Una delle cause del ritardo storico della zona a Sud del Sele è da attribuirsi alla mancanza di una città che, con le sue funzioni burocratiche/amministrative, le conseguenti attività economiche e le istituzioni culturali, costituisca polo di attrazione e propulsione economica e civile per l’intero territorio. Queste premesse furono, infatti, alla base delle proposte di legge che parlamentari di tutti, o quasi, gli orientamenti politici avanzarono, negli ultimi decenni del secolo scorso, sostenendo che una Provincia del Cilento avrebbe cambiato il volto della nostra terra e segnato il decollo in termini economici e culturali. Ci provarono Antonio Valiante e Gabriele De Rosa, da un lato, ed Enzo Mattina, dall’altro. Documentavano a sostegno che il Centro Nord della Provincia di Salerno, da Scafati a Battipaglia, aveva una densità demografica molto alta, mentre al Sud, dal Sele a Sapri, era molto bassa, anche se, però, la seconda rappresentava i due terzi di tutto il territorio provinciale. Tradotto in cifre anche oggi: nel Cilento-Vallo del Diano (circa 3739 kmq di territorio) vive poco più di un terzo della popolazione provinciale (circa 329.5OO abitanti) distribuita in piccoli comuni. La lettura sociologico/politica era corretta, ma non se ne fece nulla, anche per il protagonismo improduttivo di alcuni centri che reclamavano a gran voce sede e nome del capoluogo, elidendosi a vicenda. Ne paghiamo ancora le conseguenze amare, ma non la smettiamo di guerreggiare qualunque ne sia il motivo del contendere (Parco, Asl, Tribunale, Consorzi, Fondazioni, Sovrintendenze, Ospedali e via elencando). Moriremo per suicidio di orgoglio municipalistico. Nonostante i precedenti disastrosi, io, con lucida follia, continuo a sostenere la necessità di creare nell’immediato una CITTÀ – TERRITORIO – COMPRENSORIO come necessaria premessa per migliorare la qualità della vita dei residenti nei paesi, romperne isolamento e marginalità ed assicurarne un crescente livello di servizi di qualità urbana. L’importante è, però, che la Città Comprensorio, non faccia perdere l’identità e la specificità ai tanti villaggi, ma, nello stesso tempo, ne soddisfi le attese di vivibilità secondo accettabili standard di comfort moderni. Una tale visione implica, però, la rinunzia all’asfittica logica del campanile e la capacità di impostare discorsi di ampio respiro. Per uno sviluppo omogeneo di tutto il Cilento di città con questo ruolo e queste funzioni ne servirebbero più di una (e mi riprometto di scriverne). Oggi insisto sulla importanza e sulla necessità di una città nella piana del Sele, che potrebbe richiamare nella ubicazione e nel nome il prestigio dell’antica Poseidonia, e che punti fin da subito su Capaccio Paestum con, in prospettiva, l’accorpamento condiviso con Agropoli. Un centro di queste dimensioni potrebbe dar vita ad una città di circa 100.000 abitanti, ineludibile punto di riferimento e garanzia di sviluppo di un territorio vastissimo. Questo progetto, per realizzarsi, ha bisogno, però, del coinvolgimento condiviso di tutto il territorio della vasta kora pestana, sul versante del Calore: Altavilla, Albanella, Roccadaspide, da un lato, e su quello del Solofrone, dall’altro: Trentinara, Giungano, Cicerale, Ogliastro. C’è stato un momento storico preciso, alla fine degli anni 40 inizi 50 del secolo scorso, in cui si è combattuta insieme una battaglia di portata rivoluzionaria con la partecipazione fisica, motivata ed entusiasta di un popolo unito dalla Piana alle colline/montagne della Kora. Fu quello dell’ASSALTO AI LATIFONDI, indagato con rigore e passione da Angelo Capo. Vincemmo la battaglia e ci fu la Riforma Agraria, un evento che rivoluzionò costume, economia e vita di un territorio più di quanto non avessero fatto tutti i secoli precedenti messi insieme. Ma, allora, sindaco di Capaccio Paestum era Salvatore Paolino, che aveva statura e carisma di leader. Io ne ho memoria lucida. Spesso srotolo il nastro della moviola della vita con una gran voglia di ricreare quel clima di battaglia democratica a proiezione di futuro: le imminenti elezioni amministrative ne offrirebbero la possibilità. Ma non vedo ancora candidati con la statura da leader e con la progettualità di ampio respiro. Con quella battaglia vinta, Salvatore Paolino passò alla storia. I candidati sindaci di oggi si impaludano e si immiseriscono nella cronaca. Eppure più di uno potrebbe avere statura e ruolo da leader, se la esplicitasse con più determinazione e con progettualità di spessore più affidabile e convincente. Però tutti, o quasi, si contentano della chiacchiera da bar, piazza o marciapiede. E, così, nella polemica del dibattito/confronto la novità è FRANCO PALUMBO, che ha avuto l’intuizione felice del PATTO DEL FIUME (Solofrone) prefigurando l’idea di una città che accorpi Capaccio Paestum e la sua Kora. Ma è considerato uno “straniero usurpatore”, anche se la sua progettualità è creativa e rivoluzionaria e gonfia di entusiasmo il cuore degli elettori soprattutto giovani. Tra Capaccio Paestum e i cittadini dei paesi delle colline c’è un rapporto di dare e avere e da sempre la bilancia pende dalla parte degli “stranieri della Kora”. Le contrade della piana sono piene di “esploratori” della prima generazione che, scesi dalle colline dell’uno e dell’altro versante, hanno trasmesso a figli e nipoti l’orgoglio di identità e di appartenenza delle origini e che potrebbero trovare l’amalgama nell’attaccamento alle tradizioni ed individuare in Franco Palumbo il nuovo Spartaco che li guida alla conquista di un protagonismo di portata storica e rivoluzionaria. Spetta agli altri candidati sindaci non sottovalutare la sfida e confrontarsi sui temi posti del e nel dibattito con motivato e convincente spessore di idee e di programmi e non liquidare il tutto con il debole anacronistico ed anche un po’ patetico appellativo di “straniero”. Il confronto va concentrato sui programmi, quelli che già ci sono o inserendone altri (ottimo l’impegno dichiarato di Nicola Ragni a recuperare fin da subito il centro storico di Capaccio per esaltarne la prestigiosa storia medioevale, la seducente bellezza di slarghi, vie, palazzi gentilizi, giardini/salotti e passeggiate/trekking) a scoperta di straordinarie risorse ambientali. L’invito, se mi è consentito, è VOLARE ALTO VERSO IL FUTURO, nell’interesse di tutti, candidati compresi.
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