Altre stazioni del sud, gli amici d’infanzia, Tituccio il marinaio, il mare avverso, le balene, il lido delle sirene, la bicicletta di mio padre, zio Mario, il dancing, il vino amaro delle cadute, i naufragi di chi perde con l’onore della armi, l’archeologia, in allegria e con rancore. Per meglio dire i temi della mia pittura in un disordinato ordine di appunti e di episodi che hanno segnato per sempre la mia vita di pittore. Chi non ha mai attraversato, nel circo della nostra esistenza, la tenerezza di uno sguardo che ti commuove, uno squalo, una fata e una strega con la mela avvelenata, sciacalli in cravatta e lo stupore per un arcobaleno improvviso? Nulla è gratis nella vita, la stima e l’amicizia guadagnate con sudore nel campo di fatica. E poi, da giovane-vecchio illusionista di varietà in cerca di fortuna, nuovi incontri in poesia, in arte e altri sodalizi eterni e veloci e altre esperienze che mi hanno offerto improvvise opportunità di ricerca, di gioia e di inquietudini. Ora il mio lavoro, tuttora in svolgimento, vorrebbe approdare qui per sempre, accolto in uno spazio pubblico insieme ad altri artisti, codici, mappe, materiali e documenti del territorio per la costruzione del dorico di domani.
Strano destino per me, marinaio di terra. Più che il mare amavo il dancing (oggi dicesi discoteca) nei presso del lido e le sue luci ricche di promesse, le balere e il colore delle barche. Più che il mare adoravo Conrad come lo descriveva, tifavo per le balene e contro chi industrialmente intendeva distruggerle. Più che il mare amavo le lucciole di maggio che illuminavano il percorso dei miei difficili ritorni notturni. Più mi allontanavo, nel corso degli anni all’idea di vacanze di mare con gli accessori annessi (abbronzanti, ombrelloni, catrame, parcheggi) e più la gente mi identificava, erroneamente, per lupo di mare. Forse per il mio inconsapevole abbigliamento di cuore, forse perché navigo controcorrente o per i colori che uso quando dipingo. Amo il mare d’inverno, le spiagge deserte, frequentate dai cani randagi, disperati e abbandonati che, come fantasmi, abbaiano alle onde. Vincenzo Cardarelli e i gabbiani, il mare di Salgari, gli scempi della costa, le case abusive sono stati i temi della mia adolescenza, la mie prime tempeste di vento e di sabbia. In realtà non sono un marinaio ma soltanto un naufrago di terra sopravvissuto per caso ai casini della mia vita di pittore senza paracadute e rete di protezione. Ho attraversato la mia vita senza sapere quale fosse la giusta direzione ma ovunque, nel mondo, ho soggiornato, non ho mai ucciso né rubato e ho incontrato più amici che nemici. Ora ho capito chi sono. Un pittore di Paestum tra il mare, la stazione e la collina, in cerca di pace e di solitudine, di amici che non ti pugnalano alle spalle e di nuove avventure nei boschi con bestie feroci addomesticate, di fiumi non taroccati e di acqua di mare che cura le mie ferite.
Mi ricordo di albe luminose tra le onde del mare inquieto quando Tituccio, marinaio per vocazione, mi portava con la sua barca a tirare le reti al largo del Lido delle Sirene. Non bestemmiava se la pesca era scarsa, era serio, nel suo lavoro, assistevo muto e attento alle sue mosse. Lo aiutavo a spingere la barca tra il bagnasciuga e la sabbia nei binari di legno. In ceste e nei primi secchi di plastica ordinava i pesci ancora saltellanti e a riva già qualcuno acquistava la merce. Costituiva per me un privilegio assistere alle sue incombenze e al suo umile commercio, accettava la mia presenza perché ero discreto, non gli ponevo mai domande. Comunicavamo con poche parole, dal suo sguardo capivo come mi dovevo comportare. Potevo accedere liberamente al suo ombrellone, alla sua cabina, la sera, con la seicento, mi portava in giro, spesso ad Agropoli e talvolta, con gli altri, mi vantavo di essere suo amico. Lui ascoltava sornione e mi lasciava dire divertito, annuendo con il capo. Talvolta lo rivedo ad Agropoli, al porto, ma non è più come prima la nostra amicizia è ora segnata dal tempo, dai differenti percorsi della vita eppure è uguale la gioia nel (ri)vivere i nostri ricordi. E ascoltare le memorie di un marinaio/istrione e un po’ attore ancora attaccato al mare e alla sua barca e alla città di Agropoli che ora è diversa, non è più il paese di pescatori di una volta.