di Giuseppe Liuccio Cilento: razionalità e fantasia, cervello e cuore, realtà e mito! Ci sono luoghi della mia terra che hanno popolato l’immaginario collettivo di intere generazioni ed hanno scatenato il demone folle dell’ispirazione ad artisti di tutte le epoche. Sono quegli stessi che battono forte alle porte del cuore e della mente ed accendono malinconie di nostalgia a chi ne è lontano. Me li figuro più belli che mai in questi giorni di primavera nella gloria del sole e nello scialo della fioritura di una natura generosa: Licosa e Palinuro, Paestum e Velia,Camerota ed il Bussento,Agropoli con il borgo antico, carico di storia, dirupante sul mare. Il Sele ammara lento a larga foce miscelando nel mare greco storia e storie raccolte alle radici degli Alburni,cantati da Virgilio,dopo aver lambito nella parte finale del corso, l’Heraion di Gromola, dove venne pellegrino Giasone, carico di gloria e di ricchezza per la conquista del “vello d’oro“, ma anche preoccupato nella mente e nel cuore dall’incubo della vendetta di Medea, di cui aveva profanato l’onore e violentato affetti familiari e valori di patria. Lì, lungo il fiume, il Museo Narrante ne esalta ancora mito e storia a chi abbia occhi ed orecchi adusi a fruire, con intelligente emotività, il passato. Il promontorio di Licosal rovescia nel mare festoni di pini d’Aletto a corona ed ornamento del monumento sepolcrale della ninfa sirena, scoglio levigato dal pianto del mare a testimonianza di un suicidio per un mito infranto: Ulisse si sottrae con astuzia al rito della seduzione, dolce e fatale insieme. La sirena, ferita a morte nell’amore e nell’orgoglio, si lascia precipitare nell’abisso dei flutti. Gli uomini vi accendono un faro a guida e protezione di naviganti incauti e, inconsapevolmente, forse, a memoria di una dolente e tragica storia di amore e morte..Le coppie di innamorati vi sospirano tenere effusioni d’amore nel docile dondolio delle barche inargentate dalla luna nuova. Al largo di Palinuro il remo di una barca a pesca solitaria batte sull’onda placida. E’ un mare tranquillo come quello che ingannò il mitico nocchiero di Enea precipitato nei fondali per incauto sonno. E quel tozzo braccio di terra rischiarato ad intermittenza dai fasci di luce del faro ne testimonia la disavventura eternata in un cumulo di pietre, cenotafio conteso, sulla collina degli ulivi, tra Centola e Pisciotta. Ma la mitologia popolare narra di un’altra storia: Palinuro, semidio bello e tenero, è follemente innamorato di una ninfa bellissima, di nome Camerota, che, cuore di pietra, ne respinge la corte. Disperato per i continui rifiuti, l’eroe si suicida lanciandosi dalla rupe, secondo alcuni, o dalla poppa della nave, secondo altri, all’inseguimento della ninfa.. .Venere punisce Camerota perché insensibile in alle emozionni d’amore, e la trasforma in roccia. Nelle notti di plenilunio Palinuro dilava con il suo pianto d’amore la ninfa di pietra ed il risucchio della marea è eco di piacere del congiungimento degli amanti, per l’eternità. Quello scoglio di mare, bianco e traslucido sotto l’argento della luna, nelle notti di plenilunio, è meta di innamorati, i cui corpi si cercano e si fondono in sacro furore d’amore, con il sottofondo della musica del mare e con l’onda spumeggiante che ricama delicati fiori d’arancio ai margine di un letto di pietra.:Più giù il Bussento si inabissa nelle grotte e riecheggia la storia del potente Alarico, che vi cercò sepoltura con cavallo e tesoro. Si tratta di una leggenda, non priva di fascino e di mistero, anche se gli storici rigorosi non la condividono. Paestum nell’imponente maestosità dei suoi templi, parla del genio degli architetti che trasferirono il fascino dell’arte dorica nella nostra,terra e ne delimitarono i confini con santuari protettivi sulle rive del Sele e del Solofrone. E la città fu teatro di fiorenti botteghe artigiane, dove si palesò il miracolo dell’estro, dell’inventiva e dell’arte della manualità di Asteas e di altri maestri della sua scuola. Ed i reperti archeologici ne perpetuano la meraviglia con metope, anfore ed utensili gelosamente custoditi nelle bacheche del Museo. E Velia celebra la fama di urbanisti consapevoli e lungimiranti, la cui bravura è testimoniata, tra l’altro, da quel miracolo di arditezza, impensabili nell VI secolo a.C, che è la Porta Rosa. Ed agorà e terme ci parlano di alta scuola di Pensiero; e sul filo del sofisma sottile troneggia Parmenide, scontroso ed orgoglioso;Zenone, bello come un dio, inventore della dialettica, Ippocrate , medico sapiente .Agropoli, luminosa di sole, dirupante sul mare, sigilla in chiesa, castello e case del Borgo Antico la sua storia prestigiosa. E spalanca questo suo terrazzo, a carezza pungente di jodio e sale, sull’anfitetrao dei mito e della storia, a strategico dominio dell’una e dell’altra costa, l’amalfitana e la cilentana, di cui registra e reitera le impareggiabili bellezze e ,lp scrigno dei tesori. Ce n’è di materia per convincersi che il mio Cilento fu ritenuto una sorta di Eden dei desideri già molti secoli prima di Cristo, se un poeta come Omero vi poneva il regno della seduzione e, successivamente, un genio come Virgilio vi collocava una delle più belle e dolenti storie del suo poema maggiore e se i Greci vi approdarono con entusiasmo come ad un’agognata terra promessa e vi impiantarono città pulsanti di vita e di attività; e vi fecero fiorire scuole di pensiero e vi innalzarono monumenti che sfidano i secoli
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