Novena, luminarie, banda musicale, fuochi, processione sono le tappe di un programma di festeggiamenti patronali radicatosi nei nostri paesi: è la tradizione – si dice – e va rispettata! Minore attenzione si dedica al messaggio agiografico mentre si partecipa alla ritualità della religiosità popolare. Scegliere un santo protettore implica il desiderio di imitarlo facendosi illuminare dalla concretezza delle sue virtù. È il caso, ad esempio, del taumaturgo Pantaleone, medico anargiro protettore di Vallo della Lucania e dell’intera diocesi. Egli ha esercitato gratuitamente la sua professione con una tale generosa determinazione da essere annoverato tra i 14 santi intercessori più famosi nel Medio Evo, sia presso la Chiesa Orientale che presso la Latina.
La biografia del santo presenta parecchi riscontri con la situazione odierna, per cui il suo messaggio è veramente attuale e merita di essere riscoperto ed esaltato. La prima considerazione da fare rimanda alla funzione che la comunità gli ha assegnato quando lo ha scelto come Protettore, cioè il Con-fessore, leader in grado di condividere con la comunità l’esperienza quotidiana nei molteplici momenti di serenità e di dolore, di preoccupazione e di speranza, di fecondo lavoro e di attesa del premio nell’incontro definitivo col Cristo.
La vita del santo e la riflessione sul tema del martirio possono trasformarsi in catechesi e influire sulla formazione della comunità cristiana cilentana. Educato dalla madre cristiana, Pantaleone non viene battezzato perché il padre é pagano. Questi decide per lui la professione di medico. Egli vive una situazione di multiculturalità come quella che contraddistingue oggi tanti giovani. Il presbitero Ermolao gli fa conoscere il vangelo, esperienza sconvolgente; infatti, comincia ad operare in coerenza con gli insegnamenti ricevuti trasformandosi in luce e sale per quanti incontra. Persino il padre in punto di morte si converte. Rimasto solo, distribuisce il patrimonio ai poveri ed esercita gratuitamente la professione suscitando l’invidia dei colleghi, i quali sollecitano l’intervento dell’imperatore perché si sentono gravemente colpiti nei loro interessi. Per riconquistarne la fiducia l’imperatore lo blandisce, ma il giovane medico rifiuta ogni profferta, anche a costo del martirio. Nei documenti più antichi e attendibili, cardine del racconto col quale s’intende esaltare il martire, è riportata la convincente grandezza della testimonianza di Pantaleone, che si segnala per la fede e per l’incrollabile convinzione della presenza di Cristo al proprio fianco mentre è sottoposto ai tormenti. La struttura del relativo racconto segue un filone ormai standardizzato: lusinghe e dolci rimproveri sfociano nell’ordalia con i sacerdoti conclusasi con la guarigione del paralitico, come viene narrato nella rappresentazione iconografica che campeggia nel presbiterio della Cattedrale di Vallo. Il miracolo induce molti a convertirsi suscitando l’ira dell’imperatore; iniziano così i tormenti: unghie di ferro, bruciature ai fianchi, annegamento, fiere, ruota, tutto risulta inefficace per indebolire la sua determinazione. Il tiranno lo considera un pericoloso operatore di magie, perciò conferma la sentenza di morte. I prodigi continuano col perdono finale e, con una evidente citazione biblica, il bios si conclude con l’affermazione che dalla ferita sgorga latte che feconda albero al quale è legato e che per questo germoglia e produce frutti.
La sconcertante modernità di Pantaleone – colui che si mostra forte in tutte le circostanze – si desume dall’evidente affermazione del primato della coscienza, manifestazione di una sensibilità molto vicina alla nostra; essa si accompagna al rifiuto di ogni tipo di violenza. Il santo è un modello valido ancora oggi nel trovare soluzione a tanti problemi che affliggono minacciando il futuro. La sua vita, l’indefessa scelta del martirio si trasformano in un inno di libertà rispetto alla pretesa egemonia del potere assoluto della forza. Chi si attende sottomissione continua e costante si scontra con una sensibilità spirituale sintetizzata nella dichiarazione finale pronunciata sotto tortura: Cristianus sum. L’espressione contribuisce a valutare la portata del rapporto personale col Signore e il sereno e fiducioso abbandono in Dio. Pantaleone intesse un rapporto di comunione che si esalta nella relazione dialogica con Gesù, anzi proprio l’intensità di quel colloquio rende possibile sopportare il dolore che strazia il corpo. Cristo soffre col giovane medico, quindi lenisce i suoi patimenti. Il martire sopporta sofferenze indicibili perché dotato di patientia, la virtù dell’upomoné che fa resistere alla violenza perché, pur nella prova, sa intravedere la presenza di Dio. Il martire è consolato grazie alla contemplazione del Maestro e alla evidente azione dello Spirito. Nel medico, questo crescendo di esperienza mistica sfocia nella voce che gli muta il nome chiamandolo Pantaleémon: il misericordioso in tutte le situazioni. In tal modo il racconto della passione si trasforma nel genere letterario del bios, indicazione preziosa per noi oggi, implicito invito a leggere e rivedere criticamente le tante novene riprendendo questi temi ed adattandoli al contesto del XXI secolo. Ogni epoca si rispecchia in un precipuo modello di santità ed ogni comunità consegna ai suoi membri il portato di un valore della vita che nei secoli ha guardato con fiducia alla presenza del proprio protettore, testimone di una fede che vince il male, dà senso alle fatiche quotidiane, conferisce la forza per superare le difficoltà perché aiuta a sentirsi partecipi della vita di Cristo. È il messaggio proposto da papa Francesco in Gaudete et Exultate.
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La Chiesa ha un corpo e un’anima, tradizione e carisma; è una storia e un presente nel quale va affermato il primato della profezia, non per esibizionismo o miracolismo, ma per servire la Parola, comunicare con semplicità suscitando simpatia nella consapevolezza che la gente intuisce bene chi nella propria vita fa veramente spazio al Vangelo. Il santo protettore di Vallo e della diocesi è un martire intrepido, un taumaturgo che conforta ed infonde fiducia. La sua scelta di vita lo rende Pantaleémon, il misericordioso, rifugio per chi si sente sballottato dalle tempeste della vita, consolatore degli afflitti, protettore degli oppressi, medico dei malati nel corpo e nello spirito.
Sono le perle di una vita spesa per Cristo, vero tesoro di san Pantaleone. Al protettore della cittadina e dell’intera diocesi di Vallo della Lucania raccomandiamo anche l’ospedale, una realtà sorta per la provvida generosità dei fedeli e della chiesa locale, sviluppatasi negli anni passati raggiungendo anche delle eccellenze, ma oggi abbandonata all’incuria per il disinteresse di una programmata disamministrazione. Al santo medico anargiro chiediamo di smuovere le menti di chi invece, pare sensibile soltanto ad esigenze monetarie, prono ad un uso disinvolto delle risorse. La capacità di specchiarsi nell’esempio del santo faccia del nosocomio un’esperienza quotidiana di partecipe carità e di amorevole assistenza, trasformandolo in punto di eccellenza in una cittadina fedele al suo Protettore.