Di Monica Acito Il Cilento è un lembo di terra incastonato nel profondo Sud dell’Italia, così profondo che nemmeno Cristo ha osato calcare il passo su un territorio del genere: è remoto e accovacciato nel grembo dell’entroterra più intimo ed è elogiato in ogni dove. Abbiamo delle coste strepitose, ideali per comporre delle meravigliose cartoline, prodotti tipici e fatti a mano e la nostra dieta mediterranea. Addirittura alle “Iene” hanno intervistato degli anziani cilentani per dimostrare all’Italia intera che qui si vive di più e si vive meglio, ci hanno studiati anche oltreoceano, siamo arrivati sulle bocche degli Americani e dei Coreani, quasi sezionati, per sviscerare la tanto famosa proteina che ci renderebbe così longevi. Ma qualità della vita significa anche possibilità di curarsi in un centro vicino anche ai borghi più reconditi, e in tempi di emergenza tali da poter salvare una vita: abbiamo incontrato Giusy Sabatella, vicepresidente del Comitato Civico “Salviamo l’Ospedale di Roccadaspide, Valle del Calore e Alburni”, che ha deciso di metterci la faccia, “perché farlo ci fa sentire vivi”. 1) Giusy, cosa ti ha spinto ad accostarti alla causa contro il depotenziamento dell’Ospedale di Roccadaspide? Innanzitutto perché questo depotenziamento sta a significare l’ulteriore impoverimento di un territorio già martoriato. Viviamo in un territorio dove i diritti civili sembrano diventati una chimera: le strade sono dissestate, ci sono frane e massi ovunque, non c’è una viabilità tale da consentire di raggiungere il punto di soccorso ed emergenza più vicino. Non è un modo per cercare notorietà, che non serve a nessuno, ma ad un certo punto la coscienza civica ti impone di scendere tra i problemi di tutti. Io ho deciso di metterci la faccia perché penso che nell’economia di una riorganizzazione sanitaria condotta decentemente, il nostro ospedale avrebbe potuto aspirare a costituire una risorsa o addirittura un polo d’eccellenza, (ad esempio per quanto riguarda la riabilitazione), e conquistarsi così economicamente anche il pronto soccorso, perché per noi è vitale. Non possiamo permetterci di arrivare a Roccadaspide, prendere un’ambulanza ed arrivare un attimo a Battipaglia o a Salerno, in virtù delle strade che abbiamo. 2) Sabato 19 novembre si è tenuto il Corteo in Difesa dell’Ospedale di Roccadaspide. Quali sono state le finalità della manifestazione? Io, come vicepresidente, sono stata delegata alla presentazione della manifestazione. Questo comitato è nato dall’idea di pochi noi, già dal maggio di quest’anno, quando abbiamo iniziato a prendere atto dei primi decreti commissariali che vedevano il ridimensionamento così drastico del nostro presidio ospedaliero, il quale, ripeto, non sarà più un presidio ospedaliero, perché per renderlo tale c’è bisogno di un pronto soccorso reale, di una chirurgia e di una medicina d’urgenza. Diventerà invece un punto di primo intervento, una specie di astanteria dove le persone dovranno trovare subito un’ambulanza per andare altrove, e verrà inglobato in un sistema di ospedali di comunità e perderà la maggior parte dei reparti. E’ dal maggio di quest’anno che cerchiamo di interfacciarci con le nostre amministrazioni e rappresentanti con scarso successo, e questo ha suscitato in me una sorta di curiosità, non riuscivo a capire tutto ciò. 3) Perché secondo te c’è stata questa indifferenza da parte delle istituzioni riguardo la vostra causa? Hai mai provato a cercare una ragione empirica, o quantomeno una vaga motivazione? Molti di loro adducevano scuse assurde, come il fatto che il nostro Presidente è un uomo un po’ colorito nel suo parlare, ma lui lo fa perché è una persona indignata. E come tutte le persone che hanno un’anima viva, non può che reagire così di fronte all’arroganza smisurata di persone che dovrebbero fare il bene di tutti e che invece non ci mettono la faccia e cercano di tacitare le persone di buona volontà in virtù del loro mandato. 4) Sabato mattina, la maggior parte dei sindaci del circondario si trovavano da tutt’altra parte, mentre voi eravate impegnati nella manifestazione. Da premettere che noi, come Comitato, abbiamo evitato fin dal principio di politicizzare ogni cosa, perché il nostro obiettivo fondamentale era ed è salvaguardare il nostro Ospedale. A noi non interessa di quale colore vogliano vestirsi i nostri amministratori, ci sarebbe piaciuto solo che sabato 19 fossero stati a capo del loro popolo, e ciò è stata un’ulteriore conferma del tradimento del loro mandato. Il sindaco dovrebbe essere l’autorità preposta alla salvaguardia non solo dell’ordine pubblico, ma anche della salute pubblica. Il popolo, che ha partecipato in moltitudine, ha iniziato a capire che bisogna muoversi, anziché subire decisioni calate dall’alto. 5) I sindaci presenti erano quelli di Corleto, Roscigno, Aquara, e i delegati di Altavilla e Capaccio. Credi possa aver influito in qualche modo il referendum? La situazione dell’ospedale si è trovata purtroppo in un momento contingente, in un momento in cui la spada del Referendum pende come una spada di Damocle sulla testa di molti, ma non è colpa nostra, purtroppo gli atti si sono succeduti in questo modo, e se le loro trattative avessero trovato davvero accoglimento, le cose sarebbero andate diversamente. Ieri si è saputo di questa delibera, l’atto aziendale è stato recepito, manca la firma commissariale e andrà sul BURC, e dopo di ciò sarà Legge Regionale. Io nel mio appello ho chiesto al Presidente De Luca di riceverci, l’ho chiesto col cuore, perché io sostengo e sono convinta che lui disconosca il nostro territorio, (io sono una sostenitrice della sua intelligenza, poiché lui è riuscito a scavalcare tante difficoltà per raggiungere i suoi obiettivi, ha fatto di Salerno una perla incredibile) e che sia stato mal consigliato. Ecco perché sottovaluta la criticità del territorio e conseguentemente non ravvisa la necessità di salvare il nostro presidio ospedaliero. E in tutto ciò credo che i sindaci, colti in questo momento tra il referendum e questa faccenda, non siano stati capaci di interfacciarsi con gli organi regionali. Lo stesso Coscioni, in un’intervista sul Mattino, ha rivelato che queste trattative non esistono. Se loro si fossero messi a capo del nostro movimento, insieme avremmo potuto essere ancora più visibili. L’inghippo del meccanismo è questo: loro non si interfacciano più per mezzo del sacro valore dell’onestà intellettuale, già quando si prova a chiamare un sindaco o un’autorità locale, loro si pongono già sulla difensiva. Perché vi sentite minacciati? Siamo persone semplici che ci rendiamo conto che il nostro territorio è abbandonato, e vogliamo gridarlo. 6) Hai mai parlato in modo concreto con i sindaci, in particolar modo col sindaco di Felitto? Certamente, abbiamo fatto anche un incontro pubblico in cui li abbiamo invitati a partecipare in maniera solidale, ma loro hanno ritenuto deciso di andare a Salerno l’altra mattina, con il risultato della delibera. Due sono cose le cose: o ci hanno mentito quando dicevano di avere le trattative, o mentono adesso a dire che queste trattative ci sono ancora, alla luce degli atti che sono reali, con tanto di firme di autorità competenti. 7) Il Cilento viene celebrato dai media locali e dai politici per la dieta mediterranea, per il fatto che noi viviamo più a lungo e siamo così longevi. Tutto ciò cozza con la situazione reale dei fatti. Le politiche attuali sono schizofreniche, da un lato vogliono fare turismo e lotta allo spopolamento, dall’altro tagliano i servizi e abbandonano la viabilità. 8) Quali sono le prossime iniziative del Comitato? Il Comitato ha ricevuto diverse sollecitazioni, faremo sicuramente delle azioni eclatanti, perché ci sentiamo traditi. Devono avvertire la responsabilità di ciò che fanno e devono darci delle risposte. 9) Quale è secondo te il cancro dei paesini e del loro modo di rapportarsi alla politica? Ovviamente non solo del tuo paese, Felitto, ma di tutti, perché sono riflesso speculare l’uno dell’altro. Il problema dei nostri paesi è quello di aver delegato per troppi anni alle istituzioni e di non aver esercitato una democrazia partecipata. Da quando ho iniziato questo percorso mi sono resa conto che anche la mia coscienza civile era dormiente. Me ne sono accorta quando ho visto la frana tra Felitto e Castel San Lorenzo, e ho avvertito un dolore sordo allo stomaco. Esercitare la propria coscienza civile comporta uno sforzo di volontà e di nervi, significa aprire gli occhi. Ho specificato che il Comitato si prefigge di diventare il Patrimonio Immateriale della nostra Valle. Abbiamo intenzione di creare una vasta rete di forum, perché noi siamo persone, non delle schede elettorali da utilizzare all’occorrenza. 10) Chiudiamo con un bilancio della tua esperienza nel Comitato, soprattutto a livello umano. Il Comitato mi ha permesso di conoscere persone meravigliose con un cuore: finalmente riusciamo a vedere chiaramente che questa classe politica non ci sta ben rappresentando. Io sono figlia di un sostenitore del PC che a Felitto si è battuto negli anni caldi, e mi ritrovo a leggere il Comunicato Stampa del PD dove non c’è nemmeno un briciolo di quell’onestà intellettuale con cui sono cresciuta. Dobbiamo ricominciare a ristabilire una scala di valori, specie per un argomento come questo che è la salute pubblica.
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