Se si dovesse scrivere la storia del turismo a Paestum non si potrebbe fare a meno di raccontare l’impresa di Peppino Acanfora che, improvvisamente, il 28 luglio 2017 ci ha lasciato per in infarto che lo ha colto lì, prima nel villaggio Olimpia in Ascea e poi all’ospedale San Luca di Vallo della Lucania.
Ho avuto il piacere di condividere con “don Peppino” alcuni momenti della mia esistenza sia in compagnia di altre persone sia vis a vis e li voglio qui ricordare per testimoniare il carattere di un uomo che ha lasciato il segno sia nella sua famiglia ristretta sia a quella allargata e nella società in cui ha vissuto per oltre mezzo secolo.
A cavallo degli anni ’70 e ’80, ero in vacanza a Roccadaspide e con i miei cognati decidemmo di trascorrere il veglione di capodanno a Paestum. Alle ore 22:00 ci presentammo all’ingresso dell’hotel Cerere per chiedere prezzo e posti: l’artista che ospite della serata era Tullio De Piscopo.
Ci accolse un signore distinto nel vestire e sbrigativo nei modi. Era don Peppino che accoglieva gli ospiti che avevano prenotato e li indirizzava verso i tavoli. Il prezzo era alto per noi e di posti non ce n’erano!
“fatevi un giro – disse – e tornate più tardi …”
Girammo invano per un’ora tra i vari hotel e, ormai scoraggiati, tornammo al Cerere più per scrupolo che perché avevamo speranze si potervi entrare.
Invece, “don Peppino” ci accolse come se stesse aspettando proprio noi: “eccovi finalmente – ci apostrofò – c’è un tavolo di 8 posti pronto per voi, se lo volete. Il prezzo è ottimo visto che chi aveva prenotato non è venuto. Accomodatevi subito.”
Ci tenne d’occhio tutta sera: ogni tanto passava tra i tavoli e non poteva fare a meno di avvicinarsi e ricordarci che eravamo seduti ad uno dei tavoli più vicini all’artista …
Quando, nel 2010, conobbi da “vicino” Peppino Acanfora per un’intervista organizzata con gli studenti dell’Istituto Alberghiero di Albanella, gli ricordai quel primo incontro. Mi volle a pranzo con sé all’Hotel Cerere. Mi chiese scusa un attimo e si allontanò per un 14 d’ora. Tornò con 4 uova che era andato a prendere alla sua casa di fronte e mi disse: “io mangerò due uova al tegamino! Tu quello che vuoi”. Dovetti insistere per potermi cibare della stessa pietanza. Poi si aprì il “rubinetto” dei ricordi …
Parlò a lungo raccontandomi la sua storia: Il suo arrivo a Paestum, l’apertura del primo albergo, il Cerere; l’intuizione del Mec Paestum e le vicissitudini che seguirono che gli causarono grandi sofferenze umane e professionali; l’ingresso dei suoi quattro figli nella gestione delle due strutture alberghiere; i rischi corsi per allargare ancora l’impresa fino ad Ascea …
Insomma, un pranzo lungo una “vita” da raccontare.
Ho incontrato altre volte Peppino nel corso degli ultimi anni, sempre per motivi professionali, ma ho sempre portato con me l’immagine di una persona che aveva cose interessanti da raccontare e un’esperienza unica da tramandare.
La moglie, Maria Sofia ed ai figli Luisa, Marietta, Luigi e Pasquale, i nipoti e la famiglia allargata oggi lo piangono per quello che è stato come marito, padre e nonno. Ognuno di loro potrà ritrovarlo in uno o più momenti significativi vissuti con lui.
Paestum e il Cilento rimpiange il fatto di aver perso un uomo del fare che ha dato lavoro ad un’infinità di persone. Ma è consapevole che le sue opere in mano a figli continueranno testimoniare lo spirito intraprendente.
Rimane in me il ricordo di un uomo con la sua parlata chiara, l’accento napoletaneggiante, il carattere deciso e il sorriso aperto e accogliente con cui apriva ogni conversazione …