Tornare a Vallo della Lucania è sempre un piacere perché mi riporta ai tempi della fanciullezza in cui da seminarista ambivo a far maturare la mia “vocazione” al sacerdozio germogliata facendo il chierichetto nella chiesa di San Nicola a Piaggine al fianco dell’allora parroco Giuseppe Loffredo.
Dopotutto si può dire di no a don Luigi Rossi quando convoca … ed eccomi seduto per ascoltare i relatori chiamati a presentare il libro scritto da Manlio Morra: “Enrico Nicodemo Arcivescono di Bari”. Libro già recensito su Unico (https://www.unicosettimanale.it/news/cultura/885867/mons-enrico-nicodemo-giovane-sacerdote-a-vallo-della-lucania)
Nella sala del consiglio del comune, non riscaldata, incontro amici di vecchia data, Nicola Ragni, con suo figlio Antonio, Walter Liguori e Michele Santangelo. Insieme a loro un pubblico composito e attento anche se non così numeroso da riempire la sala.
A fare da padrone di casa è il vescovo di Vallo, Mons. Ciro Miniero, che per l’occasione ha invitato il vescovo di Teggiano, Mons. Antonio De Luca, e l’arcivescovo di Bari successore di Nicodemo, Mons. Francesco Cacucci.
Il sindaco di Vallo è rappresentato da Giusy Rinaldi delegata dal Sindaco Toni Aloia a fare gli onori di casa.
È Mons. Miniero a dare la parola a don Luigi rossi che da storico affondaa piene mani nella storia contemporanea ai tempi in cui il giovane sacerdote Nicodemo muove i primi passi nella diocesi di Capaccio –Vallo – Policastro, allora unite. Descrive la condizione socio economica, delinea il contesto storico degli ultimi due secoli e analizza la condizione e il modo di agire del clero in un mondo del tutto analfabeta e sottomesso ad una visione della religione folcloristica: solo i sacerdoti sono i depositari di cultura e sono loro a tenere viva la bandiera del sapere.
L’autore del libro ripercorre le tappe della vita di don Nicodemo a Vallo della Lucania, sia come giovanissimo teologo sia come sacerdote che si carica sulle spalle il compito di “parlare” ai suoi colleghi sacerdoti che hanno la testa rivolta al un mondo che si confronta con rivoluzioni economiche, politiche e sociali epocali.
Nicodemo, insegna, comunica, incontra, esorta e gestisce la vita della diocesi da vicario di Mons. Cammarota.
Il giovane teologo intuisce che è arrivato il momento di passare all’azione e, dopo il superamento della crisi tra il regime fascista e la chiesa sulla questione dell’Azione Cattolica (il regime vedeva l’AC come contraltare della gioventù littoriana), si lancia nell’opera organizzativa proprio dell’associazione.
Mons. Nicodemo si concentra esclusivamente sull’agire da cattolici nella realtà diocesana e non risulta che abbia mai aperto contenziosi con i gerarchi fascisti locali, certamente si attiva per far capire ai sacerdoti che vivono da pastori nelle loro parrocchie che c’è necessità di andare oltre la ritualità dell’azione pastorale e guardare al sociale.
Mons. Antonio De Luca ricorda il paese che da i natali a Enrico Nicodemo che “è Tortorella, un piccolo paese della diocesi di Teggiano Policastro. Nel palazzo dove nasce ci sono ancora tracce di lui e della sua vita giovanile. Poi entra in seminario e rapidamente si afferma come studioso tento che i giovanissima età diventa teologo diocesano e insegna al ginnasio e al liceo”.
Subito dopo la guerra, Mons. Nicodemo è nominato vescovo di Mileto da papa Pio II; si tratta di una diocesi di oltre 300.000 abitanti dove mette a frutto la sua esperienza fatta come vicario diocesano a Vallo.
Tocca a Mons. Francesco Cacucci relazionare sull’esperienza pastorale del suo predecessore sul seggio arcivescovile di Bari tessendo le lodi di un sacerdote che “ha le idee chiare su come calare su vasta scala le esperienze fatte a Vallo della Lucania e a Mileto. Nel 1953 è nominato sempre da Pio XII vescovo di Bari. Non nasconde le sue idee anticomuniste che ricalcano quelle del papa e del cardinale Siri con cui avrà rapporti continui fino al Concilio Vaticano II. Fa carriera nella gerarchia fino a diventare vicepresidente della CEI (Conferenza Episcopale Italiana).
Il Concilio è un momento di svolta per la vita dell’arcivescovo. È durante il grande raduno conciliare che abbraccia le indicazioni ecumeniche che indicano la strada dell’apertura verso gli altri cristiani anche mettendosi in rotta di collisione con il cardinale Siri, potente presidente della CEI.
Apre alla chiesa orientale, viaggia in Grecia e nei Balcani, assegna un altare nella cripta di San Nicola per la celebrazione della messa secondo il rito ortodosso …
Insomma, dimostra che chi ha solide basi teologiche e forti convinzioni può modificare il suo agire facendo tesoro delle indicazioni dalla grande assemblea conciliare voluta da Giovanni XXIII”.
La Chiesa di oggi, quella di Francesco, che guarda più ai poveri ed ai disperati e meno al potere costituito dentro e fuori di essa, è figlia di quella stagione in cui Enrico Nicodemo da bambino di Tortorella, giovane teologo a Vallo, vescovo a Mileto e arcivescovo a Bari ha saputo e voluto essere protagonista della chiesa militante che mette le mani in “pasta” per sfornare un “pane” che fa crescere un mondo migliore.
Il giovane seminarista che negli anni del Concilio entrò in seminario a Vallo della Lucania non si rese conto che in quegli anni la storia della Chiesa passava sopra la sua testa ma, con il senno del poi, è certo che anche dentro di lui giunse qualche raggio ad illuminare il suo modo di essere al mondo.