L’ente che gestisce il Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano risente le contraddizioni derivante dalla consapevolezza di dover programmare un territorio intriso di quotidianità e di emergenze che enti deputati alla programmazione e gestione territoriale sovra comunale per antonomasia nel corso del tempo, puntando maggiormente sulla gestione e poco sulla programmazione, si sono ridotti ad amministrare solo l’ordinario. Ciò è dovuto molte volte ad una legislazione “ballerina” ed ad un difetto di progettualità complessiva del territorio di competenza. Un politico impegnato a livello istituzionale provinciale ama affermare: c’è un momento per progettare e un momento per gestire. L’Ente Parco che gestisce il parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, con una storia più recente è passato da una fase di assestamento ad una fase di radicamento sul territorio. Da una dirigenza che ha impostato scientificamente la strategia della nascita del Parco e che ha saputo coniugare cultura, ambiente,territorio con necessità antropologiche, ad una dirigenza endogena, tematica, con una cultura amministrativa che riesce a cogliere gli aspetti e i rapporti pragmatici degli addetti ai lavori. Nei documenti del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, per spiegare cos’è il parco si legge: è il… “risultato dell’opera combinata della Natura e dell’Uomo, rientra nella categoria dei paesaggi evolutivi (Beni Misti), essendo il risultato di eventi storici, sociali, economici, artistici e spirituali…” Un vero e proprio “paesaggio culturale”, secondo il riconoscimento dell’UNESCO, patrimonio quindi dell’umanità. Con l’avvento del parco, vengono valorizzate le testimonianze della civiltà contadina, dei centri storici, molte volte dimenticati e abbandonati che diventano come d’incanto parte integrante del contesto che deve essere rivitalizzato. Il “recupero dei beni culturali e dei centri storici, la rinaturalizzazione e la rigenerazione di fiumi, laghi, mare, la cancellazione degli scempi ambientali perpetuati finora” siano l’unica via di progresso e di benessere, altresì se accompagnati strettamente da una politica di solidarietà e di qualità della vita. Nonostante questi sforzi, negli abitanti del Cilento non si è ancora creata la cultura dell’area protetta. Area che può essere sinonimo di sviluppo, progresso sociale ed economico, capace di attenuare quel fenomeno dell’abbandono e della sfiducia. Il prof. Vincenzo la Valva, il primo presidente del Parco in un’intervista su Casa Parco dell’agosto 2000, affermava: ‘Il Parco conta 250.000 anime, e tutte hanno dovuto fare i conti con vincoli e restrizioni, senza avere avuto in cambio nulla.’. Al momento della sua costituzione, la filosofia che regnava al parco, era quella dello “stimolo a fare, e a fare bene” e… in seguito, “sono stato costretto a fare il burocrate, il politico ed entrare nel ginepraio delle leggi e dei decreti. …Pensi che io, botanico di professione, ho dovuto avere a che fare con cose incredibili per chi dirige un parco quali, per esempio, i lavori socialmente utili o immischiarmi in una ragnatela dalla quale è difficile uscire; e così non siamo riusciti” conclude la Valva “a spendere i soldi stanziati e siamo maglia nera dei parchi nazionali. …All’inizio i sindaci ci guardavano in cagnesco: volevano star fuori, volevano il territorio del loro comune metà fuori metà dentro; infine desideravano uscire del tutto. Ma adesso tutti (o quasi) vogliono entrare e stare nel Consiglio o Amministrazione del Parco. …Per i giovani invece il futuro è roseo, perché c’è la scuola. La scuola: questo ‘refugium peccatorum’ che ha il compito di inculcare nei giovani il dovere di essere migliori dei padri perché hanno avutola fortuna di essere nati in ‘una grande area protetta’, dove cresceranno senza fare i conti con vincoli e restrizioni, e potranno godere una natura fatti di animali, piante, boschi, ruscelli… eccellenti formaggi e ottimi affettati, che impareranno ad amare e rispettare”. Nel forum “idee per il Parco” strategie del Piano del Parco del Cilento e Vallo di Diano si dichiara: “…Valorizzare il modello insediativo storico, urbano e rurale con interventi di restauro paesistico e di recupero e riuso dei centri storici e del patrimonio culturale”. E ancora, si indica negli obiettivi di raggiungere: “L’acquisizione dei beni storici mobili ed immobili vulnerabili al degrado, adattabili a funzioni fruitive o di servizio alle attività del parco o utilizzabili come innesco di processi di riqualificazione di centri o di paesaggi agrari”.
Trending
- Un Re venuto a servire
- Il Collettivo Docenti di Sostegno Specializzati chiede al MIM di garantire i diritti dei docenti precari: presentata diffida formale
- OMEOPATIA E DOLORE AI DENTINI DEI LATTANTI
- Scuola: emendamenti ANIEF alla Manovra Finanziaria 2025
- Modelli internazionali per combattere lo spopolamento delle zone interne del Cilento, del Vallo di Diano e degli Alburni
- 30 milioni alle scuole carcerarie, un emendamento alla Legge di Bilancio di Italia Viva
- Premio letterario “Crescere con le favole”, al via la 2° Edizione
- CGIL e UIL, sciopero generale per cambiare la manovra di bilancio