1° Dicembre 2024 –
Inizia questa domenica un nuovo anno liturgico, un nuovo cammino durante il quale saremo chiamati a riflettere sul Vangelo di Luca, l’evangelista che scrive a coloro che, come lui, sono giunti alla fede dal paganesimo.
Eccoci nel tempo dell’Avvento, 4 settimane di attesa, di preparazione interiore, che ci guidano al Natale in cui ricordiamo la prima venuta storica di Gesù fra gli uomini, più di 2000 anni fa, una venuta nell’umiltà che richiama dolcezza, bontà, buoni propositi. In questa dimensione temporale l’Avvento appartiene al passato, ma nello stesso tempo ci parla di “avvenire, di futuro” perché ci proietta all’attesa della seconda venuta di Gesù nella gloria come Lui stesso ci ha promesso, alla fine dei tempi, al momento del giudizio finale motivo della nostra salvezza e della nostra risurrezione.
Il passo del Vangelo odierno è composto da 2 parti: nella prima ci invita a meditare ancora una volta sulla fine dei tempi. Fatti terrificanti, spettacolari si verificheranno, ma non sono descritti per impaurirci, per gettarci nell’angoscia, ma per orientare il nostro sguardo verso Gesù con animo pieno di speranza, di fiducia. In mezzo allo sconvolgimento dei cieli, del fragore del mare il Signore viene a salvarci.
Nella seconda parte ci esorta a vivere nell’attesa dell’incontro con Lui, che non sappiamo quando sarà. Le parole rassicuranti di Gesù ci esortano a svegliarci dal torpore, a rallentare il ritmo frenetico della vita, a svuotare il nostro cuore da tutto ciò che può appesantire e condizionare la nostra esistenza in affanni inutili, ad avere un atteggiamento vigilante nella preghiera e operoso nella carità, a vivere il nostro tempo ritagliandoci uno spazio prezioso e condiviso con tutti nell’ascolto, nelle relazioni, nella solidarietà. A levare il capo verso di Lui per ritrovare noi stessi.
Celebrare l’Avvento significa perciò attesa!
Ma noi attendiamo, soprattutto sappiamo attendere?
Siamo consapevoli dei limiti del tempo che abbiamo a disposizione che non è eterno e non va sprecato?
Quanta fretta sempre, anche quando non serve! Nell’epoca del “tutto e subito” abbiamo perso il piacere dell’attesa. Eppure l’attesa fa parte della vita, è presente in mille situazioni in tutta la nostra esistenza, rende capaci di sperare. La vita vive del futuro, delle cose che giungeranno. Attese banali o attese che ci coinvolgono nel profondo, che si vivono con serenità o con angoscia, che ci deludono, attese che non finiscono mai, attese che ci rendono vivi, che non sono immobilità e passività ma coraggio della pazienza e audacia della speranza.
In queste quattro settimane che precedono il Natale cerchiamo di riconoscere le attese che sono in noi che danno sapore, fervore e pienezza alla vita ricordando che anche Papa Francesco ha più volte richiamato il valore e il senso dell’attesa, l’attesa di chi non ci deluderà mai, l’attesa che ci rimanda a volgere l’attenzione a un domani nel quale speriamo di ritrovarci nel posto giusto per conquistare la nostra salvezza, il Paradiso! Santa domenica in famiglia.