In questi giorni la stampa ha commentato l’aggressione organizzata da una regia occulta che ha guidato i gruppi di facinorosi all’assalto della polizia e dei carabinieri. Tanti i giovani impegnati a procurarsi sampietrini per e lanciarli contro le forze dell’ordine mentre il fumo dei lacrimogeni rendeva sempre più irreale lo slargo davanti al palazzo della Regione Campania. Il tutto è avvenuto a Napoli lo scorso venerdì ed ha animato il dibattito di sociologi, politici, amministratori, giornalisti. Danno da pensare i primi piani ingranditi dei protagonisti della violenza. In quei volti è possibile intravedere i nipotini dei tanti “lazzari” che hanno segnato alcuni dei momenti più drammatici della storia di quella città, personaggi che riuscivano a sopravvivere ricorrendo ad espedienti per procurare cibo e vestiario, spesso forzatamente sfaccendati per cui si adattavano a qualsiasi mestiere e, talvolta, compivano furti o raggiri dei quali si vantavano per la prova di destrezza, mentre nella situazioni più difficili erano costretti a mendicare. Da qui il nome di lazzaroni, non un riferimento al paziente e pacifico Lazzaro della parabola evangelica, ma un termine che indica il loro vestito, cenci laceri e strappati.
La differenza nel vestiario non eleva lo status di chi lo scorso venerdì ha inscenato la protesta degenerata in guerriglia urbana. E’ un episodio che invita a riflettere e pare opportuno sviluppare una considerazione facendo riferimento a quanto il papa ha scritto a proposito della necessità di una riforma della proposta educativa. Infatti, necessarie misure sanitarie risulteranno sempre insufficienti se non sono accompagnate da un nuovo modello culturale. E’ una urgenza che non convince tanti, troppi, coloro che nella chiusura delle scuole hanno individuato il primo e facile strumento per dare la sensazione di voler combattere l’epidemia. Invece deve far crescere la consapevolezza della necessità di una svolta nel modello di sviluppo, urge una accresciuta sensibilità perché si rispetti e si tuteli la dignità della persona. Va riscoperta la bontà della interdipendenza planetaria e a questo fine risulta insostituibile l’educazione per rompere determinismi e fatalismi proni all’egoismo del più forte, abile nel sollecitare il conformismo del debole.
Il 15 ottobre in un videomessaggio papa Francesco ha esaltato la funzione dell’educazione. Egli la considera un atto di speranza ed una guida per realizzare una integrale partecipazione ed una umanizzante condivisione. Nei tornanti della storia ci sono dei momenti nei quali l’umanità deve impegnarsi a prendere posizione per superare scenari di sconforto e di smarrimento. Questa esperienza oggi impone di sottoscrivere un patto con le giovani generazioni. Famiglie, comunità, scuola, istituzioni, religioni, governanti, tutti devono contribuire a formare persone mature, capaci d’incidere sulla società dando vita a una nuova cultura. Diventa essenziale mettere a base del processo educativo il valore e la dignità della persona per farne emergere la singolarità, la bellezza e le capacità ascoltando la voce dei bambini e dei ragazzi, ai quali trasmettere valori e conoscenze per prepararsi ad un pacifico futuro di giustizia e, di conseguenza, stimolare in loro l’interesse per la crescita e il progresso della casa comune, proteggendola da ogni iniquo sfruttamento.
Educare è un arte difficile, richiede grande capacità ed una inesauribile pazienza perché si tratta di trarre fuori da un individuo ciò che egli già ha dentro ma che non riesce a riconoscere. La sua è la posizione di alunno che attende di essere nutrito. E’ la costante esperienza di una educazione globale. Nella sua complessità, essa non si realizza provvedendo i singoli delle pur necessarie piattaforme informatiche. Intanto, le tante carenze esistenti rischiano di accentuare le diseguaglianza nel naturale processo di sviluppo pedagogico determinando la paventata catastrofe educativa per la crisi economica generata dal coronavirus. Non si tratta solo di fornire aule ed idonee attrezzature perché gli spazi educativi non si identificano con la prassi della sostituzione e della ripetizione di esperienze standardizzate. Sono necessari nuovi orizzonti per esaltare la solidarietà intergenerazionale e così rispondere alle sfide e alle emergenze trovando soluzioni alle esigenze dell’umanità di oggi e di domani.
Come ha già sperimentato la nostra area negli ultimi due secoli, l’educazione rimane un’efficace e insostituibile strumento per umanizzare la storia mentre si fa crescere il singolo perché é innanzitutto una manifestazione di amore e di responsabilità trasmessa nel tempo. La stimolante opportunità di un rinnovato cammino educativo deve impegnare tutti. Chi se ne disinteressa volge lo sguardo verso la posizione sbagliata perché consente pesanti ingiustizie sociali, diventa responsabile della violazioni di diritti fondamentali, determina profonda povertà. Sono tutte disfunzioni che, prima o poi, possono coinvolgere i nostri giovani se precipitano in situazioni di solitudine e di sfiducia verso il futuro con conseguenti depressione, dipendenze, aggressività, odio verbale, atti di bullismo. Le conseguenze possono essere devastanti perché l’appiattimento sull’utile del momento, sollecitato dalla funzionalità dell’azione burocratica, tende a confondere l’educazione con la mera istruzione e così si atomizzano le culture sacrificando l’esperienza formativa integrale e partecipativa.
La pigrizia mentale non contribuisce a porre un freno alla frammentazione che acuisce le contrapposizioni di fatto esistenti anche tra noi. Invece è richiesto il coraggio di rifondare il tessuto sociale con favorevoli relazioni per parlare la lingua della fraternità senza attendere tutto da chi ci governa. E’ tempo di dare spazio alla corresponsabilità e divenire parte attiva nel riabilitare la comunità con risposte che aiutano ad armonizzare le diversità abituando a ricercare il bene comune e realizzare una convergente architettura della pace: tutti insieme, ognuno donando ciò che egli è, guardando avanti per intravedere comunitariamente la civiltà dell’armonia.
L.R.