Paestum in noir. 1966, due fidanzati uccisi dall’austriaco arrivato in barca. L’assassino verrà arrestato a Cicerale ORESTE MOTTOLA [email protected] A Vietri rubò una barca con la quale raggiunse il litorale di Eboli, qui uccide due ragazzi e con la loro 500 si darà alla fuga verso il Cilento. Verrà catturato a Cicerale, dove ha un conflitto a fuoco con il maresciallo dei carabinieri Arcangelo Pepicella. Il protagonista di questo film dell’orrore, datato 1966, è Werner Scheeweiss, un barcaiolo austriaco che da oltre un anno attraversa l’Italia. “A morte. Kaputt” gli andarono a gridare fin nell’aula del tribunale di Salerno dove veniva processato, mentre a Eboli una folla di oltre cinquecento persone prese d’assalto il furgone dei carabinieri che lo trasportava. Contro i sogni di due giovani di Salerno fa esplodere tutti sei colpi del fucile rubato al vicino poligono di tiro. Si fermarono così per sempre alle 13 della domenica mattina del 19 maggio del 1966 i sogni si Antonio e Rosetta. Il resto d’Italia segue con passione il ciclista Taccone che conquista la maglia rosa al Giro d’Italia, ma Rosetta Calascione, 22 anni, commessa in un negozio di calzature, e Antonio Bruno, 24 anni, geometra già impiegato all’ufficio tecnico del comune, pensano alla loro futura vita di coppia. Per il momento la libertà è la loro 500, un mare da favola, pulito e pieno di pesci. Quella domenica hanno scelto il mare di Eboli. Il loro matrimonio è imminente, fissato per l’inizio dell’autunno. Questa è la loro ultima estate da fidanzati. La spiaggia di Campolongo era un paradiso. L’avevano scelta per questo. Gli ebolitani sarebbero arrivati in massa un paio di settimane dopo con un fischio d’inizio che era scandito dalla fine delle scuole dell’obbligo e prendendo d’assalto i bus di Miceli, l’Atec. Con loro sarebbero arrivati gli insediamenti estivi fatti di capanne e di baracche lungo tutto l’arenile A Campolongo non ci passava nemmeno la SITA. Qui, adattandosi le vacanze erano davvero a costo zero. Antonio e Rosetta sono descritti come due giovani, entrambi molto belli e con la testa a posto. Antonio è alto un metro e ottanta, mentre Rosetta Calascione è ragazza bionda, commessa in un negozio di calzature. Sono arrivati di prima mattina e hanno preso il sole sulla spiaggia. Alle 13 i due si avviarono alla «500» lasciata in sosta in pineta per rivestirsi. Devono rientrare a Salerno, per il pranzo domenicale. Stanno rivestendosi, quando li avvicina un giovane male in arnese ma armato dì fucile. A gesti fa capire di voler soldi e le chiavi della macchina. Antonio Bruno non ci sta, confida nella sua forza fisica, tenta di reagire e lo fa con forza. Werner Schneweiss, quello strano giovane venuto da lontano, 25 anni, a bruciapelo, spara un colpo, e lo ferisce gravemente al torace. Di striscio venne colpita anche la ragazza. Su Antonio spara altri colpi alla testa e alle braccia. Rosetta tenta una disperata fuga. Werner Scheeweiss non gli lascia scampo: la raggiunta e massacra con altri colpi di fucile. L’assassino, in pieno delirio barbarico, sottopone la salma della giovane a sevizie e violenze di ogni tipo. Sono questi ultimi particolari ad alimentare la rabbia della gente. La difesa d’ufficio, sostenuta gratuitamente dall’avvocato Giovan Battista Ferrazzano, chiese e ottenne allora dalla Corte, dopo cinque udienze spesso combattute e movimentate, che Werner Schneweiss fosse sottoposto a perizia psichiatrica. Trattenuto per oltre un anno nel manicomio giudiziario di Napoli, i medici incaricati della delicata indagine, conclusero che l’imputato al momento del feroce crimine non era incapace di intendere e volere e che non presentava alcuna debilitazione mentale, né disturbi della sfera volitiva e psichica. L’imputato, nel tentativo di sottrarsi alle sue responsabilità, dichiarò di essere ammalato di gravi disturbi nervosi ed epilettici e di aver in passato cercato di togliersi la vita. Il processo andrà avanti per diverse udienze. Il padre e i tre fratelli del geometra assassinato seguono con attenzione. Assente invece la madre di Maria Calascione, che è sofferente di cuore. Ammanettato e scortato da un ufficiale e dieci carabinieri Werner Schneeweiss non ha niente della tradizionale fierezza teutonica: basso e tarchiato, ha una cicatrice in fronte che gli conferisce un aspetto ancora più malvagio. Veste miseramente: una giacca scura prestatagli da un detenuto, pantaloni di tela grigia, le scarpette, estive con cui giunse in Italia. Un uomo da dimenticare sì, ma in una galera per il resto dei suoi giorni.
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