Impotenti e disperati, tanti genitori chiedono aiuto non sapendo come bloccare l’epidemia di droga che minaccia i propri figli, sovente difficili da gestire proprio perché irreparabilmente segnati dalle conseguenze dell’abuso di alcol e di stupefacenti, che circolano durante serate di sballo e techno, alle quali partecipano anche minori. Disporre di danaro non è poi tanto difficile se si frequentano giri pericolosi e ci si concede senza riserve a loschi predatori, vogliosi di giovani corpi. Spesso si tratta di comportamenti autodistruttivi, che lasciano nella solitudine di un pianto senza consolazione le famiglie. Intanto la precocità nel consumo di sostanze eccitanti insidia la salute fisica e mentale dei minori, la cui mente rischia di essere minata da disfunzioni neuronali. La tossica dipendenza in cui si precipita e dalla quale è difficile uscire, determina preoccupanti conseguenze comportamentali. Non deve meravigliare, perciò, l’improvvisa aggressività che fa diffondere a macchia d’olio il bullismo. L’impulsività delle azioni rivela l’ingovernabilità del soggetto, segnato dai disturbi del sonno, da deficitaria attenzione con effetti dirompenti nella capacità di concentrazione, che affligge la memoria e condiziona il senso etico e le scelte morali. Ragazzi siffatti mettono alla prova anche i genitori più pazienti e comprensivi, soli nell’affrontare un problema sociale che si rivela sempre più una epidemia alla quale la comunità dovrebbe cercare di porre riparo.
Ci si dovrebbe orientare per tolleranza zero; invece, si evoca una progressiva liberalizzazione, solare evidenza della sostanziale inadeguatezza del mondo politico, incapace di provvedere e condizionato dalla sua ipocrita trasversalità. S’invoca il sacrosanto rispetto della libertà, proponendola come antidoto alla vendita abusiva di queste sostanze. In realtà è solo ottusa insensibilità. Non ci si pone il problema delle conseguenze per una generazione che rischia di vedersi irreparabilmente insidiate le funzioni intellettive e affettive. Legittimare in nome di una presunta libertà un sempre più diffuso autolesionismo non aiuta gli adolescenti a superare con serenità normali problemi adolescenziali. A loro serve anche sentir pronunciare il monosillabo NO quando è necessario; accompagnato dalle dovute motivazioni diventa un processo non negoziabile della maturazione nel percorso educativo. Così il ragazzo approda alla maggiore età strutturando adeguatamente la propria personalità; acquista consapevolezza circa il senso del limite e consente ai talenti di cui è dotato di poter esprimere al meglio le relative potenzialità per arricchire se stesso e la comunità nella quale è chiamato ad operare.
Abituare a pronunziare dei NO deve essere un esercizio condiviso da tutti nella società; ma come proibire l’uso di alcol o droga se i minorenni hanno la possibilità di trovare queste sostanze dappertutto? Perché coloro che le commercializzano non vengono considerati dei veri mercanti di morte? La subdola pubblicità, che invia suadenti messaggi circa la desiderabilità di sentirsi eccitati e, senza inibizioni, pronti a celebrare l’anarchia autodistruttiva scambiandola per libertà, ha grandi e gravi responsabilità anche per le conseguenze legate alle malattie causate da un’indiscriminata promiscuità. Che dire dello stillicidio d’incidenti alla guida di scooter e di auto, del crescente fenomeno di gesti auto-lesivi per l’incapacità di sapersi orientare tra picchi euforici ed impennate di depressione, responsabili a volte anche di suicidi? In tal modo si bruciano vite adolescenti, o alle giovanissime generazioni si prepara un futuro sempre più cupo per le conseguenze degli insuccessi nello studio, nelle dinamiche di socializzazione, nel mondo del lavoro per chi ha la fortuna di trovarlo. Rispetto a questi tragici problemi c’è ancora chi propone di liberalizzare le droghe, evidente abdicazione alla responsabilità educativa, mentre il senso morale della nostra società sempre più liquida va alla deriva e la parola libertà, pronunziata a sproposito, non riesce più a coprire la cancrena che insidia trama, struttura e tessuto comunitari.
Rispetto a questa situazione, la liturgia della Parola della scorsa domenica ha fornito alcuni elementi di riflessione, una sorta di preparazione al passo del vangelo nel quale Gesù parla usando parabole, genere letterario da lui portato alla perfezione e col quale non solo è capace di comunicare idee alla nostra mente, ma suscita coinvolgenti emozioni, metafore rassicurati nel descrivere le modalità di azione del disegno salvifico di Dio, messaggio di redenzione rivolto a tutti. Soltanto chi per incredulità o perché soffocato dai condizionamenti del contingente non sa custodire il seme che ha ricevuto in abbondanza si autoesclude. Chi, invece, ripone fiducia nel Signore entra nel Regno del bene e della felicità, che è alla portata di ciascuno di noi. La paraboa del seminatore (Mt,13) invita ad un serio esame di coscienza nel considerare le caratteristiche del proprio animo, se è sgombro da condizionamenti e sa gustare la libertà di un adesione foriera di fecondi raccolti. Ma per arricchire la propria vita di positivi risultati occorre uscire dal proprio io e donarsi agli altri. E’ una proposta di vita all’inizio percepita come difficile o inefficace, ma che diventa allettante dopo i primi passi nella giusta direzione. A tanti adolescenti, che in queste settimane di vacanze ricercano divertimenti anche sopra le righe, non rimane che dire: provare per precedere!