Ho recuperato una mia pubblicazione, vecchia di qualche lustro, che raccolse le mie “Lettere dalla diaspora”, pubblicate, di settimana in settimana, sul quotidiano “La Città”. Ne ho rilette alcune e le ho trovate di scottante attualità.
Oggi ne ripropongo una destinata ai “gitanti” della “pasquetta”, ai quali lanciavo messaggi, che ritengo ancora validi in vista della prossima che prevedo particolarmente affollata per le prime giornate di sole di primavera a lungo desiderate.
Caro gitante,
come da tradizione, lunedì ingrosserai le fila dell’esercito dei vacanzieri e, di buon’ora e con i mezzi di cui disponi (grossa cilindrata, vecchia utilitaria, moto super accessoriata), in comitiva caciarona, con famiglia canterina, con l’amico/a del cuore, pagherai il tuo contributo di stress lungo autostrade intasate, statali e provinciali a passo da corteo, sentieri di campagna affollati come il centro-città nelle ore di punta. Respirerai, a pieni polmoni, la tua dose di veleni da scarico, sarai bombardato, a limite di decibel, da radio a tutto volume, subirai gli insulti di attaccabrighe in libera uscita. Assisterai impotente alle furbate dei sorpassi in corsia di emergenza. Tutto come olocausto dovuto al rito della scampagnata fuori porta.
Destinazione: pinete e spiagge del litorale, monti dell’interno, accoglienti villaggi di pescatori della costa, prestigiosi monumenti di storia e di arte disseminati un po’ dappertutto: gran pienone come per una prova generale per la stagione turistica che batte alle porte! E il mio Cilento, da Paestum a Sapri, passando per Punta Licosa, Acciaroli, Velia, Palinuro e Scario, rimbomberà del vocio festante del popolo di pasquetta. Tu, fra i tanti, avrai la tua fetta di pineta da lordare con contenitori di plastica svuotati dei pasticci pasquali, con carte argentate unte di residui di insaccati, con schegge di uova sode monde in totale libertà, con bucce di banane lanciate nel tiro a bersaglio in probabili cestini portarifiuti, che qualche amministratore avveduto ha inutilmente collocato in bella vista. Occuperai con arroganza la tua porzione di spiaggia per improvvisate partite di calcio con strascichi di porte abbandonate, tappeti di cicche e pacchetti di sigarette vuoti, fazzoletti di carta, bisogni di bambini e cani. Spirito romantico e sognatore scalerai scogli a precipizio e conquisterai forre appartate, ove lascerai tracce ben visibili del tuo passaggio. Assalirai con furore vandalico siepi e alberi in fiore per portarti via fasci di gratuita violenza. E, così, quella che dovrebbe essere una festa all’aria aperta, a contatto gioioso con la natura che si rigenera nel caleidoscopio di luci e di colori della primavera, per la tua insipienza, ignoranza, insensibilità o, peggio ancora, per deliberata vocazione allo sfregio ambientale, sarà connotata da ferite al territorio e alla civiltà.
Se mai avrai tempo per una qualche riflessione, tra scialo di “casatielli” e pastiere, acuti e ricami di canzoni napoletane, frenesie di rock metallici e discutibili messaggi di rap demenziali, ricorda che a Paestum fiorì una grande civiltà di eleganza, armonia e bellezza testimoniata ancora oggi dalla sacrale maestosità dei templi dorici, che da Licosa a Palinuro le menti ispirate degli antichi poeti collocarono il regno delle sirene, aeree e sfuggenti creature di sogno, di malia, di seduzione e di bellezza, che nella conca di Elea Parmenide e Zenone accesero il fuoco sottile della filosofia, che da Pisciotta, a Scario, a Policastro, Enotri ed Itali vissero stagioni felici di are e di cultura prima di trasmigrare e trasfigurare nel contenitore della Magna Grecia.
E se mai dovessi tentare itinerari di penetrazione lungo strade che costeggiano fiumi immacolati di selvaggia bellezza, paradisi di trote e lontre, il Calore, l’Alento, il Mingardo, il Bussento, sappi ascoltare storie e misteriose leggende (briganti generosi, baroni illuminati, preti rivoluzionari, abati artisti, nobildonne ferite nell’orgoglio e negli affetti, re e condottieri periti tra gole di monti e inghiottitoi di fiumi: Spartaco sconfitto da Crasso nel kenion di Tremonti, tra Trentinara e Giungano, Alarico inabissatosi, forse molto forse?, con cavallo e tesoro nei segreti carsici del Bussento).
Se ti avventuri per percorsi di montagna, al Vesole o dal Cervati al Gelbison, dallo Stella al Bulgheria, porgi l’orecchio a canti che inneggiano a madonne che hanno inglobato nella religiosità cristiana la ritualità pagana. Se ti addentri nei centri storici dei paesi disseminati sui crinali delle colline avrai la piacevole sorpresa di una calda ospitalità e di manifestazioni sospese tra storia e leggenda, fede e superstizione. Prignano, ad esempio, ti accoglierà con il frullio di ali di angeli in volo con spade vendicatrici contro Turchi invasori.
Dovunque tu vada, sia che privilegi le mete tradizionali della costa o esplori nuovi e suggestivi itinerari dell’interno, abbi RISPETTO per la storia, l’arte e la natura della mia terra. Godila in piena libertà e serena letizia, ma NON FERIRNE con atti di inciviltà l’intatta BELLEZZA. Identico invito e, sotto certi aspetti, ancora più pressante, mi sento di farti se sceglierai come meta la Costa D’Amalfi, l’altro mio territorio dell’anima, che è e resta uno scrigno di tesori che il mondo intero ci invidia.