Capri. Estate 1980. L’attrice Domiziana Giordano, la scrittrice Francesca Sanvitale, Dino Trappetti e Umberto Terrelli cenano su una terrazza. Il fascino dei faraglioni, alle loro spalle, è indiscusso. L’attenzione però ricade su altro. I commensali sembrano essere sereni, sorridenti. C’è chi conversa, chi mangia il suo piatto di penne al pomodoro, chi è intento a gustarne ancora. I profumi sono quelli dell’olivo, del geranio, della ginestra, del pino. Gli odori, quelli mediterranei: il basilico e l’origano sparso su pomodoro e mozzarella. Più in là una frittata, del pane e poi la regina indiscussa: la pasta, a cui nessuno rinuncerebbe. Spostando lo sguardo, si scorgono ciliegie, del vino e una torta caprese. La vegetazione viene travolta dalla salsedine e dalle tinte tenui dell’ora in cui il tramonto ha già lasciato posto alla luna.
Il fotografo, Slim Aarons, nel tratteggiare le vacanze dell’epoca, in un’Italia dai tratti favolosi, ci restituisce anche il chiacchiericcio, l’armonia, le risa, la convivialità. Riunirsi, festeggiare, ospitare sono bisogni che l’uomo avverte come primari. Sono nel suo essere sin dall’antichità. Pensiamo a quando si allestivano banchetti per la degustazione di vini e vivande, per poi intrattenere gli ospiti con i carmi conviviali. Questo bisogno non si è mai affievolito. Siamo soliti darci appuntamento all’ora di pranzo, vederci per un caffè, mangiare una pizza “insieme”, organizzare una serata “per mangiare qualcosa”. Siamo soliti invitare, preparare “qualcosa di buono” per gli altri. Siamo soliti sorridere dinanzi ad un piatto di spaghetti; brindare con i calici; intrattenere con aneddoti o canti; rilassarci, allontanare le tensioni e gustarci sapori, profumi e colori.
La convivialità è il piacere che deriva dallo stare con gli altri. Il pasto conviviale è quello in cui ci si confronta, assaporando gusti e alimenti. Infatti, durante il lockdown, ciò che più ci è mancato è stato lo stare insieme, condividere il momento del pasto con i nostri familiari e amici. Vivere una serata spensierata, in allegria, confrontarci tra un boccone e l’altro. Sui social non sono mancate foto raffiguranti tavole imbandite, mentre ci si invitava, a distanza. Non sono mancati brindisi e aperitivi in videochiamata. Quasi a voler rimpiazzare quel momento, vissuto in solitudine, condividendolo con altri individui.
Sappiamo che la Dieta Mediterranea ci invita a prediligere frutta, verdura e ortaggi; cereali, patate e legumi. Ancora olio d’oliva, latte e yogurt. Pesce, carni bianche, uova, formaggi. Con moderazione: carni rosse, zuccheri. Nelle raccomandazioni – oltre a fare giornalmente attività fisica; preferire prodotti di stagione; bere molta acqua; alternare colori e varietà; utilizzare erbe e spezie – l’attenzione si focalizza sulla convivialità. La convivialità, cioè condividere il cibo, mangiare insieme, è uno dei valori fondamentali. «La dieta Mediterranea è molto più di un semplice alimento. Essa promuove l’interazione sociale, poiché il pasto in comune è alla base dei costumi sociali e delle festività condivise da una data comunità, e ha dato luogo a un notevole corpus di conoscenze, canzoni, massime, racconti, e leggende. La dieta si fonda nel rispetto per il territorio e la biodiversità, e garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri collegati alla pesca e all’agricoltura nelle comunità del Mediterraneo». Queste sono state le motivazioni che nel novembre del 2010 hanno portato al riconoscimento della Dieta Mediterranea come Patrimonio Culturale immateriale dell’Umanità.
Dunque, non basta solo curare la nostra alimentazione per vivere nel benessere. Bisogna concedersi del tempo. Certo, la vita frenetica ci porta a consumare i pasti velocemente, da soli, spesso in treno o tra un impegno e l’altro. Invece, riscoprire lo stare insieme, in un ambiente piacevole, lontano da disturbi esterni, non solo rafforza le relazioni – e quindi favorisce l’interazione sociale – ma ci rende partecipi di una comunità e ci fa riscoprire l’identità e la storia di un territorio.