministrare bene!
Il partito, invece, dovrà preoccuparsi di controllare chi amministra, tenere aperti i canali con i cittadini tutti e farsi comunità politica che ogni interesse a farsi parte attiva per ricucire strappi e lacerazioni che si sono accumulati negli ultimi 25 anni.
Quello che fa ben sperare che, nonostante tutto ciò che è successo negli ultimi decenni, sono il popolo che si riconosce nei valori fondanti della Costituzione Repubblicana ha sempre risposto con entusiasmo alla chiamata delle primarie per scegliere i segretari. Questi, però, una volta eletti hanno praticato più l’esercizio del potere invece di mettere in campo energie, rinfocolare e dare capacità organizzativa alla periferia e sollecitare quella voglia di partecipazione di chi ha intenzione di mettersi in campo.
In fondo, quanto più il potere è vicino agli elettori, come accade con l’elezione dei sindaci, tanto più cresce il consenso elettorale del PD. Al contrario, quando a scegliere i candidati è il vertice del partito, ecco che i consensi calano.
È evidente che è questo sistema elettorale nazionale che allontana gli elettori dalle urne. L’umanità che c’era un tempo nelle sezioni (e c’è ancora dove sono aperte) era il condimento che legava eletti agli elettori.
Chi sarà eletto segretario dovrà partire dal basso con umiltà e determinazione. Altrimenti farà ancora una volta un buco nell’acqua, forse l’ultimo!