Nuove regole per la formazione e il reclutamento del Prof.
Percorsi chiari, ritiene il Ministro Bianchi, per chi vuole insegnare. Con le nuove norme approvate dal Consiglio dei Ministri verranno garantite innovazione e qualità al sistema. Entro il 2024 sono previste 70mila immissioni in ruolo
Entrando in una scuola di una volta si vedevano aule ordinate. Ai muri un crocifisso, due ritratti, quelli del Re d’Italia e del dittatore Benito Mussolini. Poi si vedevano affisse alle pareti le lettere dell’alfabeto e le carte geografiche. Dominava lo spazio chiuso una lavagna nera di ardesia, dotata di pallottoliere per contare. Non mancava il mappamondo, i più fortunati possedevano una stufa. Regale appariva la cattedra rialzata su una predella e in fila numerosi banchi scuri a doppio posto col calamaio incorporato. Era questa la scuola dei nostri bisnonni. Quella passata, quella che non c’è più. Il “Signor Maestro” arrivava puntuale e dava inizio alla lezione col batacchio. “Gli alunni entravano in fila silenziosamente e si sedevano nei banchi. Ognuno indossava un grembiule nero (a volte bianco per le femmine), con un colletto rigido bianco ed un fiocco blu: questo abbigliamento serviva come una divisa ed il nero della stoffa serviva per camuffare le macchie di inchiostro. L’insegnante entrava per ultimo e, dopo essere stato educatamente saluto da un corale “Buon giorno Signor Maestro!” indossava a sua volta il grembiule”. Il Maestro, il Signor Maestro, era persona rispettata sopra le parti. A lui ci si rivolgeva con riguardo e considerazione. Era la scuola di tanti anni fa. Dai primi obiettivi della scuola si è fatta tanta strada. Nelle forme primitive gli obiettivi dell’istruzione furono, e continuano a essere, di due tipi: strumentali ed espressivi. Si trattava quindi di passare dalle capacità fondamentali, culturali o economiche, richieste agli adulti di una data comunità: ad esempio il saper leggere, scrivere e far di conto, la produzione e la raccolta di cibo, la fabbricazione di armi e la tessitura, all’insegnamento di valori e norme: le nozioni di ‛giusto’ e ‛ingiusto’, i valori dell’onestà e della puntualità, le virtù del lavorare seriamente, del patriottismo, come anche il modo di comportarsi con gli altri bambini e con gli adulti. E’ ovvio che la forma specifica di questi obiettivi si è evoluta negli anni. Molti obiettivi tra quelli espressivi, vigono tuttora nell’istruzione. E’ cambiata la figura del maestro o del prof, ha perso il suo autentico valore, spesso è screditata da una scolaresca scarsamente educata e rispettosa. “Gli attacchi agli insegnanti delle scuole pubbliche, scrive Roberta Errico, da almeno una decina d’anni, sono spesso particolarmente aggressivi. I pregiudizi che li colpiscono sono noti: pigri, mediocri, attaccati al posto fisso, hanno più di tre mesi di ferie e ricevono uno stipendio di tutto rispetto se paragonato al loro “reale” impegno. Questa retorica ha generato negli anni una profonda mancanza di stima nei confronti degli insegnanti. Eppure, molti possono dire di aver avuto almeno un maestro o un professore nel corso della loro formazione che ha contribuito a cambiare la loro vita e che li ha indirizzati nella loro evoluzione umana e professionale. Nonostante gli innegabili limiti alla scuola italiana, la crescente mancanza di rispetto nei confronti del corpo docente non è però una prerogativa del nostro Paese, ma un dato di fatto trasversale a tutto il mondo occidentale contemporaneo. (….) L’opinione pubblica accusa gli educatori di colpe che spesso vanno al di là dei loro poteri e delle loro competenze e di conseguenza, non di rado, si verificano episodi di aggressioni verbali e fisiche ai danni degli insegnanti. La perdita di credito della figura dell’insegnante non è solo frutto di una narrativa distorta, ma è anche la conseguenza delle norme che regolamentano il sistema scolastico. In Italia, le numerosissime riforme che si sono succedute negli anni hanno contribuito a denigrare gli insegnanti delle scuole pubbliche in molti modi. La totale subalternità delle riforme scolastiche a una visione mercatocentrica ha trasformato la scuola da istituzione ad azienda, tale da rendere profetiche le parole pronunciate nel 1955 dal premio Nobel per l’economia Milton Friedman: “Le scuole saranno più efficienti se saranno sottoposte alle leggi del mercato capitalistico e, come tutte le aziende, entreranno in concorrenza le une con le altre per attirare i loro clienti: gli studenti”.
Il Consiglio dei Ministri ha approvato nuove norme per i futuri Proff. Si parla di formazione iniziale e continua per il reclutamento dei docenti, di percorsi certi offerti a quanti aspirano alla cattedra, si affrontano con modalità esplicita obiettivi e modalità formativa dei professori nel corso del loro iter lavorativo. Viene adottata l’idea del reclutamento costante; a tal fine, infatti, saranno indetti annualmente concorsi volti anche a garantire ai più giovani l’opportunità di entrare come docenti nella scuola. Entro il 2024 si prevede un considerevole ingresso di docenti nella istituzione scolastica del nostro Paese. Si parla di primi 70mila Proff. Non finisce qui. Varata, inoltre, la nuova Scuola di alta formazione. Questa nuova istituzione è prevista nel decreto-legge sul Pnrr. E’ destinata ai dirigenti, agli insegnanti e al personale ATA. Si tratta di una struttura finalizzata all’erogazione online dei corsi, dotata di un comitato tecnico-scientifico di elevato profilo professionale. Il Ministro Bianchi è convinto di un indiscutibile e ulteriore miglioramento.
Per quanto riguarda il reclutamento e la formazione in servizio, queste le novità. Alcune misure del PNRR riguardano il sistema di reclutamento dei docenti, che porti finalmente a coprire, con regolarità e stabilità, le cattedre disponibili con insegnanti di ruolo. Verranno quindi ridisegnate le procedure concorsuali e sarà rafforzato l’anno di formazione e prova. “Oggi facciamo un ulteriore passo avanti per dare stabilità al sistema d’Istruzione. Prevediamo un percorso chiaro e definito per l’accesso all’insegnamento e per la formazione continua dei docenti lungo tutto l’arco della loro vita lavorativa. Puntiamo sulla formazione come elemento di innovazione e di maggiore qualificazione di tutto il sistema. Prevediamo, poi, entro il 2024, 70.000 immissioni in ruolo, attraverso concorsi che saranno banditi con cadenza annuale. Gli insegnanti sono il perno dei nostri istituti e devono avere un quadro strutturato di inserimento, il giusto riconoscimento professionale e strumenti che consentano un aggiornamento costante, indispensabile per svolgere il loro compito di guida delle nuove generazioni. Al centro di questa riforma c’è un’idea precisa di una scuola aperta e inclusiva, che stiamo costruendo con le risorse del PNRR a disposizione e con il dialogo con tutti gli attori coinvolti”. In che modo concretamente si registrerà il cambiamento? In merito alla formazione iniziale e all’abilitazione, sono state fissate le modalità di formazione iniziale, la modalità di abilitazione e l’accesso all’insegnamento nella scuola secondaria. Per i nuovi aspiranti docenti sono previsti s seguenti percorsi: un percorso universitario abilitante di formazione iniziale (corrispondente ad almeno 60 crediti formativi), con prova finale; un concorso pubblico nazionale con cadenza annuale; un periodo di prova in servizio di un anno con valutazione conclusiva Il percorso di formazione abilitante, assicurano con una nota dal Ministero dell’Istruzione, si potrà svolgere dopo la laurea oppure durante il percorso formativo in aggiunta ai crediti necessari per il conseguimento del proprio titolo. È previsto un periodo di tirocinio nelle scuole. Nella prova finale è compresa una lezione simulata, per testare, oltre alla conoscenza dei contenuti disciplinari, la capacità di insegnamento. L’abilitazione consentirà l’accesso ai concorsi, che avranno cadenza annuale per la copertura delle cattedre vacanti e per velocizzare l’immissione in ruolo di chi vuole insegnare. I vincitori del concorso saranno assunti con un periodo di prova di un anno, che si concluderà con una valutazione tesa ad accertare anche le competenze didattiche acquisite dal docente. In caso di esito positivo, ci sarà l’immissione in ruolo. In attesa che il nuovo sistema vada a regime, riporta la nota ministeriale, per coloro che già insegnano da almeno 3 anni nella scuola statale è previsto l’accesso diretto al concorso. I vincitori dovranno poi conseguire 30 crediti universitari e svolgere la prova di abilitazione per poter passare di ruolo.
Durante la fase transitoria, coloro che non hanno già un percorso di tre anni di docenza alle spalle ma vogliono insegnare potranno conseguire i primi 30 crediti universitari, compreso il periodo di tirocinio, per accedere al concorso. I vincitori completeranno successivamente gli altri 30 crediti e faranno la prova di abilitazione per poter passare di ruolo. Ecco poi ulteriori novità in merito alla formazione continua e alla Scuola nazionale: “La formazione in servizio dei docenti diventa continua e strutturata in modo da favorire l’innovazione dei modelli didattici, anche alla luce dell’esperienza maturata durante l’emergenza sanitaria e in linea con gli obiettivi di sviluppo di una didattica innovativa previsti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La formazione sulle competenze digitali e sull’uso critico e responsabile degli strumenti digitali sarà parte della formazione già obbligatoria per tutti e si svolgerà nell’ambito dell’orario lavorativo. Viene poi introdotto un sistema di aggiornamento e formazione con una pianificazione su base triennale che consentirà agli insegnanti di acquisire conoscenze e competenze per progettare la didattica con strumenti e metodi innovativi. Questa formazione sarà svolta in orario diverso da quello di lavoro e potrà essere retribuita dalle scuole se comporterà un ampliamento dell’offerta formativa. I percorsi svolti saranno anche valutati con la possibilità di accedere, in caso di esito positivo, a un incentivo salariale. I percorsi di formazione continua saranno definiti dalla Scuola di alta formazione che viene istituita con la riforma e si occuperà non solo di adottare specifiche linee di indirizzo in materia, ma anche di accreditare e verificare le strutture che dovranno erogare i corsi, per garantirne la massima qualità. La Scuola, che fa parte delle riforme del Pnrr, si occuperà anche dei percorsi di formazione di dirigenti e personale Ausiliario, Tecnico e Amministrativo”.
Piace ai Dirigenti scolastici la Riforma Bianchi. Per Andis, afferma Paolino Marotta, presidente dell’associazione: “Strategica la mossa del Ministro Bianchi di inserire nel Decreto Legge sul PNRR le misure relative al reclutamento e alla formazione iniziale e in servizio degli insegnanti, al fine di rispettare la scadenza del 2022 prevista nel Piano di Ripresa e Resilienza per l’approvazione delle riforme del sistema di istruzione. Per anni l’Andis ha chiesto che la formazione iniziale dei docenti potesse contare su un più forte coinvolgimento delle Università e su un più efficace collegamento con le istituzioni scolastiche. Siamo favorevoli, pertanto, alla previsione di un percorso universitario abilitante (60 CFU/CFA) per l’accesso all’insegnamento nelle scuole secondarie. Lo avevamo anticipato al Ministro nell’ultimo incontro a cui siamo stati invitati nell’ambito del Forum delle Associazioni professionali dei docenti e dei dirigenti scolastici. Sosteniamo che l’avvio alla professione docente debba essere accompagnata anche da adeguate forme di tirocinio diretto presso le scuole, che consentano un efficace e graduale inserimento nella realtà scolastica. E’ condivisibile la proposta di un concorso pubblico con cadenza annuale per il reclutamento dei docenti. Solo in questo modo si potrà evitare l’allargamento del precariato. Ci sembra una soluzione di buon senso che i docenti che già insegnano da tre anni possano accedere direttamente al concorso e che invece i docenti con meno di tre anni di servizio debbano conseguire almeno 30 CFU, compreso il tirocinio, per poter accedere al concorso. Come pure siamo favorevoli alla previsione di un periodo di prova di un anno con valutazione finale”.
Una voce, invece, fuori dal coro dei consensi è quella di Di Meglio. Rino Di Meglio, coordinatore nazionale Gilda Insegnanti non condivide i contenuti del decreto approvato sul nuovo arruolamento dei docenti. Ovviamente non è il solo. “Buttato giù all’ultimo momento, dice, senza confronto democratico e senza approfondire i problemi. La struttura del Ministero sembra proprio alla frutta. Va bene un concorso all’anno, ma se non intervieni sui problemi che li hanno rallentati e reso complicato il percorso dei bandi hai solo scritto una guida. Dopo anni di parole e promesse i diritti dei precari storici sono semplicemente ignorati”. La Senatrice di Alternativa, Luisa Angrisani, rincara la dose. “Con il nuovo sistema di reclutamento proposto dal ministro Bianchi, si va incontro a un meccanismo che tradisce i giovani e i precari e allunga i tempi. I nuovi ingressi infatti saranno costretti a passare attraverso esami su esami, concorsi, abilitazioni, specializzazioni e tirocini universitari, contratti part-time, stipendi dimezzati per un anno, scatti stipendiali legati alla formazione affidata all’ennesimo carrozzone politico gestito da Invalsi. E’ l’ennesimo passo verso il baratro della scuola pubblica italiana e un insulto a coloro i quali da anni, ne sorreggono i pilastri, quei precari che si troveranno di fronte all’ennesimo percorso a ostacoli di una vita professionale fatta solo di vessazioni. Ma non ci stupisce: è perfettamente in linea con il modus operandi di un governo che ha fatto della vessazione continua degli italiani il suo marchio di fabbrica”. Mario Pittoni, responsabile Istruzione della Lega e membro della Commissione del Senato, interpreta le dinamiche come incomprensibili. “Il comportamento del governo, dice, è incomprensibile, siamo senza parole. Sono passati mesi senza alcun coinvolgimento, si è arrivati all’ultimo Consiglio dei ministri utile per approvare un decreto entro giugno. Ora si presenta una proposta molto poco condivisa e a poche ore dal Consiglio dei Ministri veniamo convocati. Il tutto , aggiunge, su un provvedimento come la riforma del reclutamento dei docenti fondamentale per un futuro di qualità del sistema scolastico”. Altre critiche. Quelle di Rampi. Il Senatore Roberto Rampi, capogruppo Pd in commissione Istruzione sostiene: “Mettere un punto fermo sulla modalità con cui si diventa insegnanti in questo Paese è molto importante per chi come noi crede alla cultura come chiave della democrazia e dello sviluppo. La riforma è necessaria perché collegata agli impegni presi con l’Europa; è bene quindi che sia condivisa da una larghissima maggioranza perché deve durare per decenni”.
Emilio La Greca Romano