La decisione del MiBACT (Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo) che allarga le competenze del PAE (Parco Archeologico di Paestum) all’area archeologica di Velia, situata nel comune di Ascea, è la “buona novella” che ci porta questo inizio d’anno. Dal 1 gennaio 2020 la gestione amministrativa e i programmi di sviluppo dei due siti avranno un’unica gestione che farà capo a Gabriel Zuchtriegel, direttore del parco archeologico di Paestum.
È un’idea che Alfonso Andria già aveva avanzato nel lontano 2014 la proposta all’allora ministro Dario Franceschini, ma non si trovò modo di addivenire ad una decisione. Al contrario, con ancora Franceschini tornato alla guida del MiBACT, con il DPCM del 27 settembre 2019, si è riusciti ad ottenere un provvedimento che porterà ampi benefici ai due siti archeologici, alle realtà in cui essi si trovano, Capaccio e Ascea, e possibili ulteriori sviluppi in campo turistico con ricadute economiche positive sull’intera area interessata.
Dopotutto, quando ai tempi della candidatura UNESCO fu la Provincia di Salerno, con l’allora presidente Alfonso Andria, a coordinare il progetto. Nella dichiarazione di riconoscimento con l’iscrizione nella Lista del Patrimonio dell’Umanità sotto la voce “I Paesaggi culturali del Parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni”, fu ben individuato l’ambito territoriale come un unicum “indivisibile” “Il sito rappresenta un’area molto vasta che comprende il Parco Nazionale Cilento e Vallo di Diano, i siti archeologici di Paestum e Velia e la Certosa di Padula”.
Inoltre si potrebbe allargare ancora di più l’orizzonte di un ipotetico polo turistico – culturale – ambientale se si considera che, più tardi, sono state create anche le due aree marine protette (Marina di Camerota e Santa Maria di Castellabate) che sono, di fatto, già parte inscindibile in ogni qualsivoglia progetto di promozione turistica della regione verde racchiusa nel perimetro del PNCVDA.
Ecco perché sarebbe stato molto appropriato creare un polo “UNESCO” che rendesse palese il rapporto inscindibile tra i grandi attrattori che popolano l’area compresa nel PNCVDA. Se consideriamo, poi, che sono anche altri i luoghi citati nella dichiarazione UNESCO che vanno a completare il panorama di siti “segnalati” come la Grotta dell’Angelo e l’Antece di Santangelo Fasanella, oltre all’inserimento nel patrimonio immateriale della Dieta Mediterranea, allora si comprende facilmente come limitare alla sola Velia l’allargamento delle competenze è come amputare rami “vivi” ma che potrebbero diventare “secchi”.
Ecco perché vale la pena mettere in evidenza il fatto che l’altro grande attrattore, la Certosa di Padula, che insieme a Paestum, a Velia e al Paesaggio del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni (PNCVDA) sono parte del Patrimonio UNESCO, vive una fase di lento ma inesorabile declino.
Il motivo è presto detto: manca di una guida forte che dia continuità all’opera di ammodernamento al modo di fruizione da parte dei visitatori che si adatti alle esigenze di ogni tipo di turismo e che faccia quello che è necessario fare per provocare un nuovo “rinascimento” per l’imponente Certosa di San Lorenzo.
A dimostrazione di ciò, basta pensare a Velia dove, dopo un anno di “cure” somministrate da Giovanna Scarano, Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Eboli, temporaneamente incaricata di dirigere anche il Parco Archeologico di Elea-Velia, si intravede bene una prospettiva futura.
Cosa che non è dato intravedere a Padula, nonostante l’impegno dell’amministrazione comunale che non perde occasione per “animare” tutto ciò che è possibile per rendere sempre più attraente la realtà che vive intorno al sito. Infatti, i recenti lavori di realizzazione del parcheggio e la chiusura della strada di accesso al traffico veicolare hanno cambiato radicalmente l’approccio che il turista ha già fuori dalla Certosa. Se si considera, poi, che all’interno della Certosa è già allestito il museo della Lucania che, purtroppo, appare come un corpo a se stante se pur ospitato all’interno della struttura, allora diventa palese che manca la visione.
A questo punto diventa indispensabile far prendere corpo ad un forte e convincente accordo programmatico tra il PNCVDA e il nuovo polo che si è costituito con la decisione del MiBACT. Nell’accordo di programma le due istituzioni, rappresentate da Tommaso Pellegrino e Gabriele Zuchtriegel, dovrebbero mettere a disposizione l’uno dell’altro le specifiche competenze acquisite in anni di esperienza sia in campo gestionale sia divulgativo.
Sarebbe deleterio non trovare il modo di farlo!
Ciò che l’UNESCO ha unito, la politica continua e mantenere separati nella “casa” comune che è la “Regione verde” situata nella parte meridionale della Campania!
Se per ricevere il riconoscimento fu felice l’intuizione di individuare l’intera area compresa nel perimetro del parco per dare forza alla candidatura, per quale motivo dovrebbe essere impossibile trovar ogni utile collaborazione, sia essa spontanea o regolamentare, per fare finalmente ciò, che dopo due decenni, è risultato impossibile da realizzarsi?
“Il Parco Nazionale, una zona montuosa solcata da vallate in cui scorrono fiumi che scendono nel Mar Tirreno, e il Vallo di Diano, un vasto e fertile altopiano, sono un’area Riserva della Biosfera MAB dell’UNESCO dal 1997. La stessa zona è stata Iscritta nella rete dei Geoparchi UNESCO nel 2010, grazie alla bellezza delle numerosissime grotte create dalla natura carsica del terreno, sia nell’entroterra che sulla costa, e alla natura geologica delle rocce che costituiscono il «Flysch del Cilento», caratterizzato da una fitta stratificazione delle rocce che talora assumono forme e colori particolari.
Paestum, l’antica città greca di Poiseidonia, fondata alla fine del VII secolo a.C. e dedicata a Poseidone, dio del mare, conserva ancora oggi alcuni eccezionali templi dorici. La città, che ebbe un grande sviluppo commerciale, fu fondata dai coloni di Sibari, provenienti dalla città sulla costa ionica della Calabria non dal mare ma per le vie ancestrali che attraversavano i crinali delle montagne.
Velia, in greco Elea, nacque nel 540 a.C., quando una spedizione di coloni focesi, esuli dalla città di Focea (in Turchia), giunse sulla costa tirrenica della Lucania e sviluppò una città su un promontorio affacciato sul mare. La parte bassa della città fu in seguito abbandonata, mentre la parte alta fu abitata fino al Seicento. Nell’area dell’acropoli sono visibili i resti di un Tempio ionico, del teatro risalente al III secolo a.C. e delle Terme Adrianee (II secolo d.C.). Elea vide il fiorire di una scuola filosofica presocratica: la scuola eleatica. Parmenide ne fu il fondatore e Zenone fu il suo illustre discepolo. Entrambi nativi di Elea, sono considerati tra i maggiori filosofi greci, padri delle radici della razionalità occidentale.
La Certosa di San Lorenzo a Padula, nell’altopiano di Vallo di Diano, è il più vasto complesso monastico dell’Italia Meridionale nonché uno dei più interessanti in Europa per magnificenza architettonica e copiosità di tesori artistici.
I lavori di costruzione iniziarono nel 1306 e proseguirono, con ampliamenti e ristrutturazioni, fino al XIX secolo. Dell’impianto più antico restano nella Certosa pochi elementi: tra questi si ricordano lo splendido portone della chiesa datato al 1374 e le volte a crociera della chiesa stessa. Le trasformazioni più rilevanti risalgono alla metà del Cinquecento, dopo il Concilio di Trento. Seicenteschi sono gli interventi di doratura degli stucchi della chiesa, mentre gli affreschi e le trasformazioni d’uso di ambienti esistenti risalgono al Settecento.
I Certosini lasciarono Padula nel 1807, durante il decennio francese del Regno di Napoli, allorché furono privati dei loro possedimenti nel Vallo, nel Cilento, nella Basilicata e nella Calabria. Le ricche suppellettili e tutto il patrimonio artistico e librario andarono quasi interamente dispersi e il monumento conobbe uno stato di precarietà e abbandono. Dichiarato monumento nazionale nel 1882, la Certosa è stata presa in consegna dalla Soprintendenza per i Beni architettonici di Salerno e nel 1982 sono cominciati i lavori di restauro.
Il Cilento riveste un grande valore culturale in quanto da sempre crocevia di importanti rotte di commercio e delle vie di comunicazione tra il Mar Tirreno e il Mar Adriatico, ma anche luogo di interazione culturale e politica nella preistoria e nel medioevo.”