Una delle principali problematiche con le quali molti lavoratori si trovano alle prese riguarda la possibilità di accedere al beneficio previsto per i lavoratori precoci oppure all’ape sociale nel profilo dedicato ai cd. lavoratori disoccupati.
Come noto, dallo scorso 1° maggio 2017l’articolo 1, co. 179 e 199 della legge 232/2016 consente a questi soggetti, nell’ambito di risorse annualmente programmate, usufruire dell’APE Sociale se hanno compiuto i 63 anni di età e vantano un minimo di 30 anni di contribuzione oppure, se più favorevole, uscire a 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica, se hanno svolto almeno 12 mesi di lavoro effettivo prima dei 19 anni.
L’agevolazione, tuttavia, è garantita solo ai lavoratori in stato di disoccupazione a seguito della cessazione del rapporto di lavoro dipendente per licenziamento (anche a seguito di procedura collettiva), dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di conciliazione obbligatoria prevista dall’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (attivata, come noto, nei confronti dei datori di lavoro che impiegano una forza lavoro complessivamente superiore ai 15 dipendenti e che procedano ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo). E’ necessaria poi l’ulteriore condizione di aver concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione da almeno tre mesi. In sostanza il beneficio in parola è vincolato alla perdita di un rapporto di lavoro subordinato per licenziamento (sia a tempo determinato che indeterminato, anche a tempo parziale).
Solo a partire dal 1° gennaio 2018 e solo con riferimento ai richiedenti l’ape sociale il beneficio è stato esteso anche nei confronti di coloro la cui disoccupazione sia conseguenza della scadenza di un contratto a termine a condizione che nei 36 mesi antecedenti la cessazione del rapporto di lavoro il richiedente risulti in possesso di almeno 18 mesi di lavoro subordinato. L’indicata agevolazione per i contratti a termine non è stata prevista, invero, per il conseguimento del beneficio previsto per i cd. lavoratori precoci.
Ciò significa che la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro al di fuori dell’ipotesi speciale riconosciuta dall’articolo 7 della legge 604/1966 (es. per il raggiungimento di un accordo con incentivo all’esodo da parte del datore di lavoro) oppure la rassegnazione delle dimissioni (al di fuori della giusta causa) preclude sempre alla possibilità di conseguire l’ape sociale e il beneficio per i lavoratori precoci nel profilo dedicato ai lavoratori disoccupati (salvo il richiedente faccia domanda in base ad altro profilo di tutela, es. invalido, caregivers o addetto a mansioni gravose). Si tratta di una questione da tenere bene a mente prima di avvinarsi a questi strumenti di “flessibilità”. Alcuni lavoratori, infatti, hanno rassegnato le dimissioni contando sulla possibilità di anticipare l’uscita, ma si stanno vedendo rigettata la domanda da parte dell’Inps dato che lo stato di disoccupazione non è conseguenza di una delle suddette (e tassative) cause.
Appare utile ribadire, inoltre, che l’accesso alla pensione o all’ape sociale non è immediato ma occorre prima transitare per la disoccupazione indennizzata (naspi, disoccupazione agricola o mobilità ove ancora spettante) terminandone l’intera sua durata. La precisazione non è indolore posto che se per qualche ragione l’assicurato decada dal diritto alla prestazione prima del suo esaurimento integrale (es. per rioccupazione oppure per mancato rispetto del patto di servizio personalizzato stipulato con il servizio per l’impiego) perderà pure il titolo al conseguimento dell’ape sociale o del beneficio per i lavoratori precoci.
Questi vincoli, invece, non ci sono per il conseguimento dell’ape volontario dato che qui è il lavoratore che si paga gran parte dell’anticipo. Così all’ape volontario possono accedere anche i lavoratori che si sono dimessi, il cui rapporto si sia risolto con un incentivo all’esodo con il datore di lavoro, oppure che siano stati licenziati dal datore di lavoro.