Nato in una famiglia che per decenni ha lavorato la pietra di Padula, Giovanni Cancellaro, incoraggiato da suo padre Amedeo e da sua madre Maria a continuare la tradizione padulese di precedenti generazioni, si è formato innanzitutto nel laboratorio per la lavorazione di pietre e di marmi del suo genitore. Alternando le esperienze ricevute da suo padre e affiancato dalla lezione appresa da esperti scalpellini, collaboratori del laboratorio dei Cancellaro, Giovanni ha studiato e si è diplomato presso il Liceo Artistico Carlo Levi.
Inizia così giovanissimo la sua attività imprenditoriale nel campo della lavorazione lapidea ma sente di andare oltre la tecnica artigianale; il mestiere lo ha già appreso da adolescente. Oggi infatti scolpisce da artista scultore e con alle proprie spalle l’esperienza tecnica dell’artigiano che gli consente di essere un artefice appassionato della sua attività ma libero e creativo. Ha dato vita perfino ad un museo della scultura in una sua proprietà nel centro storico di Padula.
Non poche sono le opere realizzate in pietra, in marmo e talvolta in bronzo per se stesso o su committenza firmate da Giovanni Cancellaro, ma tra queste ultime si impone per contenuto storico, religioso ed artistico e per la forza espressiva ottenuta da un’accurata simbologia “IL LEONE DI GIUDA”. Trattasi di una scultura a tutto tondo alta m.2,15 scolpita a mano da un unico blocco di pietra di Padula, caratterizzata da una scelta oculata che all’artista proviene da quell’esperienza acquisita da anni e che gli ha permesso di realizzare da una pietra scelta tra le altre il blocco più sano, più materialmente compatto, cioè senza alcun difetto naturale contenuto in esso, tanto da essere, battendolo, addirittura sonoro come il caratteristico suono di una campana.
Nasce così il capolavoro di Giovanni Cancellaro, “IL LEONE DI GIUDA” che, fuoriuscito dalla materia lapidea scolpita dall’artista di Padula, ci rammenta l’episodio biblico di Giuda, quarto figlio di Giacobbe, creatore di uno dei regni della Terra Santa e capostipite della dinastia che in seguito avrà, tra altri, per suoi discendenti, Davide e infine Gesù di Nazareth.
L’opera di Giovanni non è copia da altre iconografie.
Esiste un’opera intitolata anch’essa “Il Leone di Giuda”, eseguita nel 1930 dal francese Georges Gardet, posta nel piazzale della stazione di Addis Abeba, capitale dell’Etiopia, ma questa scultura simboleggia soprattutto l’orgoglio e la storia degli imperatori etiopi ed è distante dalla simbologia intesa, invece, dal nostro scultore. Infatti, il “IL LEONE DI GIUDA” di Giovanni Cancellaro, non rappresenta solo il racconto biblico della stirpe della Tribù di Giuda, ma è per se stesso messaggio inviato all’umanità; è l’invito a fermarsi a riflettere sul destino che nel quotidiano l’uomo sceglie.
Ai piedi del blocco scolpito, l’artista ha realizzato un libro aperto sulle cui pagine di pietra ha così inciso: LA PIETRA CHE HA SCARTATO LA CORRUZIONE PERCOSSA E OSTACOLATA DA UOMINI INIQUI DIVENTATA OPERA DI RICHIAMO ALLA TRIBU’ DI GIUDA, LA DISCENDENZA DI DAVIDE.
Le robuste zampe anteriori del leone fermano le pagine su cui l’artista ha inciso la legenda affinchè il fruitore dell’opera possa intendere e riflettere.
La tridimensionalità dell’opera si completa con altri simboli che ci fanno intuire il loro eloquente significato: l’oca che rappresenta la fedeltà e la vigilanza; il cigno, che dal lago Tiberiade ha pescato con il proprio becco, e lo trattiene, il pesce Simonis, rappresenta il tramite di transizione per il raggiungimento dell’al di là.
“IL LEONE DI GIUDA” di Cancellaro è l’eterna presenza di Gesù di Nazareth, discendente divino della tribù di Giuda che invita tutta la società cristiana, e non, a comportarsi in maniera caritatevole con il proprio prossimo per il bene di tutta l’umanità.
Ogni artista nell’arco della propria attività aspira a lasciare opere significative. Questa di Giovanni lo è e presto la vedremo installata, come merita, in uno degli siti più strategici e/o di grande importanza del Vallo di Diano, perché tutti possano ora e negli anni futuri vederla e ammirarla nella sua universalità.
Dino Vincenzo Patroni