Noi sottoscritti Sindaci dei Comuni della Campania dove ha sede legale una Banca di Credito Cooperativo:
premesso
che in Campania vi sono 12 BCC con 163 sportelli, 40.710 soci, 1.063 dipendenti, 2.906 milioni di impieghi, 4.308 milioni di raccolta diretta, 442 milioni di raccolta indiretta, 541 milioni di patrimonio e capitale proprio. Le BCC Campane e, in genere, quelle meridionali sono tutte di dimensioni medio-piccole rispetto al panorama nazionale e quindi si possono considerare più aderenti allo spirito e alla missione delle banche locali e di prossimità;
che i 163 sportelli sono insediati in larga parte anche in piccoli Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
che le BCC campane non mostrano criticità e che si evidenzia una crescita lenta ma costante in termini di impieghi, raccolta, utili d’esercizio, nuovi sportelli e nuova occupazione;
che le nostre BCC sono utilissime – da sempre – a garantire, nelle comunità dove sono presenti, l’accesso al credito alla clientela economicamente più debole: famiglie e piccolissime imprese che rappresentano la quasi totalità del tessuto economico della nostra Regione;
che le BCC sono rimaste le uniche banche che ancora hanno i loro centri decisionali in loco mentre le altre banche – Banco Napoli in testa – hanno visto trasferire al Nord i loro centri decisionali;
che il recente rapporto Svimez sul Mezzogiorno ci ha ancora una volta detto che il Sud Italia arranca e che la distanza economica dal Nord si amplia;
che la legge di riforma delle BCC, che dovrebbe andare a regime con l’inizio del 2019, porta una “mutazione genetica” delle BCC dopo 130 anni di storia gloriosa al servizio delle Comunità del nostro Paese. Una mutazione che metterà le Cooperative di Credito sotto la direzione ed i controllo di una Società per Azioni – con sede a Roma o a Trento – che in tutta evidenza cambierà il modello di sviluppo delle BCC verso un modello industriale e di logica del profitto che non riguarda la storia delle BCC;
ci permettiamo, perciò, chiedere al Parlamento che intervenga sulla legge di riforma delle BCC per:
tutelare l’attuale autonomia delle nostre BCC che non possono certo “prendere ordini” da un organismo distante geograficamente e culturalmente da noi e che – per logiche di finanza prima ancora che di cooperazione – cercherà di spingere le BCC verso la massimizzazione dei profitti, al pari delle altre banche nazionali già strutturate in forme societarie fortemente diverse dalle cooperative;
evitare che la logica della capogruppo porti necessariamente una riduzione degli sportelli – mediante gli annunciati accorpamenti – e la conseguente riduzione di personale e gli esuberi conseguenti che i sindacati hanno evidenziato. Sarebbe un danno irreparabile e gratuito;
evitare che le nostre banche locali siano “spogliate” dei loro centri decisionali locali, con grave danno per l’accesso al credito da parte delle nostre famiglie e piccoli imprenditori che dovranno soggiacere a politiche creditizie più legate al rating e alle lungaggini burocratiche. Sarebbe l’ennesimo “scippo” silente e gratuito ai danni del Mezzogiorno, dove le BCC hanno un rapporto impieghi/depositi molto più basso e salutare che altrove e dove c’è anche una buona massa di “patrimonio libero” che la riforma vuole portare in un unico calderone nazionale a tutto vantaggio di quelle BCC che hanno un indice di rischio maggiore;
sostenere le BCC che, invece, hanno finora dimostrato ampiamente di essere sane e utilissime allo sviluppo delle comunità campane dove hanno operato, e noi Sindaci siamo qui a testimoniarlo. A maggior ragione in un momento economico di ulteriore difficoltà per il Sud, come testimonia lo Svimez, per cui ridurre, proprio adesso, le opportunità di accesso al credito sarebbe un danno irreparabile e inspiegabile;
noi Sindaci facciamo, perciò, voti alla classe politica meridionale affinché voglia adoperarsi per tutelare le nostre BCC e fare in modo che la riforma delle banche locali non significhi la cancellazione delle BCC, come invece sta avvenendo.
In particolare, chiediamo che la legge di riforma del 2016 venga modificata nel senso di:
– dare totale autonomia gestionale alle BCC sane, senza necessariamente obbligarle ad entrare in un Gruppo Bancario S.p.A., peraltro scalabile da parte di fondi speculativi anche esteri, vedi già Unicredit ed altri “colossi” italiani che ormai italiani non sono più;
– tutelare il rapporto delle BCC con il territorio, come è stato sempre fatto per 130 anni, evitando di trasformare le nostre attive BCC in semplici sportelli passivi della capogruppo. A quel punto perché un cliente dovrebbe più scegliere la BCC e non l’agenzia di una grossa banca?
– continuare a finalizzare gli impieghi delle BCC esclusivamente sul territorio di competenza. Le grosse banche stanno chiudendo molti sportelli al Sud, come denuncia l’Uncem, mentre le BCC sono le uniche che ultimamente aprono ancora qualche nuovo sportello e fanno qualche assunzione;
– riconoscere alle BCC del Meridione la possibilità di “mettersi insieme” come è stato fatto per l’Alto Adige. E’ stata infatti riconosciuta a Bolzano la possibilità di fare un gruppo autonomo per riconoscergli la peculiarità linguistica ed a maggior ragione bisogna riconoscere al Meridione, ed in particolare alla Campania, un peculiarità economica, altrimenti si continua a discriminare le ragioni e le Regioni del Sud per “scipparle” delle loro possibilità di crescita e di sviluppo e poi ingiustamente accusarle di incapacità e arretratezza. Ridateci le nostre BCC: non vogliamo e non possiamo assistere inermi a questo ennesimo “scippo” ai danni di un pezzo di Meridione che funziona e che crea sviluppo!
Firmato: