Le risorse identitarie, creative e culturali di un territorio possono oggi dar luogo alla progettualità di una città dinamica. Queste, fondamentali nel creare nuovi valori urbani, devono rispecchiare la caratteristica di ogni singolo individuo che si appresti alla contribuzione prospettica del creare.
Ogni cittadino è dunque attore responsabile per la costruzione della città in senso animato, energico, ma soprattutto occorre l’impegno di chi si occupa della politica locale, unitamente a coloro i quali ricoprono ruoli tecnici, fino a coinvolgere imprenditori, scuole e associazioni. Ciò sarà artefice di una corresponsabilità sociale nel creare un processo fine alla realizzazione, al sostenere e favorire le spinte necessarie allo sviluppo economico territoriale. Dovranno quindi essere le conoscenze locali, attraverso i loro incipit innanzi alla possibilità di crescita, a facilitare il varco del confine che divide una tipologia di città pigra e la possibilità di ottenerne una di tipo produttiva e competitiva in tutti i settori. Cercare nuove opportunità per nuove originalità sociali, implentando un’altrettanta nuova elaborazione di identità territoriale, non solo genera una sorta di “famiglia sociale” ma anche il patrimonio di quella stessa società ne gioverebbe, divenendo facile nel farsi comunicare all’esterno per le sue competenze, le sue ricchezze, tradizioni, esperienze e cultura.
Per quest’ultimo punto, interessante risulta essere oggi lo strumento che è disponibile per tutti: il panorama dei social, il quale riempie la quotidianità del singolo cittadino. Seppure questo molte volte diventa un mezzo non appropriato alla genuinità del dialogo, altrettanto spesso costituisce un ottimo veicolo per far crescere la potenzialità di un contenitore culturale, se utilizzato per scopi benefici verso la propria città. Quindi esaltandone la storia, la memoria, l’arte e i luoghi piuttosto che evidenziarne le problematiche. Tuttavia i social restano il mezzo per una non meglio precisata condizione che possiamo definire come una produzione e un consumo di informazioni, che più o meno, a seconda del contenuto, si trasforma in un contenitore di conoscenze.
Occorre tenere presente che l’ espansione della New Economy, delle ICT e della Net-Economy, che hanno origine da alcune fondamentali innovazioni scientifiche, hanno consentito di produrre strumenti e macchine per il consumo di cultura audiovisiva, disponibili e accessibili a costi relativamente contenuti in ogni parte del mondo a miliardi di persone. A sua volta la domanda di cultura ha registrato un rilevantissimo incremento a seguito dello sviluppo dei processi di istruzione dei nuovi fenomeni di urbanizzazione, di creazione di meta-città e di aumento della ricchezza culturale individuale. Questa tendenza di dimensioni mondiali ha trainato la domanda dei beni dell’industria dei contenuti (editoria, cinema, musica, audiovisivo, musei, biblioteche, escursionismo, turismo) e delle altre industrie culturali e servizi accessori per i mercati dei beni istruttivi e creativi (pubblicità, sistemi legali, formazione). Tale ambiente è, verosimilmente, un ottimo canalizzatore di interscambio delle informazioni, in questo caso di tipo territoriale, che possono essere trasferite al grande pubblico e da questo agli operatori turistici, in quanto, se una comunità intera interferisce positivamente a raccontare l’identità del territorio, i suoi beni, le sue storie e i suoi valori, chi riceverà questi dati non farà altro che apprezzare, gradire e condividere una “cultura locale” che se non trasmessa una volta acquisita nella sua originalità endogena, resterà solo una mera dissintonia tra ciò che desideriamo ottenere e ciò che invece potremmo conquistare.
Trasferire un’immagine dei propri luoghi colmi di creatività e cultura posizionerà non solo il singolo individuo nella collettività, migliorandone altresì il profilo contributivo per la crescita del paese, ma invoglierà ancor più il desiderio dei destinatari a conoscere questi spazi, a viverli e a condividerli. Il patrimonio di conoscenze dovrà essere percepito e vissuto come uno spazio attrattivo all’interesse di ognuno, al fine di comunicare un qualcosa in forma univoca e imprescindibile. Ovvero, la concezione di uno status culturale nel senso del “potere intellettuale” e non solo come formazione individuale. Per cui, oltre a dover trasmettere conoscenze particolareggiate sull’arte, la storia o sulle ricchezze locali, il cittadino deve serrare in un unico pensiero l’insieme dei valori del proprio territorio, trasformandolo in un modello comportamentale che caratterizzi il singolo come collettività. Occorre anche dire che il processo creativo è profondamente influenzato dall’atmosfera educativa in cui si sviluppa, pertanto aggiungiamo che un ambiente più è libero da preclusioni, di qualsiasi natura, più si presta a modellare il concetto di cultura. Questa, così come la stiamo qui argomentando (potere intellettuale) è un bene universale consolidato, quindi un bene che ci appartiene da sempre, come è giusto che sia; tuttavia spesso dimentichiamo di valorizzarla e ancor più di proteggerla. In sostanza non conosciamo il suo effettivo valore e il ruolo che essa potrebbe avere nello sviluppo territoriale. Creatività e cultura sono una combinazione perfetta, quindi uno strumento, un meccanismo completo, una forza, che può posizionare la città di Capaccio Paestum verso la continuità di una crescita locale che non si confonda in maniera assoluta nella staticità e nel non progredire dinanzi alla necessità, oggi, di emergere sempre più nel panorama turistico come in quello economico e sociale. Produrre ancor più cultura e farlo attraverso l’educare, il formare, il sostenere la ricerca e gli studi territoriali pertinenti, poiché, probabilmente ci è noto, la creatività presume costanza e nuovi modelli decisionali e gestionali, continuamente in funzione, specialmente nell’interesse educativo endogeno. Tra l’altro, per dirla attraverso il risultato di uno studio, essa rappresenta un dato fondamentale per la costruzione dell’identità, della collettività e dei luoghi, prerogative queste che contribuiscono e sostengono lo sviluppo territoriale. In più possiamo affermare che la cultura stimola il senso emotivo dei cittadini verso le ricchezze locali e quelle intuitive, nonché verso la realizzazione dei processi di valorizzazione. Non possiamo dire che l’economia culturale nella città di Capaccio Paestum sia stata, o sia tuttora, assente dai contenuti innovativi e implementari utili al processo strategico di valorizzazione oltre a contribuire alla macro economia nazionale. Piuttosto possiamo constatare che questa, pur esistendo, non si è sviluppata nel pieno della sua efficacia e nella sua completa interconnessione con le politiche di impulso, quindi nel settore di attività economica che produce beni e servizi culturali a vocazione locale. Ciò è accaduto proprio grazie alla differenziazione che si è creata nel territorio tra beni esistenti di superba immagine e importanza, e le altre ricchezze locali che ben potrebbero beneficiare, se non dello stesso modo, quanto meno di un reale collegamento tra questi e il nucleo dell’immagine storiografica, museistica e archeologica centrale, nella divulgazione del richiamo turistico.
Poiché vi è una connessione fra il capitale culturale e lo sviluppo economico, questa relazione potrebbe anche trarci in inganno sul tentativo di voler fornire una definizione di “capitale culturale” e di un concetto nelle teorie di sviluppo, poiché innesca un’altra domanda: se è possibile utilizzare questa definizione ai fini della politica economica. Ebbene pare di sì considerato gli studi fatti su questo argomento, ma soprattutto gli interventi, volti all’arricchimento del capitale culturale, compreso la tutela delle risorse materiali e non, ricevute in eredità dal passato, dalla storia e quindi anche dalla memoria locale. Si conforma così la nostra teoria con una sintesi di probabilità sull’investitura che vogliamo dare alla cultura economica in ambito locale, cercando una visione che sappia coniugare le multiformi offerte territoriali con la centralità del ruolo che hanno i musei e l’area archeologica.
Città creativa e identità dei luoghi, cultura dell’economia, esperienza, pianificazione strategica e performance gestionale non devono rappresentare solo delle “keywords” per condurre i processi di sviluppo delle città, ma lasciare a queste la libertà di proporsi come strumenti integrati, per riattivare il tessuto urbano e ricodificarlo con una forte identità culturale, impiegando risorse positive e procedure gestionali innovative. Seguendo questa teoria, la creatività sembra essere direttamente proporzionale alla «ricchezza e varietà delle esperienze vissute dall’individuo», le quali alimentano la potenza dell’immaginazione, forza mentale attiva che, secondo un noto studioso, si articola in tre momenti fondamentali, nella vita amministrativa di un territorio: acquisizione, rielaborazione e trasformazione, in pratica gli elementi più semplici da poter applicare alla gestione amministrativa di una città.