L’Amministrazione comunale di Vallo della Lucania pensa ad un nuovo tracciato per quella che viene chiamata la “strada del Parco”, ovvero l’asse viario che dovrebbe essere in grado di migliorare i collegamenti con le aree interne.
Un progetto non più prorogabile, sicuramente tardivo, dopo decenni di aspettative e disagi per chi, avendo deciso di restare nel Cilento, è costretto ad impiegare ore per raggiungere i luoghi di lavoro, di studio e di cura.
Una condizione che ha scoraggiato l’attrattività degli investimenti, finendo per generare una vera e propria emorragia demografica giunta quasi ad un punto di non ritorno, se non si porranno rimedi seri ed in tempi brevi.
Si è riscoperto un antico percorso, quello che poco prima dell’agro di Pattano, si dirige dalla vecchia Statale 18 verso Gioi, attraversando le località Chiusa, Buono Riparo e Mazzavacche, fondi che un tempo appartenevano ai monaci bizantini, unitamente a tutta la vallata che dalla Badia di Santa Maria si estendevano fino quasi al mare, dove impiantarono colture innovative, diffondendo prosperità e benessere.
Questi latifondi costituirono poi la principale leva economica per far nascere un nuovo ceto borghese, allorquando le riforme del “decennio francese” sancirono l’esproprio e la vendita all’asta di migliaia di ettari appartenuti a questo e ad altri ordini religiosi.
Da qui la nascita di Vallo quale centro produttivo e commerciale, per poi divenire anche un importante presidio amministrativo, giudiziario e culturale, grazie a questa nuova classe emergente, capace di coniugare gli interessi familiari con la pubblica utilità. Furono proprio alcuni esponenti delle famiglie Iannotti, de Hippolytis, Stasi etc a muoversi per ottenere la Diocesi a Vallo e prima ancora, il ceto dei conciatori di pelli a garantire forniture all’esercito napoleonico, tali da ingraziare il sovrano che premiò Vallo, quale sede della Sottoprefettura.
Emblematica la figura di Giovanni Stasi, avvocato e proprietario terriero, fratello del più celebre Raffaele, letterato e poeta, nonchè due volte sindaco di Vallo.
Nel 1845 costruì un ponte in muratura, detto del Compigno, spendendo la cifra di 700 ducati, cedendolo poi al Comune di Vallo della Lucania. Serviva a superare il torrente Badolato, agevolando il collegamento con le località di Gioi, Sala di Gioi e Salella (le attuali Gioi Cilento e Salento), “venendo a sostituire un vecchio ponte in legno, scomodo e pericolante, attraverso un percorso pietroso e scosceso”.
Questo ponte esiste ancora ed è utilizzato quotidianamente dai locali che forse ne ignorano la storia e la genesi.
Un ponte che rappresenta una metafora suggestiva circa la visione strategica di chi, avendo ricevuto tanto dalla propria posizione sociale ed economica, pensò di restituire alla comunità una infrastruttura che univa i territori pensando alla crescita sociale ed economica di tutti.
Un monito alla politica affinchè si lavori sempre per unire e non per dividere, costruendo ponti ideali e materiali, demolendo le barriere fisiche e mentali che ostacolano il progresso.
Un esempio soprattutto per la borghesia contemporanea, per chi ricopre posizioni importanti, per chi ha realizzato profitti nelle attività di impresa, nell’ industria, nel commercio, nell’edilizia, nelle libere professioni, nella sanità, spronandoli a donare anche una quota marginale dei propri guadagni in opere di pubblico interesse, nella consapevolezza che le leggi moderne riconoscono importanti benefici fiscali per queste donazioni.
Magari adottando un monumento, il restauro di un’opera, promuovendo delle attività culturali e sociali.
Lasciando così un segno tangibile ai posteri, anche piccolo, ma capace di regalare l’immortalità con un gesto nobile, come quello dell’avvocato vallese Giovanni Stasi.