Nella mia vita il nome di Nicola Lettieri, nato il 23 marzo del 1923, è stata una costante fino al momento della sua morte che è avvenuta il 3 aprile del 2004.
Scrivere di lui è come scrivere di mio padre, Giuseppe, anche lui di Rofrano, più giovane però perché nato nel 1930 ma morto nel 1987.
Le loro vite si sono intrecciate fin dal dopo guerra, quando Lettieri, dopo essersi laureato in Scienze Agrarie e poi nominato funzionario alla Cassa per il Mezzogiorno, scalò gradualmente la burocratica, allora, carriera politica nel partito della Democrazia Cristiana fino a diventare deputato della repubblica.
Mio padre, unitamente ai fratelli di Lettieri gli furono al fianco in ogni fase della sua carriera politica che raggiunse il culmine con la nomina a sottosegretario di Stato all’Interno, incarico che mantenne dal 1976 al 1979 durante la VII legislatura funestata dal rapimento e dall’assassinio di Aldo Moro alla corrente del quale Lettieri apparteneva.
Come in tutti i paesi, anche a Rofrano, non c’era spazio per il pensiero unico! E allora nel paese situato ai piedi del monte Centaurino, si formarono due fazioni una che seguiva il deputato Lettieri e l’altra che gli si contrapponevano in una lotta senza esclusione di colpi per la carica di sindaco che, per molto tempo, fu occupata dal fratello Giovanni, avvocato. Il cruccio di mio padre era che mia nonna, una donna che si faceva “notare” per la sua vivacità sosteneva a spada tratta la corrente avversa al suo amico perché molto in confidenza con l’avvocato Sofia.
Io stesso, fin da bambino, quando mi recavo a Rofrano dai miei nonni, venivo fatto oggetto di richieste di chiarimenti per spiegare questa situazione.
Per la verità, ogni volta che potevo, seguivo mio padre nelle settimanali visite che faceva all’appartamento situato in via Carmine a Salerno dove il deputato, prima, e il sottosegretario, poi, aveva posto la sua segreteria politica e dove “scendeva” una volta alla settimana per incontrare i suoi “grandi” elettori ed evadeva le richieste di aiuto di centinaia di cittadini/elettori.
Per me era un gioco di ragazzi “scorazzare” tra le stanze del grande appartamento dove sedevano i questuanti e nell’anticamera dove sedeva Carlo Apolito, il capo della segreteria politica.
L’uomo Lettieri lo ricordo posto su un “piedistallo” per me irraggiungibile in quanto difficilmente si accorgeva della presenza di un bambino! Ma anche per le persone che riuscivano ad incrociare i suoi occhi, il riscontro non doveva essere molto entusiasta perché difficilmente dava l’impressione di voler entrare in empatia con l’interlocutore.
L’aria eccitante che si respirava in quell’appartamento era, però, un grande teatro su cui salivano alla ribalta personaggi, in maggioranza uomini, che provenivano da un mondo molto vasto e portatori di modi di vedere le cose diversificato e raccontato con idiomi comprensibili sì, ma con accenti del tutto sconosciuti ad un bambino proveniente dall’alta Valle del Calore.
Entrato in seminario, interruppi le mie “discese” a Salerno che erano una buona occasione di vedere il mare e gustare l’aria di città del tutto preclusa negli anni ’60 a bambini della mia età.
Ritornai, qualche volta nella segreteria di via Carmine dopo il mio rientro a Piaggine per frequentare il primo anno dell’istituto magistrale appena istituito proprio grazie alla perorazione di Nicola Lettieri e Alfonso Tesauro.
Furono anni complicati, quelli a cavallo degli anni ’60 e ’70. Nel mondo erano scoppiate le proteste sessantottine e noi relegati nel nuovo edificio scolastico ai piedi del monte Motola ci arrampicavamo sugli specchi per capirne qualcosa: non mancammo di mettere in atto qualche protesta con cortei per le strade del paese.
Finita la scuola superiore andai a Napoli a studiare e poi a Varese. Ero lontano quando Lettieri salì al Viminale come sottosegretario ed ebbe la delega per la Polizia.
Il suo ruolo si svolse senza scossoni ma pur sempre in un ruolo estremamente delicato in quanto in pieno periodo in cui le Brigate Rosse ed altri gruppi armati attentavano alla sicurezza dello Stato che volevano travolgere.
Quando fu rapito Aldo Moro, Lettieri, al pari di Zaccagnini, visse una vera e propria crisi umana in quanto, da un lato sentiva forte l’attaccamento al suo amico di una vita, dall’altro aveva giurato fedeltà allo Stato che era sotto attacco che doveva difendere con ogni mezzo legittimo.
Il periodo della prigionia di Moro lo visse con forte senso del dovere ma con l’animo straziato. Purtroppo fu proprio lui ad accorrere per primo sul luogo del ritrovamento della Renault rossa con dentro il cadavere dell’amico rapito e poi giustiziato alla fine di un processo farsa.
Intanto ad ottobre del 1978 decisi di sposarmi con Ginetta e mio padre mi chiese di chiamare Nicola Lettieri a testimone delle nozze. I suoi impegni di governo gli impedirono di essere a Roccadaspide in tempo per la cerimonia e al suo posto, insieme alla moglie, si accomodò il suo giovane figlio. Lui arrivò, ci fece gli auguri, e ripartì per inseguire i suoi impegni istituzionali.
Lettieri dovette anche subire un’altra umiliante accusa: di aver “raccomandato” un familiare di Raffaele Cutolo per fargli ottenere un permesso a visitare il noto camorrista in carcere.
Che io sappia l’accusa cadde senza conseguenze immediate, ma non furono pochi a credere che questo fatto gli costò l’ennesima rielezione al Parlamento.
Non ebbi mai modo di incontrare Lettieri dopo questi avvenimenti, né mio padre mi aggiornava di cosa accadeva nell’appartamento di via Carmine che lui continuava a frequentare abitualmente anche dopo la “caduta”.
Vivendo a Varese ebbi modo di incontrare diverse persone impegnate in politica e con tutti facevo il nome di Lettieri quando mi si chiedeva degli uomini politici campani e salernitani: Carmelo Conte, Vincenzo Scarlato …
Era un modo per tentare di uscire dall’angolo in cui chi, come me, proveniva dal Sud, voleva smarcarsi da un mondo dominato dalla politica “parolaia” che, in apparenza, produceva solo nepotismo.
Con il senno del poi, sono in tanti oggi a riconoscere che in quel tempo difficile era facile incontrare uno spessore culturale e una capacità di elaborazione di progetti che, ancora oggi, sembrano dare un segno che quelle vite spese in politica non furono spese invano.
Ovviamente, Lettieri, oltre all’esperienza governativa, ha svolto anche una poderosa attività legislativa come deputato basata su anni di studio e pratica politica.
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