Di L.R.
Due settimane fa si è svolto l’incontro di programmazione pastorale il clero della diocesi di Vallo durante il quale è stato fatto il consuntivo (positivo) delle attività dello scorso anno ed è stata tracciata una intensa programmazione per quello appena iniziato. È stato un periodo contraddistinto dall’appuntamento giubilare con la misericordia, una grande opportunità per riflettere sulla condizione attuale della popolazione cilentana ed aprirsi alla speranza di tempi migliori per la generosa attenzione del Padre, pronto a dare fiducia e consentire di ricominciare con rinnovata lena il cammino nella storia, un viaggio concreto che, per aver successo, richiede una sentita sollecitudine verso gli altri. Tuttavia si continua a registrare un senso di smarrimento per una sostanziale assenza di leadership civile: chi ha scelto di esercitare questa importantissima funzione appare disorientato. Una diffusa approssimazione ed il condizionamento di una reiterata prassi sempre meno efficace fanno crescere a dismisura i problemi e rendono sempre meno vivibile il territorio o appetibile la permanenza in una sub-regione presentata come un paradiso che attende solo di essere conosciuto e gustato!
Sembra rivivere la stagione della ricostruzione dopo le tragiche vicende belliche anche se non si son patite distruzioni e sconvolgimenti causati da eventi militari, invece aleggia lo stesso smarrimento per la diffusa paura circa il futuro che ci attende e preoccupa soprattutto le giovani generazioni, la cui percentuale di presenze nella piramide demografica locale si va sempre più restringendo. Come conferire fiducia a chi continuamente si domanda: che ci faccio qui? Posso continuare a dipendere dalla mia famiglia? Quali sono le concrete prospettive di lavoro? Quali le possibilità se alla manifestata disponibilità di mettere a frutto nella mia regione i talenti si risponde sbarrando le porte perché le si devono aprire per fare entrare solo chi ha un potente patrocinatore, tragicamente prepotente?
Forse la diocesi potrebbe trovare un motivo d’impegno anche esterno alla ristretta cerchia degli operatori delle piccole comunità, generosi nell’azione, ma forse condannati ad avere scarso seguito, scegliendo di divenire stimolo propositivi nell’impegno sociale. Un felice spunto potrebbe essere tratto da una recente pubblicazione: DOCAT – CHE COSA FARE? La dottrina sociale della Chiesa spiegata ai giovani, un compendio ed una guida per l’impegno sociale pensata e realizzata per i giovani. I capitoli si concentrano sul suo ruolo nella società affrontando tematiche economiche e ambientali, la questione delle migrazioni e della povertà, il ruolo della famiglia nella comunità, il senso dell’impegno civile per la pace e la giustizia.
Questi argomenti potrebbero essere oggetto di una riflessione anche per politici ed amministratori locali, dopo una preliminare attenta meditazione sulle tematiche più significative che possono emergere da una proficua partecipazione alla chiusura dell’anno giubilare che la diocesi ha previsto per il prossimo novembre. La richiesta di misericordia dovrebbe presupporre una riflessione sul territorio che amministrano e sulla situazione nella quale si trascina da anni, un evidente PECCATO per le coscienze non solo cristiane, ma anche solamente orientate verso un umanesimo compassionevole. Considerazioni di questo tipo potrebbero portare ad un necessario PENTIMENTO sul quale gli abitanti del Cilento potrebbero fondare la reiterata INDULGENZA per iniziare insieme il necessario PELLEGRINAGGIO di conoscenza e d’impegno che aiuta ad attraversare la PORTA dei propositi per il bene comune segnati da una concreta, immediata, fattiva, coinvolgente e propositiva azione nella quale finalmente mettere in cantiere e realizzare le OPERE DI MISERICORDIA innanzitutto corporale delle quali la società liquida e desertificante del Cilento ha urgente bisogno e che attende da tanto, troppo tempo. Un modo per muoverci e per smuoverci, come sollecita da tempo papa Francesco.