di Bartolo Scandizzo Tommaso Pellegrino, dopo un lungo tira e molla, si è insediato alla presidenza del Parco Nazionale del Cilento Diano e Alburni il 3 maggio del corrente anno. In quell’occasione, accompagnato dal direttore dell’ente, Angelo De Vita, e alla presenza di un ristretto gruppo di rappresentanti del territorio ha riassunto il suo progetto di parco che ha in mente e che ha rappresentato anche in sede istituzionale quando si è presentato al cospetto delle commissioni ambiente di Camera dei deputati e del senato che gli hanno dato il via libera al ministro Gianluca Galletti per la firma del decreto. In quella occasione ha tenuto a precisare che era giunta l’ora di cambiare registro su come è stato gestito il “parco” definendolo un territorio delimitato da una linea che non avrebbe senso se non sarà possibile riempirla di contenuti. Non mancò di elogiare gli 86 sindaci su 89 che dopo circa 4 anni dalla scomparsa di Angelo Vassallo erano stati capaci (incredibile ma vero) di nominare il presidente della Comunità del Parco (per la cronaca Salvatore Iannuzzi, sindaco di Valle dell’Angelo). Allo stesso tempo, ha chiesto ai suoi colleghi sindaci (lui stesso è sindaco di Sassano) di diventare protagonisti del futuro dell’area parco. Come non ha potuto fare a meno di annunciare la determinazione a “riempire di contenuti le tante medagliette appuntate sul <> del parco da organismi internazionali”. Ovviamente, per farlo i riconoscimenti si “dovranno tradurre in occasioni di crescita. I processi messi in atto dovranno essere misurabili e misurati …” Ha anche indicato la strada su cui incamminarsi: “il nostro modello dovranno essere la reggia di Caserta e l’area archeologica di Pompei” (dimenticandosi che anche Paestum è stata inserita nei 20 siti destinatari di un’attenzione particolare con la nomina di direttori selezionati tramite un bando internazionale e che sia Il Parco sia Velia e la Certosa di Padula, come Pompei e la Reggia di Caserta hanno appuntata sul “petto” la medaglietta dell’UNESCO!). Al contrario, nel suo proclama all’atto dell’insediamento, ha proprio individuato della scelta “autarchica” la strada del riscatto di quanto non fatto finora: “saremo noi sindaci a caricarci sulle spalle la responsabilità del cambiamento di strategia”. Pellegrino ha anche individuato alcuni punti su cui concentrarsi. Il primo fra tutti di “beni del parco”. Si tratta di decine di strutture e aree di proprietà dell’ente per un valore di oltre cento milioni che giacciono “dormienti” in attesa che qualche “principe verde” li svegli dal letargo a cui sono state condannate, in molti casi, proprio dai suoi colleghi sindaci che ne hanno preteso la realizzazione e poi non si sono fatti carico della loro messa a reddito. Molti esempi sono stati fatti proprio dal neo presidente come Villa Materazzi a S. Maria di Castell’Abate, i centri CEA di Sapri ed oltre, ed latri ancora. Il nostro giornale, a più riprese, ha segnalato il borgo di Pietra Cupa a Roccadaspide, l’Archeodromo di Vallicelli a Monte S. Giacomo, Il palazzo ducale ed il convento di Sant’Antonio a Laurino, il borgo di Pietracupa a Roccadaspide, la chiesa di Cannalonga, il palazzo Marone di Monte San Giacomo, S. Maria a Teggiano… Per non parlare del fatto che molte di questa strutture sono “disseminate” lungo la «Via Istmica», ovvero lo storico itinerario Paestum-Sibari. Di questo itinerario restano “scolpite” sui cartelli indicatori di gente che cammina solo la bella dicitura … Altra carta messa sul tavolo da Pellegrino è stata la volontà di coinvolgere le università della Campania, italiane e straniere per dare un senso al centro per la biodiversità di via Montisanti, utilizzato fino a questa estate come sede provvisoria dell’ente in attesa del completamento dei lavori di ristrutturazione di palazzo Mainenti al centro di Vallo della Lucania. Ma anche su questo, bisogna riconoscere che all’ente parco non si sono risparmiati nel coinvolgere le sedi accademiche per immaginare progetti e ottenere finanziamenti: ultimo il progetto Fagus Natura sui boschi del parco che ha visto protagonisti il parco stesso e l’università di Roma. Oggi siamo a cento giorni dall’insediamento di Tommaso Pellegrino a palazzo Mainenti. Ancora, però, non si è visto molto dei suoi proclami. Nemmeno i direttivo è ancora operativo e al completo! Infatti, pur avendo individuati i componenti ministeriali (Vincenzo Inverso, Natalino Barbato, sindaco di Stio, Fernando Della Rocca (Club Alpino Italiano) e Maria Cristina Giovagnoli, della commissione area marina protetta.), ancora non è stato emanato il decreto di nomina. Pertanto, dovremo aspettare che sbollisca il caldo estivo per vedere l’organo di governo insediarsi e agire nella pienezza delle sue funzioni. Anche se nessuno impedisce loro di vedersi, confrontarsi, studiare i problemi e immaginare soluzioni più coerenti con i proclami che i sindaci non ci risparmiano dall’epoca della presidenza del compianto Vincenzo La Valva. Oggi, però, la vera novità sta nel fatto che la maggioranza dei consiglieri è ben salda nelle mani dei “sindaci” (6 su nove sono sindaci) visto che lo stesso Pellegrino e Barbato appartengono alla categoria dei primi cittadini (Beniamino Curcio, ex sindaco di Buonabitacolo e primo eletto; Cono D’Elia, sindaco di Morigerati; Rosario Carione, sindaco di Trentinara ed Emanuele Giancarlo Malatesta, sindaco di Omignano.). Vale la pena ricordare che uno dei primi compiti del nuovo direttivo sarà quello di individuare la terna da sottoporre al ministro Galletti per la nomina del direttore dell’ente. Attualmente, Angelo De Vita che ha chiesto la riconferma, agisce in regime di proroga. Insieme a lui si sono candidati altri tredici professionisti iscritti nell’elenco dei direttori di parto. tra tutti spicca la figura di Domenico Nicoletti, attualmente direttore del parco del Gran Sasso, che, evidentemente, vorrebbe rientrare a Vallo della Lucania. La scelta non sarà facile né indolore e sarà il primo banco di prova per Pellegrino e il nuovo gruppo dirigente. I nove saranno sottoposti a pressioni esterne molto forti. solo con una scelta univoca potranno dimostrare di essere al servizio degli interessi generali e non mandatari di fazioni in lotta tra loro. Mai come ora, gli amministratori locali hanno avuto in mano il loro, il nostro destino e, soprattutto, quello delle nuove generazioni. Speriamo che se la “cavino”.