Quello che sta accadendo in questi giorni, successivi alla pubblicazione del nuovo decreto legge, che punta a garantire misure di accesso al credito, è abbastanza paradossale.
Faccio un passo indietro e torno sulla mia nota inviata, pochi giorni fa, al Governatore De Luca.
Un documento che cercava di guardare oltre le misure economiche, che ancora dovevano arrivare, facendo uno sforzo nell’immaginare, nel concreto, cosa sarebbe accaduto senza una normativa di supporto alle banche, e cioè quegli interventi che andassero nella direzione di limitare l’applicazione di alcuni principi contabili di natura europea.
Era uno scritto che non aveva la presunzione di dare nessuna indicazione al Governatore De Luca, ma si proponeva di giungere al cuore del problema, nelle stanze degli istituti di credito che si trovano a gestire una crisi peggiore solo a quella del secondo dopoguerra.
Quelle norme a cui mi riferivo, figlie di una politica altamente prudenziale (ben venga) hanno permesso sicuramente agli istituti di credito di trovarsi in una condizione ben diversa ed affrontare questo momento con le fondamenta più solide.
Come è ovvio che sia, però, ogni fase storica ha i suoi momenti, i suoi obiettivi, le sue necessità.
Oggi, nell’era COVID19, ci troviamo a gestire una crisi di cui forse non abbiamo ancora appreso la portata e vi è la necessità di attivare tutti gli strumenti idonei e necessari per evitare un collasso economico.
Ritorno sul decreto legge, il quale ha definito una serie di strumenti per rilanciare il tessuto economico nazionale. Un decreto che ha lanciato, ed è inutile nasconderlo, le Banche nella confusione più totale.
Premetto che non voglio assolutamente entrare nelle beghe politiche di un provvedimento, soprattutto perché, come ho sempre detto, non è il mio ambito e sto molto attento nel non invadere un campo a me sconosciuto, ma dalla pubblicazione del decreto è scattato un allarme generalizzato rispetto a questi “fondi a pioggia” che le banche dovrebbero erogare senza neppur attivare un minimo di istruttoria.
Ho apprezzato tanti interventi di addetti ai lavori, in questi giorni, che hanno posto l’accento su come le Banche si dovranno comportare: interventi responsabili, che guardano negli occhi la realtà, anche andando oltre i contenuti di un decreto. Proprio il 13 aprile, l’edizione online de Il Sole 24 ore riportava un articolo in cui le imprese lanciavano un allarme rosso, evidenziando come per ricevere questa famosa liquidità ci vorranno anche tre mesi.
Un problema serio, che le imprese hanno voluto mettere sul tavolo e che ritengo sia il risultato di un decreto che ha spostato il problema in capo alle Banche senza considerare che i soldi delle Banche, e in particolar modo delle banche di credito cooperativo, sono fondi raccolti tra la clientela, che vanno investiti con cautela ed utilizzando tutte le precauzioni proprie del mercato del credito.
Inutile sottolineare come il decreto faccia emergere diversi limiti che non possono essere nascosti da un innalzamento del livello della garanzia concessa dallo Stato, perché erogare senza istruttoria significa farlo senza quel minimo di professionalità ed etica che deve caratterizzare il lavoro di ogni istituto di credito e contro le attuali norme dettate dalla vigilanza, le cui regole sono rimaste invariate.
Significa creare uno scontro tra quello che è stato fatto fino ad oggi e quello che si chiede debba essere fatto, mettendo in mezzo imprese, famiglie, posti di lavoro oltre ad andare, come evidenziato, in direzione opposta alla normativa di vigilanza stessa.
Fare credito in maniera frettolosaoggi, potrebbe significare avere problemi seri da gestire tra qualche anno, nelle masse di credito deteriorato che le banche si troveranno ad avere, in attesa di ricevere i fondi statali come da garanzia.
E non venga detto, in maniera semplicistica, che questi crediti saranno ripagati dallo Stato, perché i soldi dello Stato sono soldi di tutti i cittadini, che vanno utilizzati con criteri ben diversi rispetto a quelli che oggi questo decreto sembra aver disegnato.
Il ruolo delle Banche, in questo momento, non è assolutamente facile: ci troveremo a dover fornire delle risposte immediate quando la clientela si recherà presso di noi per richiedere ciò che lo Stato ha previsto.
Ritengo che in sede di conversione sia indispensabile intervenire per garantire un utilizzo adeguato di queste risorse che, badiamo bene, se fossero tutti finanziamenti restituiti regolarmente alle Banche, non peserebbero sullo Stato per un solo euro, giacché le garanzie non avrebbero ragione di essere attivate.
Quindi, visto che la necessità sembrerebbe essere la velocità, soprattutto rispetto al perimetro dei finanziamenti entro 25 mila euro, mi chiedo: perché non aver creato un meccanismo di istruttoria da parte delle Banche con tempi certi di erogazione nel giro di 24/36 ore, con garanzia dello Stato e rimborso delle quote di interessi nel caso di pagamento regolare? Far passare il messaggio di andare in Banca, autodichiarare danni da COVID-19, ed incassare 25 mila euro mi sembra tanto da “paese dei balocchi”.
Qualcuno si è chiesto come Medio Credito Centrale gestisce queste garanzie e quante volte ha risposto picche alle Banche in conseguenza di errori formali dovuti anche a dimenticanze nella richiesta di garanzie che, in alcuni casi, verranno rilasciate, come previsto ora, in un secondo momento rispetto all’erogazione? Se nella fretta di erogare si sbaglia un passaggio formale in un modello farraginoso ad alta burocrazia, chi paga?
Non certo i fondi…
Qualcuno si è chiesto come verranno utilizzate queste somme erogate, se verranno messe a disposizione dell’economia reale oppure diventeranno terreno di conquista di qualche altro mercato?
Non a caso in queste ore è scesa in campo la Banca d’Italia con una nota rivolta agli intermediari che non lascia scampo ad interpretazioni : “Considerate le opportunità che l’attuale crisi rischia di offrire alla criminalità economica, si fa presente che gli intermediari dovranno continuare a sottoporre la clientela a tutti gli obblighi previsti dalla disciplina in materia di antiriciclaggio. La profondità e l’intensità dei controlli da condurre a fini di adeguata verifica andranno opportunamente calibrate. Per quanto concerne in particolare i finanziamenti alle imprese garantiti dallo Stato, essi dovrebbero essenzialmente mirare a fornire le imprese della provvista necessaria per far fronte ai costi di funzionamento o a realizzare verificabili piani di ristruttura zione industriale e produttiva. Le banche dovranno quindi tenere conto di questi elementi nell’adeguata verifica della clientela, oltre che ovviamente del complesso degli ulteriori elementi informativi disponibili sul profilo di rischio dei richiedenti i finanziamenti, sia in sede di concessione del finanziamento, sia nella fase di monitoraggio dello stesso”.
Elementi chiari e diretti che certificano un caos abbastanza inquietante che andrebbe ad allargare la platea dei potenziali richiedenti “indiretti”, tra riciclatori ed usurai, andando a sfiorare il limite della legalità.
Fattori preoccupanti che mettono le Banche dinnanzi ad un pericolo serio e forse non troppo considerato in sede di stesura dei provvedimenti.
Ad oggi è chiaro che le Banche non vogliono tirarsi indietro, anche perché siamo i primi a sentire le conseguenze della crisi, però, i soldi sembrano essere solo su carta, alimentando aspettative che nessuno di noi vuole tradire. Il nostro lavoro non può prescindere da una valutazione seria e consapevole di alcuni requisiti che sono alla base della nostra attività nel pieno rispetto delle regole e di principi di legalità e professionalità.
Come tanti esponenti del mondo bancario hanno detto in seguito alla pubblicazione del decreto, non sono le banche a dover elargire fondi a pioggia, non è il nostro ruolo. Questo indirizzo comune non vuole essere come abbandonare la nave alla deriva, bensì evitare di risolvere un grande problema oggi, rinviandolo solo di qualche anno.
Oggi le imprese hanno la necessità di avere risposte certe, non illusioni.
La forte preoccupazione, in questo momento di grande incertezza, è proprio questa.
Da parte nostra non ci tiriamo indietro, abbiamo già superato, ad esempio, le 800 moratorie di finanziamenti, ma siamo contrari a questa politica del finanziamento “privo di istruttoria”.
Non è corretto oggi trasferire la responsabilità sulle Banche e far passare solamente il messaggio che sono finanziamenti totalmente garantiti. Elargire somme in questo modo potrebbe precludere, in ogni caso, la possibilità per le Banche di supportare, invece, progetti seri che richiedono più risorse e magari mobilitano ricchezza e posti di lavoro.
Fattori preoccupanti che mettono le Banche dinnanzi ad un pericolo serio e forse non troppo considerato in sede di stesura dei provvedimenti, ai cui lavori forse era il caso di far intervenire qualcuno che masticasse di banca.
Non mi soffermo sull’applicazione dei tassi e condizioni, di cui Il Sole 24 Ore (cfr. Serafini) ha fatto rilevare la complessità, mentre MF ha titolato, addirittura, “l’enigma dei tassi”, arrivando a conclusioni diverse, nonostante l’autorevolezza delle due testate.
Ognuno, ovviamente, deve fare al meglio il suo lavoro e noi oggi stiamo chiedendo solo questo ma, per serietà professionale, dobbiamo ricordare che “sembra facile ma non lo è”, neppure per noi Banche.