Il Cilento detiene un primato molto importante in Campania.
Ma questo primato, ahimé, non è dei migliori, perché il Cilento è tra le aree più a rischio spopolamento in tutta la Campania, insieme a Irpinia e Tammaro Titerno.
Il Cilento, diviso in Alto e Basso Cilento, Cilento Centrale, Vallo di Diano e Valle del Calore e Alburni, risente molto del napolicentrismo, imperante in tutta la regione.
I centri storici dei borghi della Valle del Calore, come conchiglie sulla battigia, vengono sistematicamente abbandonati e lasciati in preda ad uno spopolamento selvaggio: è la prassi.
In estate vivono il loro momento di apparente gloria, con sagre, feste, attività di promozione del territorio e quant’altro, ma dai primi scampoli di settembre in poi, il nulla. Lo spopolamento si può addurre ad una miriade di ragioni, le più significative sono ovviamente di carattere lavorativo e socio-economico, data l’emigrazione robusta di molti autoctoni dal proprio borgo natìo.
L’abbandono è la cifra costitutiva di molti centri storici dei nostri paesi: sono rimasti soltanto i soliti anziani ad addomesticare il silenzio, nello stesso modo con cui accarezzano i gatti sulle panchine.
I centri storici sono i veri e propri martiri dei paesi: sono i primi ad essere abbandonati e gli ultimi a cui si pensa.
In alcuni borghi, qualche coraggioso giovane ha deciso di investire nel centro storico, scegliendolo come dimora e nido d’amore dopo il matrimonio, ma purtroppo sono casi isolati.
Il decremento demografico ha inciso in maniera selvaggia e massiccia sui centri storici: spesso vengono i brividi a passeggiare, di sera (non a notte fonda!) tra le pietre e le antiche case dei nostri avi..
Scrivere questo articolo proprio dopo il nuovo dpcm di Conte assume un sapore dolceamaro: che senso avrebbe investire in un territorio già martoriato da disagi vari e abbandono selvaggio, e in più, in un momento di pandemia?
La Regione, di contro, ha recentemente presentato un progetto dedicato, che dovrà essere finanziato (a quanto pare) con la programmazione 2021/2027. Se non è possibile fare molti programmi riguardanti quest’anno funesto, ne consegue che qualsiasi venga presa con le dovute cautele e precauzioni.
Tale progetto di cosa dovrebbe occuparsi? Di trasporti, sanità e scuola: temi caldi, caldissimi, che sono al centro del dibattito proprio in questo momento di pandemia.
Se la regione in questi giorni viene messa a ferro e fuoco, se Napoli ormai brucia, sarebbe saggio riscoprire la tranquillità dei piccoli centri.
Perché quando accade qualcosa di così incisivo e devastante, le direttive non vengono pensate per chi vive a Felitto, Castel San Lorenzo, Aquara, Bellosguardo o Roccadaspide o Marina di Camerota o Montano Antilia o Campora.
Paesi del Cilento più rurale e interno, come Casaletto Spartano, Rofrano o anche Torre Orsaia, nell’ultimo anno hanno perso dalle 318 alle 324 unità.
Tutto questo, se abbinato alla situazione che stiamo vivendo, è più che drammatico.
Vale la pena continuare a investire in una zona del genere, rischiare tutto?
Ci sarebbero dei pro e dei contro. In tempo di pandemia, forse si potrebbe inaugurare un’inversione di tendenza: rivalutare, guardare con occhio diverso i piccoli borghi, anche da parte dei nostri governanti, approfittando (in maniera saggia) della situazione.
Oppure, lasciare che la mancanza di ammortizzatori sociali, di lavoro e lo spopolamento diventino una bestia talmente grande da solleticare le pance di noi tutti, fino a mettere tutto a ferro e fuoco.
E le vicende di Napoli, dell’altra sera, ne sono una prova.
Certo è che, ora come mai, noi non dobbiamo e non possiamo essere lasciati soli con i nostri mostri. Ora più che mai.
Monica Acito