Incontriamo Mario Scairato, giovane designer di Capaccio Paestum, formato alla sezione distaccata di San Marino dello IUAV (Istituto Universitario di Architettura di Venezia), lavora per aziende su progetti per la casa e progetti tecnologici. Attira la nostra curiosità perché promotore di Paestum Experience e da questo luglio, insieme alla sua ex insegnante d’inglese Marina Santomauro, anche di Spazio Paestum.
Cosa sono Paestum Experience e Spazio Paestum?
Paestum Experience è un progetto di promozione del territorio che racchiude vari mondi, compreso quello del design. Il progetto nasce dal mio attaccamento al territorio, amo Capaccio Paestum ma continuo a vedere i suoi grossi problemi, il primo è quello della comunicazione. In merito a questo ho immaginato degli oggetti che non fossero comuni souvenirs ma oggetti pensati, lavorando sulle icone. Spazio Paestum è, appunto, uno spazio espositivo con uno shop al suo interno, ma è anche luogo di scambio e di arricchimento. Sarebbe bellissimo se diventasse anche un posto d’incontro, soprattutto per i giovani capaccesi, Spazio Paestum è aperto soprattutto a loro e alle loro idee.
Qual è il filo conduttore tra Paestum Experience e Spazio Paestum?
Il rapporto è biunivoco, Paestum Experience è un’entità che si occupa di comunicazione, Spazio Paestum ne è una costola, è un luogo d’incontro dove si possono acquistare oggetti di design ed è anche la casa di Paestum Experience. Comunicano entrambi il territorio in maniera diversa, Paestum Experience lo fa dal punto di vista digitale attraverso i social e Spazio Paestum lo fa in modo tangibile, è un luogo vero e proprio.
In merito a Spazio Paestum, chi si occupa della progettazione degli oggetti che presentate in esposizione?
Coinvolgiamo designers esterni. Lo troviamo più costruttivo perché riusciamo ad ottenere un diverso punto di vista, sarebbe poco funzionale esternare solo la nostra visione del territorio.
Cosa avete notato nelle visioni altrui?
C’è sicuramente un riscontro di bellezza, poi andando in profondità ovviamente vengono fuori anche le problematiche del territorio, ma il progetto è in positivo, volto alla valorizzazione delle nostre bellezze e non alla denuncia delle problematiche, che indubbiamente non mancano.
Sia per Paestum Experience che per Spazio Paestum, qual è il rapporto con gli enti?
All’inizio avevo concepito Paestum Experience come un dono da fare al Comune di Capaccio Paestum, era necessario creare un brand che raccontasse il territorio, come accade in tutte le città organizzate del mondo, credo non sia stato capito, per cui ho continuato per conto mio investendo tempo e soldi. Quest’anno con Marina Santomauro, mia amica e socia, ho aperto Spazio Paestum, abbiamo avuto, anche in questo caso una buona accoglienza istituzionale, c’è propensione alla collaborazione, ma noi siamo intenzionati a proseguire in modo costruttivo comunque vadano le cose.
Parliamo dell’esposizione che ha lanciato Spazio Paestum…
Protagonista della prima esposizione è stata la Bufala, un oggetto che racchiude una sintesi formale dell’animale e del prodotto finito che è, appunto, la mozzarella, bianca per enfatizzare ancora di più il messaggio. Disegnata da Giulio Iacchetti, la sua sintesi è stata incredibile. Quest’oggetto è stato presentato a Spazio Paestum, coinvolgendo anche gli artisti locali: Enzo Cursaro, Sergio Vecchio, Bruno Bambacaro e Pietro Lista, ognuno di loro ha interpretato la Bufala a modo suo e il risultato è stato grandioso. I proventi dalle vendite della Bufala andranno devoluti all’Associazione di volontariato per la lotta contro il cancro al seno “ C’He.La.Vie”.
Che risposta c’è stata?
C’è stato un bel riscontro, anche dal punto di vista commerciale, con la cultura si può creare economia! Noi vendendo la Bufala abbiamo avuto la possibilità di pagare l’affitto del locale, riusciamo a pagare due giovani collaboratrici e continuiamo ad investire in nuovi progetti.
Da poco è stata inaugurata la seconda mostra di Spazio Paestum : “Tracce”
L’oggetto finito, progettato da Vittorio Venezia e Carolina Martinelli, è una sintesi formale dell’Acquedotto Romano alle cui arcate si è data una funzione pratica, che è quella del dosa spaghetti. Il progetto è stato anche il risultato di ricerche archeologiche, abbiamo immaginato le tracce dell’acquedotto romano che incanalava le acque dalla montagna e le portava giù a Paestum, per cui ci sono ancora poche attestazioni ufficiali. L’oggetto è di valore materiale perché in marmo, culturale perché trasmette concettualmente e visivamente il nostro territorio.
Ci sono già in cantiere nuovi progetti?
C’è un progetto che riguarda la rosa di Paestum, un’altra grande icona del territorio, citata spesso nella letteratura classica di cui però tutt’ora manca una conoscenza approfondita. Più che sulla rosa lavoriamo sull’ oggetto che la conterrà, ovvero un vaso di tufo e plexiglass, un materiale che dice tanto sul nostro territorio e un materiale contemporaneo, a cui sta lavorando lo studio “Sovrappensiero “ di Milano. In più per Natale Spazio Paestum si prepara a lanciare una macchinina in legno progettata dal grande Matteo Ragni.
Continuiamo la conversazione con Mario e Marina, entusiasti del loro percorso intrapreso, innamorati e fiduciosi nel territorio. Marina è elettrizzata dai continui stimoli, ogni giorno approfondisce una cultura che sente propria ma che non smetterà mai di conoscere. Mario tiene molto ad esprimere la sua gratitudine alle figure professionali che hanno seguito il progetto Paestum Experience fin dalla fase embrionale, oltre a quelli già citati, ringrazia: Gianfranco Di Fiore, Giusy Cerrato, Laura Lamonea, Elisa Testori, Valentina Ascione e Onofrio Magro. E’ orgoglioso di aver creato quello che potrebbe diventare un form applicabile ad ogni città d’Italia e si congeda con un appello ai giovani:
“Andate a vivere e a studiare fuori ma poi tornate e mettete al servizio del vostro territorio ciò che avete imparato”