Campanaro, S. Giuseppe, Ponte, San Simeone, Acqua dei Cavalli, “petra r l’omne” camminando nei ricordi.
Camminando solitario sulle vie che un tempo mi furono compagne mi è sembrato di poter rendere, anche se in piccola parte, alle genti già andate, quello che regalarono a un bambino che ancora non sapeva dove sarebbe stato portato da destino … In ogni caso, lontano dai quei luoghi a cui era stato destinato.
È questo il pensiero che mi accompagna nell’escursione che mi congedo domenica 14 luglio del 2024.
Esco di casa e scendo per via G. Ricci passando per il “campanaro” e raggiungo S. Giuseppe per raggiungere il “ponte” sul fiume Calore “a secco” come accade sempre nel periodo estivo.
Lungo la via, sguardi curiosi inquadrano il mio andare con un bastone che anticipa i miei passi e il cappello che indosso per ripararmi dal sole. Rispondono al saluto dell’”estraneo” che alterna passi decisi che “sanno” dove andare.
All’improvviso, ecco Rosanna che, affaccendata ad entrare e uscire da un portone all’altro, mi riconosce e, salutandomi, mi invita ad entrare … lo faccio volentieri perché voglio salutare la sua mamma, Melina, che è stata un’attenta lettrice di tutto ciò che abbiamo prodotto con i nostri giornali e sui libri pubblicati.
“Prosciugata” dal tempo e dai problemi di salute, resta vigile nel parlare e nel chiedere risposte a “domande” sui tempi andati. Dopo aver “condito” l’incontro con un buon caffè, riprendo la strada … ed ecco Liliana e Nicola che escono dello stretto vicolo dove vivono … pochi passi insieme ci conducono a ridosso del ponte che io supero, non senza aver inquadrato la casa che mi vide nascere e crescere nei primi anni della mia vita.
Saluto le persone che presidiano gli spazi all’ombra scrutando un orizzonte che non concede niente alla vista ma molto alla fantasia, e mi avvio a ripassare “passi” di un tempo impossibili da esiliare dalla memoria.
La chiesa di San Pietro si erge a dominio della larga scala che docilmente si stringe fino al sagrato.
I sanpietrini che coprono i gradoni cedono il pacco ad uno sterrato che avrebbe diritto ad essere meglio mantenuto. La prima delle tante fontane che accompagnavano greggi e pastori di ritorno o in partenza dalla transumanza delle greggi nella piana del Sele, è afona d’acqua.
A S. Simeone, bevo a volontà e già sono fuori dal mondo anche con i pensieri.
Più avanti troverò la stretta via sulla destra che collega la mulattiera alla SP … che imboccavo quando, bambino, ero diretto a dorso d’asino nelle terre situati nei pressi dell’ampio pianoro destinato a pascolo che, d’inverno, si fa “lago” ai piedi del monte Cervatello.
Davanti a me il tratturo si inerpica ancora più deciso verso la fontana “Acqua dei cavalli”. Questo tratto è stato (e lo è ancora) di un progetto di sistemazione finanziato dal Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni. I lavori, iniziati da due anni, e riguardano “la via Istmica e il sentiero Italia” hanno lasciato il tempo di far “stagionare” gli interventi che sono fermi al palo al quale tanti altri interventi sembrano essersi impigliati. Intanto le siepi di rovi hanno dato idonea “sepoltura” alla cunetta di pietre e legni realizzata per incanalare le acque piovane.
La fontana, situata a dominio dell’ampio avvallamento, seda immediatamente l’arsura del mio corpo e soddisfa la sete che i 35°, uniti allo sforzo dovuto alla salita, hanno provocato.
Imbocco, la SP __ in direzione di Piaggine per godermi il panorama che mi si para davanti, anche un po’ di frescura che offrono gli alberi cresciuti a bordo strada.
Davanti l’occhio spazia dai due paesi gemelli, Valle dell’Angelo e Piaggine; a Laurino, che per secoli li ha dominati; il Monte Cavallo e Chianello; al monte Motola e al versante Sud degli Alburni … mondi che ho saputo “riprendermi” al mio ritorno nella “terra dei padri”.
Un “brivido” mi richiama indietro nello slargo dominato dai rovi … era qui che, ancora acerbe, si affacciano more la cui genesi si perde in quel tempo bambino che infilandole in fili d’erba, portavo fino a casa a madre e sorella.
Più in basso, a sinistra, c’è il sentiero che porta alla “Pietra dell’uomo” (italianizzando). Un luogo speciale da dove si percepisce in modo “plastico” il cordone ombelicale “reciso” che unisce Valle dell’Angelo e Piaggine …
Infatti, è incredibile come sia stato possibile nel tempo mantenere le “distanze” tra le case erette lungo il corso del fiume Calore in quasi due secoli di storia.
Arrivo nella contrada “Tempa” … qui evito le “forche caudine” costituite dalle case costruite ai lati della strada che si è costretti a rispettare e superare per risalire fino al paese, e piego a destra per percorrere la via “Lungo Calore” che mi porterà al “Ponte”.
Risalgo per S. Giuseppe e mi fermo ad osservare lo stabile dove, un tempo, c’era il cinema e la facciata dove ancora resistono i pioli in ferro fissati sulla murata utilizzate dall’addetto per raggiungere il gabbiotto da dove governava il grande proiettore che ci fece entrare nella modernità.
Ancora più avanti, suono al portone del palazzo dove risiede Franco …., l’americano tornato a Piaggine dagli Stati Uniti dopo aver passato 9 anni nel New Jersey e 22 anni in Florida con la sua consorte, donna Giannina, per riassaporare la vita del borgo lasciato per raggiungere i genitori che, nel dopoguerra, dovettero lasciare perché c’era un limite al numero dei figli da poter far emigrare.
Voglio comunicargli che a settembre vado in Pennsylvania, a Lackawanna, con una delegazione del comune di Felitto che andrà a festeggiare la Madonna di Costantinopoli insieme alla numerosa comunità felittese che lì ha messo radici.
Arrivo a casa e, dopo con Gina ci affacciamo in piazza per godere, oltre all’aperitivo servito ad uno dei tanti tavoli che affollano la piazza e da dove, già prima di arrivare, si sente il gorgogliare delle voci dei Piagginesi che vi stazionano per lo stesso motivo davanti ai bar.