Pubblichiamo su questo numero un articolo che Giuseppe Liuccio, intellettuale di valore che nel seminario di Vallo fece passi decisivi verso una vita illuminata che ha fatto onore alla sua terra natia.
Il centro di vita e di propulsione è il palazzo dell’episcopio, con annesso seminario, a Vallo della Lucania. Lì sono puntati gli occhi, sempre, e i cuori, spesso, dei cittadini della mia terra. Per loro la diocesi costituisce un punto di riferimento ineludibile, forse l’unico ancora credibile in un territorio, che è “una regione irretita in una provincia” e dove lo “Stato con tutte le sue istituzioni periferiche” è assente o manifesta, la sua presenza solo con faccia truce della forza repressiva o quella mal digerita dell’esattore delle imposte. Il Seminario è stato per molti ragazzi cilentani luogo di formazione, palestra di vita e di cultura. Ci sono passato anch’io ed ho memoria carica di affetto e stima per docenti preparati e rigorosi. Qualcuno aveva preparazione, capacità e carisma per diventare vescovo, ma fu penalizzato, forse, da un pizzico di albagia intellettuale che scompaginò i disegni dello Spirito Santo. I confratelli malevoli, che pure non mancano nella casta sacerdotale, ci misero del loro con una spruzzata di gelosia e di invidia. E don Rocco De Leo restò, fino alla fine dei suoi giorni, “vescovo in pectore”. Eccellenza Reverendissima, lungi da me l’idea di stilare un vademecum della sua attività pastorale. Non mi compete e, oltretutto, non ne sarei capace. Ma da “laico”, modesto intellettuale, che ama la sua terra, qualche richiesta mi sento di poter e dover fare. Lei amministrerà una diocesi gemmata da quella “storica” di Capaccio, una delle prime del territorio meridionale e, dove si sono susseguiti, nel corso dei secoli, vescovi colti, quasi sempre, e santi, qualche volta. Cattedrali, collegiate e chiese di paesi e campagne sono grandi contenitori d’arte e di cultura. Opportunamente e lodevolmente i suoi più recenti predecessori ne hanno recuperato l’enorme patrimonio e, per strapparlo al degrado e all’incuria, lo hanno collocato in un decoroso “Museo Diocesano”, anche per stroncare sul nascere il fenomeno della “simonia”, da cui qualche parroco incolto e disinvolto era tentato. Conservi ed esalti, Eccellenza, questo scrigno di tesori anche per consentirne la fruizione nel settore del turismo, che è l’attività futura del territorio e che va sviluppato, a mio modesto parere, nella direzione della cultura più che su quella della rapina della speculazione edilizia, che, spesso, ne sfregia la bellezza. E, a tal proposito, sappia che sul territorio spadroneggia una classe politica inadeguata, spesso incolta e vorace, vocata per formazione al clientelismo e al familismo, e che, quasi sempre, pensa di mettersi in pace con la coscienza con l’esibizione in prima fila nei pontificali solenni o nelle processioni dei Santi Protettori. Ne stia alla larga e, quando può, scacci i “mercanti dal tempio”. Dal suo curriculum apprendo che ha esercitato il suo apostolato nelle parrocchie di periferia di Napoli e quindi si è formato in trincea a contatto con i bisogni e le esigenze degli umili ma anche a contatto con la politica della clientela contagiata dalla malavita. Questa sua formazione è una garanzia, così come lo è la sua formazione culturale e teologica e l’esercizio e l’esperienza nel delicato settore dell’Amministrazione dell’Arcidiocesi napoletana. Faccia tesoro di questa sua prismatica esperienza/preparazione anche nell’amministrazione della nuova diocesi. E che Dio l’assista, così come La guidi lo sguardo materno di Maria, che nel mio Cilento è venerata in ben sette santuari, che testimoniano, da un lato, l’eredità della ritualità delle dee pagane nella trasmigrazione in quella cristiana, e, dall’altro, la devozione di pescatori, contadini e pastori nei pellegrinaggi litanianti a scalata di chiese luminose di montagna, a cominciare da quella del Gelbison che lega aspirazioni, desideri e speranze ad un filo di croce a penetrazione di cielo.
SCHEDA
Nato a Napoli il 31 gennaio 1958, Ciro Miniero ha completato gli studi di filosofia e teologia nel 1982 venendo consacrato sacerdote dal cardinale Corrado Ursi. È stato vicario parrocchiale e poi parroco di Barra ed ha affiancato la sua attività di prete a quella di insegnante di religione presso le scuole medie e liceo. Nel 1994, è stato nominato decano dell’arcidiocesi di Napoli, incarico che ha mantenuto fino al 1997 quando è divenuto vicario episcopale. Dopo aver ricoperto altri vari incarichi, è stato nominato il 7 maggio 2011 vescovo di Vallo della Lucania, incarico ricoperto ufficialmente dal 4 settembre del 2011 succedendo a Giuseppe Rocco Favale, dimissionario per raggiunti limiti di età.