Domenica scorsa la Città ha pubblicato a pagina 24 un allarmato articolo sui giovani cilentani, vittime delle dipendenze, dati secondo il Sid allarmanti perché nel primo trimestre del 2018 sono in ulteriore aumento rispetto alla situazione già preoccupante del 2017. Sono in crescita i consumi di droga, ma anche fumo, alcol e ludopatia minano il benessere della nostra gioventù. È la denuncia del dottor Aniello Baselice, un competente e generoso operatore del settore, che da anni denuncia la situazione. Oltre all’alcolismo si stanno diffondendo altre dipendenze comportamentali: gioco d’azzardo, gaming, uso ossessivo di internet. Il fenomeno sollecita un attento interessamento non solo di chi è demandato alla repressione degli abusi, ma di tutta la comunità, soprattutto di chi si dedica all’educazione dei giovani per contrastare questa negativa spirale. Il problema è ancora più esplosivo se si considera il sommerso, vale a dire il numero crescente d’individui la cui condotta a rischio fa paventare un ulteriore aumento delle dipendenze giovanili. Il disagio anche economico in cui si dibattono tante famiglie certamente non aiuta; privazioni e rinunce, il lavoro precario, le sofferenze dei malati, la triste condizione di chi sopporta una povertà crescente insidiano ogni manifestazione di calore umano capace di procurare gioia. I problemi tendono ad aumentare anche perché all’endemica malavita comune si sta affiancando quella organizzata, che trova in questi comportamenti alienanti una facile opportunità per radicarsi nonostante la reazione di tanta brava gente e l’impegno delle Forze dell’Ordine. Nel tessuto sociale s’intravedono cicatrici che rischiano di sfigurare il volto di una terra che avrebbe tutti i numeri per esaltare la gioia del vivere. Invece nelle relazioni interpersonali si registra una crescente violenza; scriteriata e pericolosa, essa rischia d’invadere anche la scuola quando alunni difesi da genitori irresponsabili minano l’autorevolezza dei docenti assumendo atteggiamenti che a lungo andare portano alla devianza. Una sottile pratica della violenza invade la spazio di libertà dell’altro minando la società. segnata da indifferenza, egoismo, inerzia nel fornire risposte positive, poco attenta alle legittime aspettative dei giovani, decisi a non rimanere parcheggiati con la prospettiva di un becero assistenzialismo, ma sollecitano un inserimento stabile nel mondo del lavoro e delle professioni per fornire il proprio contributo alla crescita civile e sviluppare al massimo i talenti di cui sono dotati.
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Come cittadini responsabili abbiamo il dovere di lanciare l’allarme, contrastare la cultura della violenza e ricordare a tutti e a ciascuno la responsabilità d’impegnarsi perché la società non rimanga un’astratta parola ma sia percepita veramente come una comunità in cammino verso l’autentico progresso. Tutti sono chiamati in causa, in modo particolare i cristiani che debbono sentirsi impegnati in ragione del ruolo nella Chiesa. Occorre cominciare a dare risposte, anche se semplici e non risolutive, a chi viene considerato un peso ed uno scarto e prestare attenzione soprattutto ai giovani, che non vanno dimenticati, trascurati, abbandonati al loro destino, incomprensibile tradimento e colpo gravissimo alla speranza di tutti. Siamo chiamati ad impegnarci senza sprecare le magre risorse a disposizione, la cultura, la fantasia, la determinazione per favorire la sinergia tra Istituzioni, Scuola, Forze sociali, Operatori economici. La comunità cristiana ha un compito precipuo che deve rinnovare considerando il profondo significato della solennità di Pentecoste. Insieme alla Pasqua, della quale è compimento, questa festa costituisce il cuore della fede cristiana, momento fondante perché allora è nata la Chiesa, canale di trasmissione all’umanità di tutti i tempi e di tutti i luoghi della salvezza portata da Cristo. Presso il popolo ebraico la Pentecoste era una allegra ricorrenza a carattere agricolo, chiamata festa della mietitura o dei primi frutti celebrata cinquanta giorni dopo la pasqua. In seguito ha assunto anche il significato di giorno del ringraziamento per il dono della Legge. Ora anche noi abbiamo l’opportunità di ringraziare per un’esperienza comunitaria soggetta al regolamento dell’amore che produce la più dolce delle primizie. Per la chiesa lo Spirito effuso sugli apostoli rende abili a diffondere la freschezza della Buona Novella, nonostante decise e pervicaci resistenze. La forza dello Spirito trasforma l’insegnamento di Gesù in parola rivolta a tutti per la capacità di “parlare in altre lingue”, cioè la predisposizione a saper “inculturare” la Buona Novella a tutti, giusti e peccatori, perché lo Spirito spira dove vuole.
Questo annunzio deve coinvolgere anche i giovani perché è un invito ad essere protagonisti per cambiare il mondo consolidando la fraternità universale; col loro innato ottimismo possono accettare ed esaltare ogni capacità di bene da qualunque parte provenga. È il modo più efficace per continuare l’opera e l’insegnamento di Cristo sperimentando personalmente e testimoniando agli altri l’efficacia del perdono per accedere al regno del Padre. Così tutti, superando l’attuale apparente condizione senza speranza, possono – come si legge nella sequenza della messa di Pentecoste – vivere l’amore misericordioso che ridona fiducia in se stessi, rimargina le ferite della vita, sazia i poveri, fa scoprire i doni personali, riscalda i cuori, consola ogni anima afflitta, apporta il necessario sollievo per non sentire la fatica del vivere, conforta dal pianto grazie alla forza che scalda anche l’individuo più rassegnato perché capace di ravvivare ogni sviato donando a chi lo riconosce una gioiosa esistenza.