Palazzo Chigi lavora per presentare un documento sulla flessibilità in uscita entro maggio. Sono state individuate tre platee di lavoratori che potrebbero essere interessati dalle novità. La prima è quelle delle persone che hanno una preferenza ad andare in pensione prima, ad esempio la nonna dipendente pubblica che vuole accudire i nipotini. La seconda è quella di chi ha necessità di andare in pensione anticipatamente, in quanto ha perso il lavoro e non ha ancora i requisiti d’uscita. La terza categoria sono i lavoratori che l’azienda vuole mandare in pensione prima per ristrutturare l’organico aziendale. Secondo Nannicini si potrebbe provare a creare un mercato di anticipi pensionistici, che oggi non c’è, coinvolgendo governo, Inps, banche, assicurazioni. Di tutte e tre le ipotesi la seconda, quella che prevede un intervento selettivo sulle categorie più a rischio, come disoccupati e lavori usuranti appare quella più probabile. Capitolo a parte per il discorso sulle penalizzazioni. Il primo caso, quello dell’intervento generalizzato, chiederebbe ai lavoratori una riduzione dell’assegno pari almeno al 3% per ogni anno di anticipo anche se non è da escludersi un ricalcolo interamente con il sistema contributivo dell’assegno, un po’ come accade attualmente per le lavoratrici che esercitano l’opzione donna. Per i lavoratori disoccupati la penalità invece sarebbe minore o forse del tutto assente, in modo da non colpire il reddito pensionistico di soggetti con redditi particolarmente bassi. Nel terzo caso, quello dei prepensionamenti, saranno le aziende a coprire una parte dei costi dell’anticipo, con un’assicurazione a garanzia del rischio morte pagato dallo Stato. Si vedrà.
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