Una delle frasi ricorrenti nel codice genitoriale d’infanzia era il “Pare brutto”:
- Portala tu la busta agli sposi, e mi raccomando: quando gira la guantiera dei dolci, non te ne prendere più di uno, massimo due, che pare brutto! E la mano si frenava, anche se gli amaretti e le ciliegine verdi di Pietro il pasticciere erano una tentazione da far compiere un reato.
- Bell’a ‘mmamma, porta queste sei uova alla signora Tizia, che è venuta da Salerno e pare brutto, che non le mando niente! Sbuffando, dopo vari uffah, i piedi si avviavano, le mani consegnavano il pacchetto e la testa faceva segno di no, all’invito ad entrare per prendere una caramella o un cioccolatino
- Ma nun te mette la radio così vicino all’orecchie, che pare brutto per chi ti vede! La radio era scassata e gracchiava, così che allontanandola non si capiva niente.
- La nonna: quando stai seduta, tirati bene la gonna sulle ginocchia, che pare brutto a ‘sta seduta scomposta!
C’è da farsi deridere, a confessare queste regole, ma soprattutto ad ammettere di averle seguite: anche quando c’era un minimo istinto a disattendere, il giradischi agiva ad insaputa e una zavorra pesava da ogni lato, nelle decisioni da prendere negli anni, dalle più piccole alle più impegnative, sempre passate sotto la lente di quel microscopio che pian piano aggiungeva filtri: dal pare brutto al pare giusto e pare corretto, pare necessario e pare doveroso. Fino alle necessarie rinunce, se dovute. Regole che non avevano scongiurato qualche figura di merda nelle cerchie di amici spensierati, ma in genere, pure a discapito di spigliatezza, creavano un margine di sicurezza in cui sostare, ai bordi delle cose importanti, prima di allontanarsi o decidere di avvicinarsi.
Inutile chiedersi se era giusto o sbagliato, in quell’epoca in cui a scuola si andava con un unico quaderno e un’unica penna, mentre oggi un bambino beve il latte con gli occhi allo smartphone personale e una bambina di sei anni, alla domanda «Com’è andato il primo giorno di scuola?» ti rimbrotta: «Oh, ma un po’ di privacy non si po’ avere?». Si può solo avere il dubbio, guardando le cose che ci girano intorno, senza giudizio, se sono le regole che cambiano il mondo o se è il mondo che cambia le regole.
All’epoca dell’unica matita e dell’unica gomma, i miei avevano un negozietto smerciatutto e mia sorella più piccola e più viziata di me chiedeva sempre qualcosa, una bambola, un puzzle. Mio padre, condiscendente suo malgrado, rispondeva «Ma lo sai che per comprare ogni cosa ci vogliono sacrifici, ci vogliono i soldi? Dove li prendiamo?» E lei, vedendo posare dal cliente la moneta sul bancone, rispondeva: «Lo vedi, ce li dà la gente!».
Caspita, aveva già introiettato i principi dell’economia, che i soldi devono girare, che crescono con lo scambio, aumentano di valore, e basta osservare con gli occhi come va, anche se c’è un po’ di fumo, via…
Oggi la cosa è migliorata, perché ci sono tanti centri stratificati di benefattori a livello nazionale, europeo e mondiale, che decidono, stampano e dispensano banconote, titoli, viaggi e scambi, per il benessere della gente. Non importa se le casse sono vuote, pare che si riempiano da sole: facendo debiti si creerà ricchezza. Ne è una prova quotidiana il fatto che in qualsiasi negozio o centro commerciale, per acquistare il lampadario o la lavatrice o una poltrona, non c’è bisogno di soldi, anzi, si passa per scemi a non voler accettare il finanziamento proposto dal consulente finanziario che, conti alla mano, rate minuscole, tempi diluiti, ti farà risparmiare. E poi, a cacciare i soldi dal portafoglio, oggi, pare brutto!
Un arcano, per chi è rimasto all’idea che ogni cosa ha il suo contrappeso di rinuncia, che se paga tutto e subito magari risparmia qualcosa, e non recepisce questa strana regola che per fare ricchezza devi fare debiti, e che, come si sente affermare, per fare pace devi fare prima la guerra.
Sì. Effettivamente il “Pare brutto” è morto in buona pace ed è nato il figlio furbo che si chiama “Fidati & Seguimi”: tutto sarà bello e ricco se segui la musica e i piedi lesti degli altri, verso il paese delle meraviglie. Fumo rosa e zucchero filato.