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Cos’è un Piano di zona? Come funziona? Si tratta di uno strumento volto a sviluppare e qualificare interventi e servizi socio-sanitari, mettendo in relazione i vari soggetti operanti sul territorio, istituzionali e non. Con l’obiettivo di rendere questi servizi flessibili e adeguati ai bisogni dei cittadini. I comuni definiscono il piano di zona sulla base delle indicazioni dei piani nazionali e regionali. Soprattutto in base ad esigenze e bisogni locali. Le risorse, poi, vengono assegnate a seconda del numero di abitanti, dell’estensione territoriale, delle dinamiche del lavoro e delle condizioni economiche con riferimento al reddito e all’indice di povertà. Ad occuparsi di questi aspetti è l’Ufficio di piano, un organismo che opera in raccordo con i sindaci e con un tavolo tecnico, addetto alla progettazione e al coordinamento. Perciò, le risorse destinate alle varie realtà, sono gestite da questa struttura, che nel nostro caso specifico ha sede a Vallo della Lucania. Esso viene adottato attraverso un ‘accordo di programma’, approvato dai comuni insieme ad altri soggetti. Questi possono essere pubblici cioè Comuni; o privati, organismi non lucrativi (associazioni, volontari…). L’interazione tra più soggetti è importante per la tutela delle persone. In particolare di quelle più deboli che, spesso, oltre a non essere in grado di soddisfare autonomamente i propri bisogni, non sempre riescono a formulare domande pertinenti ai servizi. Questo strumento, quindi, può risultare una risposta strategica, se ben utilizzato e sfruttato. Questo perché rafforza i diritti dei minori, dà priorità agli anziani e ai disabili, potenzia gli interventi a contrasto della povertà, presta servizi alle persone non autosufficienti. Il Piano si occupa anche dei bisogni delle persone detenute, internate e prive della libertà personale. Soprattutto di coloro che scontano la pena in ambito esterno al carcere, e che perciò hanno bisogno di percorsi rieducativi. Altra area di competenza è quella delle ‘dipendenze’, che abbraccia coloro che presentano problematiche di consumo e dipendenza da sostanze psico-attive, stupefacenti ed alcol. Si cerca di garantire servizi adeguati e inclusione sociale anche a coloro che soffrono di disabilità. Inserendoli nel mondo scolastico, al fine di avere l’opportunità di socializzazione, di educazione e di formazione. Così come si garantiscono cure specializzate ai cosiddetti disabili “gravissimi”. I centri di inclusione, tra l’altro sono riservati anche agli immigrati. Per i minori, invece, si vuole garantire il diritto di una famiglia o di crescere in un ambiente idoneo. Sono tutelati anche coloro che si trovano in situazioni di povertà, aiutati mediante contributi economici oppure misure, in grado di stimolare la loro crescita. Iniziative di sensibilizzazione sono rivolte anche alle donne. Infatti è stato presentato, approvato e finanziato un progetto – in fase di organizzazione – che prevede la realizzazione di un Centro Antiviolenza. Complessa, poi, è anche la situazione di coloro che sono affetti da un disturbo psichico o mentale. Colpita la loro sfera cognitiva, sono necessari programmi mirati.
Nel territorio dell’Ambito S/8, si registra un’incidenza di anziani – in base a dati nazionali e regionali – sul totale della popolazione. Spesso una famiglia non ha le possibilità materiali/economiche per farsi carico di una persona anziana. Così, il Piano di zona mira a garantire un’assistenza dignitosa. La scelta dei servizi sociali è utile soprattutto per coloro che hanno un’autonomia limitata. Così, vi sono interventi che mirano alla conservazione della routine quotidiana, ma anche strategie volte a prevenire la solitudine. «La nostra mamma non è più in grado di badare a se stessa né di riconoscere la sua famiglia», queste le parole dei figli di Maria, una signora di 75 anni, affetta dal morbo di Alzheimer. Malattia questa che comporta un lento deperimento mentale e fisico della persona. Maria, per alcuni anni, è riuscita ad avere un’assistenza di 12 ore a settimana, da parte del Piano di zona. Da marzo 2018, non ha più quelle ore, a causa dell’interruzione del servizio, per mancanza di fondi. «Per quanto quelle ore fossero poche – in quanto nostra madre, essendo incapace di intendere e di volere, la assistiamo tutto il giorno – le prestazioni che comprendevano diversi servizi (come cura della persona, aiuto gestione della casa, sostegno per attività quotidiane, semplice compagnia) erano un grande aiuto non solo per l’assistito, ma anche per noi stessi costretti, talvolta, a prendere permessi a lavoro o stravolgere le nostre vite». Infatti, in questi casi sarebbe necessario anche un supporto psicologico alle stesse famiglie, che spesso si trovano a combattere da sole. Una figura, insomma, impegnata in ambito sociale, che possa offrire assistenza psicologica e verifichi di volta in volta lo stato del malato o che indichi un percorso formativo mirato. Diverso è il caso del signor Michele, un ottantenne attivo: «Sono una persona attiva, che ama passeggiare e condurre una vita sana. Grazie alle ore di questo servizio e al supporto di un operatore psicologico, riesco a vincere quei momenti di solitudine in cui incorro».
Il Piano di zona, così come abbiamo visto, si presenta come fortemente strategico. Purtroppo, i suoi sostegni sono ancora troppo fragili e spesso inesistenti. Diventa necessario, perciò, battersi per quelle fasce di cui spesso ci si dimentica. Impedire che i loro diritti vengano distrutti è un’utopia?