Oliveto Citra: Ufo, profumi e guarigioni della Madonna del Castello
di Oreste Mottola 24/06/2008
“Se la Madonna vuole apparire ad Oliveto Citra, non deve chiedere il permesso a me”. Lo disse l’allora arcivescovo di Salerno – Campagna – Acerno, Guerino Grimaldi, conversando un giorno con don Peppino Amato, il parroco di Oliveto. Voleva prendere tempo, riflettere, accertare e discernere. Troncare e sopire. Ci fu invece l’effetto valanga. Si calcola che, negli ultimi vent’anni, più di un milione di pellegrini si siano fermati su quella scalinata di fronte al Castello, e dopo aver recitato qualche preghiera, hanno chiesto una grazia più o meno importante. Un congiunto ammalato da guarire, un nipote discolo ed un marito disattento da correggere. La religiosità popolare, come sempre accade, ha preso il sopravvento sulle prudenze delle gerarchie ecclesiastiche. Nel 1985, nella serata del 24 maggio, iniziarono le apparizioni della Madonna a diversi veggenti. All’inizio erano dodici, oggi sono solo tre. Il mistero s’infittisce anche per un’altra strana circostanza: “Tutte le volte che si effettuano manifestazioni più importanti di preghiera o di feste per ricorrenze relative alle apparizioni della Vergine, il sole partecipa puntualmente con segni spettacolari, meravigliosi: mutamenti di colore, roteazioni e movimenti di palpitazione, spesso si nota nel disco solare l’ostia che usa il sacerdote per la celebrazione eucaristica con le lettere IHS, oppure una croce gigantesca e la figura della Vergine”, scrive il parroco. Oltre a vedere gli Ufo nel cielo c’è la storia dei profumi: “La presenza della Madonna – scrive don Giuseppe Amato – si avverte spesso mediante un profumo indescrivibile, la cui fonte non si è riusciti ad individuare. Non si contano le persone che hanno fatto gioiosa esperienza di questo misterioso profumo, sia davanti al cancello delle apparizioni, sia lungo il viaggio di andata o ritorno in occasione di pellegrinaggio”.
Il fascino di San Gerardo. Su, in alto, c’è il santuario di San Gerardo Maiella. Giù, ad Oliveto, le apparizioni mariane s’intrecciano con guarigioni inspiegabili. Ci si inerpica tra boschi magnifici che sembra di essere in Svizzera, e poi si scende verso l’inferno della Salerno-Reggio Calabria. Per i paesi che gravitano lungo questa strada, pomposamente definita a scorrimento veloce, ad unire Alta Irpinia e la Salerno – Reggio Calabria c’è anche “l’eresia” vigorosa dei pentecostali, evangelici e protestanti. Terra di misticismo, quant’altre mai questa Alta Valle del Sele.
La religione e’ una cosa seria. Ad Oliveto, paese di commercianti e contadini e di una forte borghesia delle professioni [1]la religione è una cosa seria. Finanche i comunisti si dividono in atei, cattolici e qualche evangelico. Poi c’è la Madonna di Oliveto che è un nervo scoperto che anima uno scontro a tutto campo. “Ci chiamiamo fuori da ogni diatriba dottrinale. Siamo davanti ad un fenomeno da rispettare. I pellegrini vanno adeguatamente ospitati. Perché no, siamo attenti al ritorno economico utile a tutta la collettività olivetana, che essi determinano”, dice Italo Lullo, il sindaco diessino. Gli olivetani e la Madonna è un romanzo che viene scritto da vent’anni. Ogni tanto c’è un capitolo nuovo. Fede e fantascienza, superstizione e fascinazione, suggestione e verità, le chiavi di lettura del fenomeno sono sempre doppie. Anche l’università di Salerno si sta interessando al caso. Paolo Apolito, il più famoso degli antropologi italiani ha incaricato una sua collaboratrice per svolgere una ricerca a tutto campo sulle apparizioni.
C’è una verità taciuta?
“La verità la sanno in molti, proprio io non è il caso che te la racconti, ma è meglio lasciare le cose come stanno…”, dice più d’uno chi quelli che la sanno lunga. Ed il fenomeno si è incrociato anche con gli Ufo. “Ore 23 del 20 luglio 1985 ad Oliveto Citra (Sa) un centinaio di persone videro una nuvola rossastra molto luminosa stazionare in cielo e il 30 novembre 1985 erano ben visibili 59 punti neri alti in cielo che sembravano dei grandi volatili, prima disposti a forma di rosario e poi a formare chiaramente le lettere AVE”, riportano alcune cronache del tempo.
Le guarigioni. “Gesù o tà pigli’ o a’ guarisci”, era il ritornello mentale della signora Antonietta mentre accorreva in ospedale perchè le condizioni della sorella Anna Voria, ammalata di un fibroma maligno da oltre sette mesi, si erano improvvisamente aggravate. L’ultima spiaggia è quel viaggio a Oliveto Citra, davanti al Castello, dove la Madonna appare: “Vedo Gesù , la Madonna Santissima e un prete con le mani incrociate […]. Nell’apparizione ad Oliveto Citra mi disse: “Chiedimi tutto quello che vuoi che a me lo concederà”. Non aspettavo altro, con mia sorella ammalata, e dissi: “Chiedile la grazia per mia sorella”. La testimonianza è entrata a far parte del “dossier” inoltrato al Vaticano per la santificazione del “servo di Dio” Domenico Lentini, da Lauria. E’ un librone pieno di controprove, analisi, esami di medici che dichiarano la guarigione di Anna Voria “inspiegabile in base alle nostre conoscenze”. Il volume se lo rigira in mano Raffaele Palumbo, autore de “La Terra dell’Oliveto”, per lui è la prova che la chiesa cattolica, ai suoi massimi livelli, ha avallato gli eventi miracolosi che da due decenni avvengono ad Oliveto. Anche i massimi “mariologi” Laurentin, Marnielli e Gagliardi vennero ad Oliveto: “Punsero con gli aghi ed avvicinarono gli accendini le braccia dei veggenti in estasi. Che rimasero indifferenti”. L’ultimo evento miracoloso è di poche settimane fa: “Una giovane signora è venuta qui sulla sedie a rotelle. Dopo la preghiera si è alzata e si è messa a camminare da sola”, racconta Anna Ricigliano De Bellis, presidente della Fondazione.
La madonna e l’Umts.
La Madonna di Oliveto non è tanto schizzinosa verso le nuove tecnologie e c’è chi l’ha persino fotografata col videofonino. “Aspettiamo di avere una relazione medica prima di gridare al miracolo”, dice prudente. “Ci veniamo sempre perchè questa è una terra benedetta”. La famiglia Sasso è arrivata da Manfredonia, due ore di auto, le macinano almeno una volta al mese. “A Oliveto c’è un dono di Dio. Poi la gente è ospitale. Noi ormai ci siamo affezionati. Divulghiamo la novella con tutti i nostri conoscenti”. I pellegrini baciano le scale che portano al Castello che è stato dei Guerritore e poi dei Marino Giglio e si mettono a pregare. Di fronte c’è “L’erba voglio”, il negozio che ha preso il posto della farmacia Rufolo. Qualcuno scatta foto, qualcun’altra chiama al telefonino chi deve avere la “grazia” per fargli recitare la preghiera e chiedere direttamente l’intercessione. Sono i miracoli della telefonia mobile. La “Regina del Castello”, ovvero la Madonna che da vent’anni, pur se in varie forme, appare nella piazzetta del vecchio maniero, è infaticabile come gli olivetani. Fa arrivare bambini alle coppie sterili senza gli stress della legge 40 sulla procreazione assistita. Guarisce dai tumori quando i medici hanno alzato bandiera bianca. Assiste una bambina di sette anni che deve sottoporsi ad un difficile intervento chirurgico agli occhi per correggere lo strabismo bilaterale. Fa uscire dal coma. Ma secondo qualcuno sostiene, anche se in maniera molto discreta il commercio locale con tre negozi di souvenir ed articoli religiosi ed un “riverbero” sui ristoranti locali. Il fenomeno della Madonna Regina del Castello va avanti da vent’anni. Più frutto del passaparola tra fedeli speranzosi che di una vera e propria azione di promozione. Personaggi ed interpreti: don Peppino Amato, il parroco vecchio stampo, “prete con la tonaca”, è scomparso da meno da poco: “Non rifiutate questa meraviglia operata da Dio ad Oliveto Citra, perché correreste il rischio di fare brutta figura, quando i fatti confermeranno questo prodigio”, scrive quando ricorda don Leone, il parroco di Andretta, un vicino paese irpino che ad Oliveto ci portava i suoi indemoniati. C’è poi il giovane parroco, don Virginio Cuozzo, che non fa mistero della sua “freddezza” rispetto alle apparizioni mariane. Don Virginio è nell’ortodossia tracciata dal vescovo Gerardo Pierro. Mino Pignata, il sindaco socialista dell’ultimo decennio, sulla questione ha avallato, “Il Borgo della Regina” è il logo degli interventi pubblici che vogliono completare la ricostruzione e dare un nuovo volto alla vecchia Oliveto.
Il parroco della Madonna
«Andrò via da Oliveto solo quando morirò, qui è la mia casa». Lo diceva sempre don Peppino Amato ed il momento del distacco è arrivato quando veva 92 anni. Se n’è andato dopo una breve malattia, dopo un’intera vita dedicata al suo paese adottivo, che mai, neppure quando gli anni e gli acciacchi avanzavano, aveva voluto lasciare per tornare a Sicignano degli Alburni, suo paese d’origine. Encomiabile il suo lavoro, la sua dedizione, come il suo grande coraggio, anche quando – per ben due volte, l’ultima tre anni fa – ladruncoli senza scrupoli si sono insinuati nella sua casa per rubare le offerte dei fedeli alla Madonna, picchiandolo e legandolo. Ma lui, pronto a dire che tutto andava bene, che rimaneva lì, al suo posto. Un coraggio che ha mostrato fino all’ultimo istante della sua vita a quanti ripeteva dal suo letto, pur consapevole che la fine era vicina, «sto bene, non preoccupatevi». Don Peppino è stato il simbolo di una cristianità vera, antica, un uomo buono ma ferreo, che dal dopoguerra ad oggi si è occupato di un paese con grande devozione ed amore. Lo ha fatto fino alla fine, lo ha fatto nella povertà del suo sacerdozio. Lo ha fatto ancor di più quando ad Oliveto Citra iniziarono le apparizioni mariane. Era il 1984. Don Peppino è stato ancora più ferreo, perché il suo compito era capire e scindere la suggestione dalla verità.
Pierro prende le distanze. Alcune persone, il 24 maggio 1985, hanno sostenuto di aver assistito ad un’apparizione della Madonna vicino al cancello che dà l’accesso a un castello diroccato. “Da allora – spiega mons. Gerardo Pierro, arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno – dei sedicenti veggenti continuano a sostenere di avere apparizioni, ma già il mio predecessore, mons. Guerino Grimaldi, aveva dichiarato che non ravvisava elementi tali da poter parlare di fatti soprannaturali”. Da anni, il luogo delle presunte apparizioni è diventato meta di pellegrinaggi da altre diocesi campane e soprattutto dal napoletano, ricorda il presule, benché l’autorità ecclesiastica si sia espressa con chiarezza nel senso del rifiuto. “Purtroppo – avverte mons. Pierro – c’è chi specula su tutto ciò. Adesso, il fenomeno si sta ridimensionando. Sarebbe anche opportuno che i sacerdoti dei paesi da cui provengono i pellegrini avvertano sulla mancanza di veridicità del fatto ed invitino i fedeli, che vogliono vivere un’esperienza religiosa forte, ad andare ad altri santuari disseminati in Campania”.
I PROTESTANTI
Cronaca di una domenica mattina trascorsa con gli Evangelici della Valle del Sele, quelli di Oliveto Citra, per la precisione. Sono senza gerarchie nazionali ed internazionali. Vogliono essere come la chiesa dei cristiani dei primi secoli. Costantemente attenti alle “opere di bene” ed al “progresso” dei fratelli. Al volontariato col “Banco Alimentare” per i più bisognosi. Molto tecnologici. Il maxischermo proietta i loro racconti semplici accanto al podio. Il complesso ha ritmi di rock dolce, molto melodico, gradevole ai più. Il volto dei fedeli, più delle parole, racconta che la maggior parte di loro proviene da un’estrazione contadina. La terra, le sue stagioni, i frutti: ci fanno ancora i conti. Da pensionati, alternano esortazioni al Signore “pè sta gioventù” e mettono in scena una sorta di “Bibbia pauperum” senza immagini, che non siano loro stessi, e santi ma di straordinaria potenza evocativa. E’ quanto accade ad Oliveto, terra di apparizioni della Madonna, sulla strada “gerardina” solcata ogni anno da innumerevoli visitatori diretti a Caposele, per vedere San Gerardo. Il paese è sede di una significativa comunità Evangelica che ha oltre sessant’anni di vita. In prima fila ci sono i giovani. “Sono le cose che a loro piacciono. “Ammèn”, pronunciato così, lo dicono, quasi come un intercalare, dopo ogni espressione di fede nel “culto” domenicale nella loro chiesa al centro del paese. Tra loro si salutano con il “Pace” ed una stretta di mano. Lo fa anche l’angioletto biondo, un bimbo di non più di tre anni, che poco prima ha cantato con gli altri bambini più grandicelli della comunità. Più di uno lo fa anche col “fratello nuovo” come tra loro definiscono il cronista che per un’ora e mezza si è “infiltrato” (dopo essersi presentato al pastore) nelle loro fila ed ha ascoltato canti, testimonianze e letture bibliche. Ed ha apprezzato la bella predica del pastore Romolo Ricciardiello. Sono una “corrente” dei pentecostali che hanno scelto la modernità anche con il loro rito accompagnato da una piacevole musica rock suonata da Renzo, Gioele, Nunziante, Valerio, Nadia, Mariateresa, Giuseppina e Manuela. Le immagini del “culto” (equivalente della Messa dei cattolici) scorrono sul maxischermo rimandate da due telecamere con regia mobile, e a mo’ di karaoke anche le parole degli inni religiosi che tutti, giovani ed anziani, cantano. C’è poi il momento delle testimonianze e dei saluti. Ci sono i fratelli arrivati dalla Lombardia. C’è la ragazza che è andata insegnare al nord e racconta di aver trovato una chiesa di “confratelli”. Segue “l’unzione” dell’olio per superare una difficoltà nel corpo attraverso la preghiera di fede. Poi, “nella piena libertà “, come chiede Pasquale Gigante, ognuno esprime le sue lodi al Signore. Prevalgono gli anziani, ed ognuno parla a modo suo. Non si assiste a fenomeni di glossolalia, il parlare improvviso in altre lingue. Ma ogni tanto qualcuno entra nel discorso con un’esortazione. Questo dei Pentecostali “liberi” è un movimento che ha voglia di uscire dal guscio. Uno dei loro punti forza è a Oliveto Citra. Il pastore è Pasquale Gigante lavora all’Asl Sa/2 presso il distretto sanitario di Bagni di Contursi, che è annessa al locale ospedale. “Impossibile contarci. Ad Oliveto siamo più di duecento. Rappresentiamo l’evoluzione del mondo contadino. Perchè dalle nostre campagne partì la predicazione di Nunziante Cavalieri, che da prigioniero di guerra in Inghilterra scoprì questo nuovo modo di vivere la fede cristiana “. La storia è presto fatta. Cavalieri s’incontrò con Salvatore Garippa, un emigrato di Contursi che si era convertito negli Usa, ed insieme a Pasquale Albano, che rientrato dalla guerra trovò la moglie convertita – clandestinamente – diffusero la predicazione organizzando d’estate incontri nelle aie dei nostri contadini. Diverse volte marescialli dei carabinieri zelanti, aizzati dai parroci cattolici, li arrestarono. Ovviamente furono poi sempre rilasciati. “Da loro partì una spinta alla civilizzazione delle nostre zone rurali della quale tutti hanno tratto giovamento. Dal bagno in casa alla spinta all’istruzione”. Contadini sono stati, ma i figli hanno studiato ed ora si fanno valere.
IL PAESE
Il benvenuto lo riceviamo da “Maria Carmela”, la poetica e leggendaria fontana bronzea della piazza del “Chianiello”, con quattro teste di leone e che prese il nome da una locale donna “di facili costumi”. “Com’è oggi il paese di Oliveto? E’ tranquillo, senza droga e delinquenza, ottimamente movimentato e commerciale”, così parlò Riccardo Nigro, gestore del Beckett pub, novanta posti a sedere, pizze a volontà e poi … birre trappiste a quattro passi dal Castello Guerritore, il luogo delle apparizioni della Madonna. Va bene, ci crediamo. Oliveto è “Citra” poiché al di qua di qualcosa d’importante e di vitale, ovvero il Sele, l’antico Ceto dei greci. Giù a valle c’è “Bagni”, la zona delle Terme con gli alberghi, i ristoranti, il fitness popolare e della terza età. Il commercio che conta, eccettuato Petrillo nella vicina Contursi, invece è ad Oliveto. Qui però c’è il fenomeno del turismo religioso: “Una botta da novecentomila ad 1 milione e 300 mila visitatori l’anno”, conteggiano. Va detto che Oliveto è ben messa sulla “Via del Santo”, ovvero quel flusso di pellegrini che va a Caposele a vedere la reliquia di San Gerardo. Sia come sia, questa è la marcia in più del paese, la medicina che ha permesso di riassorbire un’industrializzazione più dominata dal “prendi i soldi e scappa ” che da un’effettiva volontà di far sviluppare l’economia locale. E, come ci racconta Raffaele Palumbo, che è insieme avvocato, musicista, scrittore, fotografo e Cavaliere di Malta, Oliveto Citra è anche il paese più caro a San Gerardo Maiella, e dove più volte il frate Redentorista fornì prova della sua Santità e dei suoi poteri miracolosi. La storia del fazzoletto di San Gerardo, beneagurante per le partorienti, è tutta “made in Oliveto”. E’ tutta laica “l’altra cattedrale”, e il paragone non sembri irriverente, funziona da quarant’anni, si chiama ai “Due Cannoni” con la processione dei buongustai per mangiare i ravioli e i fusilli al ragù, le lagane e ceci con la sugna, la fianchetta ossia pancetta ripiena d’agnello o di capretto. Oliveto è anche terra di confronto segnata dall’azione “dissenziente” una forte comunità evangelica ha creato le premesse affinché qui si formasse il più forte polo commerciale della zona. “Siamo ancora nei primi cento paesi d’Italia, al di sotto dei cinque mila abitanti, per il reddito complessivo”, racconta Giuseppe Conforti, professore di religione ed esponente dell’Udc. Spirito protestante ed etica del capitalismo, così come ci spiegò Max Weber? “Lasciate stare i santi”, aggiunge Conforti, ma il paradosso (mica tanto inventato) lo possiamo toccare con mano in altre località, come Matinella, frazione importante di Albanella. E’ un fatto storicamente accertato proprio da Raffaele Palumbo in “La Terra dell’Oliveto”, , edito nel 2002 dal Comune, 295 pagine, come lo zio prete, don Peppino, in una lettera al vescovo racconta come “riporterò alla chiesa queste anime smarrite”. Qui le diatribe religiose si sono spente presto, confinate negli anni Cinquanta quando il parroco e sindaco socialcomunista si divertivano più ad ignorarsi che a combattersi e don Peppino Palumbo dava il “passaggio” nella sua auto ad Armistizio, il pastore protestante. Il momento più “alto” della lotta fu nel 1956 ed investì la banda musicale, fondata dal nonno di Giuseppe Conforti. “…Nella festività di S. Antonio la banda musicale non accompagnò l’affollatissima processione in quanto i musicanti di fede politica comunista si rifiutarono di suonare perché i colleghi democristiani avevano fatto la stessa cosa in occasione della festa “rossa” del primo maggio”. Episodi da don Camillo e Peppone, sulle rive del Sele.
La ricostruzione del dopoterremoto. I capitoli “maledetti” sono le storie poco edificanti di Coro Tessuti, Castel Ruggiano, Bas, Futura e Monosud. “Tanti giovani ci hanno creduto. Hanno investito il loro futuro in queste aziende. Si sono poi trovati con un pugno di mosche in mano”, dice Giuseppe Conforti. “Ci ha salvato il nostro commercio e l’agricoltura”, aggiunge Raffaele Palumbo. Sono tante le storie degli imprenditori “virtuosi”. “Innanzitutto i nostri. Dai Molini Moscato con la farina, i fratelli Coglianese nella siderurgia, alla Biciclas di Sarro”. Lavorano bene la Sudgomme (indotto Fiat), l’Rdb (edilizia), la Plastica Alto Sele, l’Orsi & Pedicini (manufatti in cemento) e la Silaro Conserve. “Hanno quasi un tallone d’Achille – fa notare Palumbo – che è quello d’assemblare materie prime che vengono dall’esterno. E il differenziale del costo dei trasporti li rende molto vulnerabile. Per non parlare di cosa potrà ancora accadere con la globalizzazione galoppante”.
I giovani. Se ne vedono parecchi in giro. Sulle panchine della piazza, davanti a bar. “Sì, solo perché è domenica pomeriggio”, ribatte Conforti. Che calcola un esodo di almeno 50 ragazzi di Oliveto che ogni anno vanno a cercare fortuna altrove. “Che futuro potranno mai avere qui?”, si chiede. “Il problema c’è, ma tu sei catastrofista”, gli fa eco Raffaele Palumbo. “Emorragia da fermare”, concordano.
Il commercio. Per la verità il punto di forza continuano ad essere quei 130 esercizi commerciali che attraggono clientela da tutta l’Alta Valle del Sele e finanche dall’avellinese. Il commercio è il settore che funziona. L’olivetano è razionale e mercantilista. San Gerardo Maiella, quando nella prima settimana di settembre di quest’anno, tornerà ad Oliveto non riconoscerà il paese che visitò nel 1755, 250 anni or sono. Non c’è più quella che per tutti era la “casa di San Gerardo”, spazzata via più che dal terremoto del 1980, dalla ricostruzione che è seguita.
Oliveto Citra appartiene alla provincia di Salerno e dista 55 chilometri da Salerno capoluogo. Ha 4. 005 abitanti e ha una superficie di 31,4 chilometri quadrati per una densità abitativa di 127,55 abitanti per chilometro quadrato. Sorge a 300 metri sopra il livello del mare. Demografia: Il comune di Oliveto Citra ha fatto registrare nel censimento del 1991 una popolazione pari a 3. 948 abitanti. Nel censimento del 2001 ha fatto registrare una popolazione pari a 4. 005 abitanti, mostrando quindi nel decennio 1991 – 2001 una variazione percentuale di abitanti pari al 1,44%. Gli abitanti sono distribuiti in 1. 512 nuclei familiari con una media per nucleo familiare di 2,65 componenti. Geografia: Il territorio del comune risulta compreso tra i 98 e i 1. 075 metri sul livello del mare. L’escursione altimetrica complessiva risulta essere pari a 977 metri. Occupazione: Risultano insistere sul territorio del comune 95 attività industriali con 439 addetti pari al 27,80% della forza lavoro occupata, 114 attività di servizio con 200 addetti pari al 12,67% della forza lavoro occupata, altre 75 attività di servizio con 175 addetti pari al 11,08% della forza lavoro occupata e 25 attività amministrative con 765 addetti pari al 48,45% della forza lavoro occupata. Risultano occupati complessivamente 1. 579 individui, pari al 39,43% del numero complessivo di abitanti del comune.